Christoph Gerling – Kopf-testa

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA DEL CARBONE
Via Del Carbone 18a, Ferrara, Italia
Date
Dal al

dal lunedì al venerdì 17.00-20.00; sabato e festivi 17.00-20.00 - martedì chiuso

Vernissage
03/09/2011
Patrocini

della Fondazione Cassa di Risparmio

Artisti
Christoph Gerling
Curatori
Lucia Boni
Generi
arte contemporanea, personale
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Teste e volti non sono nelle cose che osserviamo, sono la concretizzazione nel nostro sguardo di un pensiero, prepotente e presuntuoso, contenuto nella nostra “kopf”.

Comunicato stampa

KOPF • testa

Kopf è la testa, ma anche il capo, il conduttore che, direttivo esercita comandi per un corpo che esegue. Non ci può essere testa funzionante, senza la parte restante della macchina umana, ed è utile se “ben appoggiata sul collo”
Kopf, testa, può aver senso di testata, ed anche in questa accezione non è un tutto, ma soltanto la parte iniziale di qualcosa che ne è continuazione.
Kopf evoca la forma del “canòpo”, vaso che contiene i resti conservabili del defunto e che, nella forma del coperchio e nelle anse, ne descrive i tratti fisionomici e le braccia. Anche qui la forma del capo non esaurisce la funzione, che non avrebbe senso senza uno spazio recipiente.

Per Christoph Gerling creare una testa non è disegnare un ritratto, ma definire il luogo di origine dei pensieri.
L’esecuzione dell’oggetto/soggetto “kopf” può essere risolta con qualsiasi materiale, non rappresenta la situazione momentanea e contingente di un’espressione del volto, ma l’essenza, l’archetipo, che ha valore assoluto.
Allora la testa è terra e fuoco della ceramica, allora è pelle di smalto pennellata di cromie derivate dai metalli di provenienza antica. Le semplici forme di uso quotidiano: piatte e levigate della piastrella da rivestimento, appena concave della stoviglia o fortemente scavate e misteriose del vasellame e delle suppellettili casalinghe, tutte sono forme che alludono all’uomo, al capo, alla testa.
Occhi, naso, bocca, orecchie sono i tratti che, nell’ossessione antropomorfica, l’uomo ritrova in qualsiasi immagine indefinita od ambigua, dove insistentemente egli vuol leggere le proprie sembianze, il proprio simulacro, la propria impronta.

Allora ben venga l’iterazione voluta, che non indaga nei tratti, ma li giustappone alle superfici, come fa l’occhio ogni volta che guarda il sole o la luna.
Teste e volti non sono nelle cose che osserviamo, sono la concretizzazione nel nostro sguardo di un pensiero, prepotente e presuntuoso, contenuto nella nostra “kopf”.

Agosto 2011
Lucia Boni