Enrico Bafico – Per andare dove dobbiamo andare

Informazioni Evento

Luogo
#FIENILARTE
Via Garibaldi 10, Pietrasanta , Italia
Date
Dal al
Vernissage
15/04/2016
Artisti
Enrico Bafico
Generi
arte contemporanea, personale
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#FienilArte Social Art Gallery inaugura la stagione con la mostra “Per andare dove dobbiamo andare” di Enrico Bafico.

Comunicato stampa

La mostra sarà esposta da #FienilArte in Via Garibaldi 10 a Pietrasanta, dal 15 aprile al 12 giugno.
Il titolo della mostra porta i ricordi della mente ad uno dei successi di Toto'.
Il noto attore simbolo della comicità italiana del secolo scorso, spaesato nella metropoli di Milano, mai vista prima di allora, chiede informazioni ad un vigile: 'Per andare dove dobbiamo andare....dove dobbiamo andare?'

Anche questa volta Enrico Bafico usa l'ironia, che ha caratterizzato la sua vita e il suo percorso nel mondo del surrealismo.
Il surrealismo di Bafico non è quello onirico di Magritte, ma il surrealismo che si nasconde nella realtà del quotidiano.
Nei ritratti di noti personaggi genovesi, nel ritratto dei suoi oggetti più cari, nei paesaggi ora surreali ora metafisici, Bafico non ha mai perso l'intenzione di ironizzare.
I soggetti da lui ritratti sono eleganti, indossano guanti gialli, abiti gessati e soprabiti di tessuti pregiati, appoggiati quasi sempre su tavole da biliardo..
Il biliardo è un tema che ricorre nei quadri di Bafico e proprio vicino ad esso ritrae anche 'L'ultimo dei miei cani', l'amico di sempre del genere umano.
Le navi infinite attraversano il mare e portano alla donna la speranza dell'amore duraturo. Quel mare è' quasi sempre il porto della sua città, Genova.
La kellerina, attende speranzosa il marinaio, che arriverà con la nave infinita, e lascia a lui la possibilità di ripartire...consegnandogli una piccola nave...ahimè giocattolo ...
Il gesto estremo d'amore della donna, concede libertà all'uomo, pur con la speranza che lui rimanga..
Così Enrico Bafico si presentò alla Biennale di Venezia del 2011.

Il tema di questa mostra è 'il sapere'...
I buchi conici attraversano le pagine dei libri e simboleggiano per l'artista i cardini della cultura da attraversare necessariamente, proprio 'per andare dove dobbiamo andare'
I testi bucati sono l'Argan, il capitale di Marx, il catalogo della Biennale di Venezia a cui lui partecipo' e le due avanguardie di Maurizio Calvesi.
Freud ed Einstein simboleggiano due aspetti del sapere...in cui le teorie della psicanalisi e la partecipazione alla 'vicenda umana' si abbracciano e vanno 'dove devono andare' in noi.., attraversando i simboli della nostra cultura del secolo passato.
Cosa ne faremo di questi messaggi fondamentali?
Enrico Bafico supera col sorriso e con l'ironia i pilastri del sapere e sorprende con una mostra, che diventa il simbolo di un lungo percorso artistico e che guarda verso il futuro...
Come lui stesso sostiene 'il conservatore tiene i piedi per terra, l’innovatore modifica la scarpa’.

Metaforicamente i libri bucati stanno a significare l’importanza di attraversare il sapere.
Il primo libro bucato, di proprietà del mentorship di FienilArte Augusto Palermo, è un catalogo molto importante dell’arte moderna, il G.C. Argan Storia dell’arte italiana Sansoni.

A proposito di #FienilArte
FienilArte, nata nel 2011 dalla passione per l’arte del chirurgo ortopedico Augusto Palermo, ha sede a Pietrasanta ed ha introdotto per prima in Italia il nuovo concetto della Social Art Gallery. La sua mission è ambiziosa: riportare l’artista al centro della galleria, raccontare la sua vita, il suo lavoro, i suoi luoghi dell’anima, il suo pensiero. La galleria si occupa non solo della mera vendita, ma anche dell’elaborazione delle biografie degli artisti, tramite piccoli saggi e documentari video.

Prossime mostre in programma:

16 giugno - 15 luglio 2016, Paola Crema, “Antico Assoluto”

16 luglio - 23 agosto 2016, Roberto Fallani, “Futuro Assoluto”

24 agosto - 25 settembre 2016, Giovanni Ricci Novara, “Il tempo, grande scultore".

ENRICO BAFICO
biografia

Nasce da famiglia genovese nel tragico settembre del 1943 a Borgo San Dalmazzo. Conseguita la maturità classica, negli anni ’60 si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza sollecitato dal genitore avvocato ma abbandona i corsi per seguire le lezioni di Arte presso l’Accademia Ligustica di Genova sotto la direzione di Guido Zanoletti e Rocco Borella. Contemporaneamente approfondisce anche gli studi di filosofia per laurearsi alla facoltà di Genova presentando una tesi in Estetica. La formazione classica e gli argomenti da lui trattati saranno fondamentali per la sua produzione artistica. Nel 1968 scopre la passione per il futurismo.
Nel 1971 si reca a Carrara, città in cui apprende i rudimenti della tecnica della scultura in marmo. Nel 1975 partecipa alla Quadriennale di Roma con l’opera concettuale: “Crittogramma simultaneo”. Compie poi un’altra incursione, facendo eseguire un buco conico, da parte a parte, su quattro volumi impilati della storia dell’arte di G. C. Argan dal titolo “Per andare dove dobbiamo andare”, frase ripresa dal noto film “Totò Peppino e la Malafemmina”. L’opera è stata realizzata con il contributo dell’Officina Navale Zamponi di Genova, utilizzando un potente alesatore.
Si guadagna da vivere nelle arti applicate alla pubblicità e nel 1984 realizza per la “Società del Grés” di Bergamo “La città in Grès”, un plastico a pianta di poligono irregolare dal diametro di circa tre metri, sul quale costruisce una città ideale dell’Italia medioevale dei Comuni. A tal fine sono impiegati, nei vari colori, tutti i materiali prodotti dall’azienda, con la possibilità di smontarli e riassemblarli ad uso dei vari stand fieristici del settore. La realizzazione è stata esposta per la prima volta alla fiera del “Riabitat” di Genova. Di quegli anni rimangono il bronzo “Profiteroles”, “La maschera trifacciale dell’uomo che ride” e il "Soffio". Dal 1985 in poi si dedica quasi esclusivamente alla pittura a olio, in continua esplorazione dello spazio metafisico.
I soggetti del suo immaginario sono pervasi da enormi cachi, signori al biliardo, rigorosamente attrezzati di guanti gialli, più spettatori che competitori, kellerine in divisa con grembiule e crestina, gnomi, cani, visioni oniriche della Genova ottocentesca, navi infinite dalle innumerevoli ciminiere cariche di enigmi che cercano di invadere lo spazio circostante, solcando il mare sul filo ambiguo che separa ciò che è impresso sulla tela e lo spettatore.
I suoi dipinti sono schiavi di un grande silenzio, una quiete che si percepisce solo apparente, poiché ogni particolare è pronto, all’erta, per attenuare un eventuale sviluppo tragico che incombe su tutto il paesaggio. Il costante aspetto di amara ironia, trasforma il tutto nella partita conclusiva del giocatore, scanzonato e compulsivo, inevitabilmente destinato a perdere. Percepibile è la sensazione che ogni oggetto potrebbe dissolversi da un momento all’altro come la nuvola di fumo dell’ultima sigaretta.
Il dipinto presente alla biennale di Venezia del 2011 dal titolo “Attesa”, scelto dall’amico filosofo e germanista, Anacleto Verrecchia, è in particolare espressione del pensiero di Enrico Bafico, poiché per uscire da una mentalità culturalmente arretrata nella continua e ossessiva ricerca del “nuovo”, l’artista propone il porto e la lanterna della sua amata Genova.
Le sue opere sono spesso cataratterizzate da uno spazio interno e uno esterno a stabilire il confine tra finito e infinito, la permanenza e il transitorio, attribuibile alla vita e alla morte. Rilevante e rappresentativa della natura di Bafico, la cura del dettaglio, dimostrando il suo mancato distacco definitivo dall’infanzia, periodo della vita in cui ogni particolare assume l’importanza sconfinata di un mondo ancora vergine e da esplorare.
Perfino nei ritratti a lui commissionati, i protagonisti sono donne o uomini in attesa di qualcosa indefinibile, rappresentati immobili come cristalli che, immersi nel costante ripasso di un intimo monologo interiore, comunicano solo la loro fragile umanità soverchiata dal destino che incombe. I cani e i vari frutti inseriti in ogni dipinto sembrano vivi, al punto di interagire con l’osservatore rivitalizzando in parte lo scenario complessivo.
Nientemeno le sue navi infinite, come masse organiche in movimento tentano di sfondare la tela per scombinare l’intricato gioco d’incastri del dipinto.
Per chi non conoscesse a fondo il percorso artistico di Enrico Bafico, soltanto in un ritratto sono stati assegnati al modello un corpo e una mente che invadono il perimetro di gioco esterno, dove lo sguardo della figura scruta minuziosamente lo spettatore e il tutto di là del dipinto.

Breve citazione in merito al titolo della mostra

Genova, 13/02/2016
Vorrei chiarire, per chi lo volesse, circa l’utilizzo del famoso non-sense tratto dal film "Totò Peppino e la malafemmina. Ho ritenuto di poterlo adottare non foss’altro per i tre anni di militare a Cuneo che toccarono a papà.
“Per andare dove dobbiamo andare…” dà titolo a una mia opera cartacea recante un buco tronco-conico praticato su libri che trattano di saperi e modi umani. Se bucare il "sapere" può sembrare impertinenza è al contrario un atto di fiducia verso il progresso della conoscenza. Negare affermando è un ossimoro concettuale contro il prevalere della certezza sul dubbio.
In quanto a me sto andando dove devo andare con il mio vissuto ed i miei ossi...mori.
Con spirito libero e lieve.
Enrico Bafico