Paolo Cotani / Lucio Pozzi – La scelta linguistica

Informazioni Evento

Luogo
PALAZZO SFORZA CESARINI
Via Scaloni, 00045 , Genzano di Roma, Italia
Date
Dal al

sabato, domenica e festivi ore 10,00 - 13,00 15,00 - 19,00 gli altri giorni su appuntamento

Vernissage
14/02/2016

ore 12

Artisti
Lucio Pozzi, Paolo Cotani
Curatori
Giovanna dalla Chiesa
Generi
arte contemporanea, doppia personale
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Le opere di Paolo Cotani e di Lucio Pozzi inaugurano con questa mostra un’ inedita stagione di confronto.

Comunicato stampa

Le opere di Paolo Cotani e di Lucio Pozzi inaugurano con questa mostra un' inedita stagione di confronto.
Dissolte le demarcazioni fra confini disciplinari e categorie stilistiche, i due maestri hanno attinto in profondità le regole della "grande matematica del linguaggio”, ma senza farne una bandiera, seguendo invece la via che si acquisisce come grammatica sin dalla nascita (Chomsky). In questo caso, quella della pittura.
Al clima di “ritorno alla pittura” e agli esordi di una pittura “analitica”, entrambi hanno risposto con esattezza, determinazione e ampiezza, mostrando subito un orientamento di svolta e un superamento che apre su grandi questioni irrisolte.
Per Pozzi la via è indicata dalla “fine della storia”, per Cotani, dalla“morte irreversibile del quadro”. Da questo “grado zero” artistico, entrambi lavorano intensamente alla costruzione dei “nessi” su cui sarà possibile elaborare nuovi modelli.
Cotani sceglie una via spaziale, costruttiva, dove può porre a confronto la pittura con la realtà del disegno, della scultura e dell'architettura. Affronta il tema complesso del fondamento delle arti plastiche in chiave sintattica e morfologica, ma utilizza l'icona fotografica per indicare l'importanza dell' immagine, come sintesi folgorante dinanzi al battito scandito del lavoro che si accumula, o la metafora come figura semantica, capace di trasferirsi in nuovi contesti.
L’occasione per Pozzi è invece nel serbatoio di tutti gli stili artistici che la storia ha accumulato come in un grande catalogo, in attesa di chi se ne sappia ancora servire inventando nuove combinazioni. E’ una via temporale, vicina al comporre musicale e allo svolgimento performativo, capace di orchestrare nei ritmi serrati, automatici dell’improvvisazione, la condizione di un infinito presente.
Fuori da ogni possibile astrazione, sia l’uno che l’altro mostrano, poi, la necessaria attenzione per il corpo, che per Pozzi coincide con la presenza fisica nel qui e ora delle performance e per Cotani con la considerazione ripetuta, rivolta al peso e alla forza di gravità - in contrastante armonia con la topologia delle nuvole - che nell’azione strutturante del proprio fare, include la sua stessa persona in azione.
La lingua della pittura parla, nei due artefici, il linguaggio della complessità più attuale, con scarti da sistema a sistema e brucianti intuizioni che ne attraversano i campi.
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Paolo Cotani
è nato a Roma nel 1940. Viene iniziato alla pittura e al disegno da suo padre Aristodemo, restauratore. Questa lezione, in parte inizialmente rifiutata a causa della forte attrazione per la lettura e per la musica, comincerà a maturare dopo gli anni di evasione, esplorazione e ricerca, trascorsi, prima a Parigi, tra il ’58 e il ’60 e quelli londinesi ben più importanti, tra il ’64 e il ’70, dove oltre a incontri fondamentali, come quello con lo storico e teorico dell’architettura Joseph Rykvert, inizia l’esperienza, in seguito per lui essenziale, dell’insegnamento, con una cattedra presso il Chelsea College of Art di Londra.
Dopo una prima mostra alla Galleria del Ferro di Cavallo nel ’68, presentata da Achille Perilli, sono gli Anni ’70 a decidere del suo destino d’artista. Dai “Passaggi” (’72-73), presentati alla Galleria Tartaruga di Plinio de Martiis, che alludono, con diagonali di gradienti di luce, al calare e sorgere della luce sino alla sua sparizione, ha termine il periodo della pittura su tela. Il momento successivo è tutto giocato sul recupero di azioni e comportamenti destinati a rendere automatiche le operazioni, attraverso l’utilizzazione di “forme standard” come le bende elastiche, allusive alla struttura della tela, ma fortemente ancorate al corpo del telaio, tanto da rendere inscindibile ideazione e produzione e da considerare la pittura come un atto da cui è assente ogni investitura privilegiata.
La visione di Cotani s’incentra da ora sull’obiettivo di una “trasformazione dei mezzi di produzione” di interpretazione marxiana. Le “Bande elastiche” del ’74 iniziano un riscatto dei materiali - sulla linea su cui si erano mossi Burri, Fontana, Manzoni, Castellani, Rotella e Scarpitta - ma convocandoli all’interno di un procedimento che realizza nelle parole dell’artista “la crescita parallela e costante tra mezzo e gesto, tra formazione della superficie e procedimento operativo”, in modo che l’autore venga a trovarsi nel cuore della strutturazione visiva, al pari di un architetto che ne controlla ogni fase. A mano a mano il lavoro di Cotani si organizzerà in cicli sempre più complessi senza timore di trasformarsi attraverso strutture infinitesimali, come le “Nuvole” (’76), da un campo all’altro, analizzando aspetti dell’architettura come “Gli Ordini”, le “Trabeazioni” le “Vele di Volta”, gli “Archi”, per ritornare negli anni ’80, attraverso “Tracce”, “Cartografie”, “Spazi Virtuali e Mondani”, il “Ciclo della Tigre”, le “Cancellazioni” a un’espressione pittorica controllata dal disegno, e negli anni ’90 a invenzioni, dove l’uso di materiali inediti, come la cera fusa pigmentata su carta, la carta carbone, il policarbonato, l’olio e fotografia su tela fanno pensare a un lavoro sotterraneo che ha messo la sordina a immagini e atti riconoscibili, ma continua il proprio corso invisibile . Gli anni ’2000, attraverso “Torsioni”, “Tensioni”, “Bilancieri”, che con nuove modalità riprendono le “forme standard” delle Bande elastiche mediante cinghie e strutture in acciaio, rileggono e rilanciano le scoperte del passato, secondo una chiave araldica forte che slitta, tuttavia, dentro nuove piegature di senso.
L’opera di Cotani, scomparso prematuramente nel 2011, è rappresentata nei maggiori musei italiani e in importanti collezioni private e pubbliche, in Germania, Belgio, Olanda e Francia e la sua lunga attività didattica ha trasmesso un lascito significativo.

Lucio Pozzi
è nato a Milano nel 1935. Ha studiato architettura a Roma e si è trasferito negli Stati Uniti nel 1962, dove subito è diventato uno dei protagonisti della scena artistica internazionale. L’enciclopedismo dell’Arte Concettuale è per lui un punto di partenza, anziché di arrivo, ma sin dalle prime mostre da John Weber a New York, contro il rigido monotematismo dell’arte americana e la pretesa schiacciante che l’autore sia sempre riconoscibile per il proprio target, è spinto ad accentuare la diversità fra stili e forme differenti dentro il proprio lavoro (Provocation Shows), garantendosi sin dall’inizio un’indipendenza e una libertà nella scelta delle regole compositive, che si andrà con gli anni sempre più approfondendo, così da assicurare all’opera una perenne freschezza e a se stesso la condizione di stupore indispensabile per creare, spiazzando non solo le attese dello spettatore, ma le proprie, sulla linea di una ricerca e di una sperimentazione senza fine.
Gli abbinamenti più inusitati di forme, colori e tecniche senza esclusioni di sorta, dalle dimensioni - enormi o minuscole - ai temi - astratti o figurativi - lo sconfinamento tra i generi - pittura, scultura, bassorilievo o performance, anche accompagnata da musica - azioni, installazioni, video, pubbliche discussioni rendono il suo stile di vita, sempre in movimento e in tensione operativa, inimitabile e inscindibile dalla straordinaria versatilità e flessibilità di un’opera per conseguenza multiforme, resa possibile tuttavia, da ferree regole elementari e da un esperto metodo di applicazione, proprio come avviene nell’improvvisazione jazz. Le ‘famiglie’ di questo universo, ricco di meravigliose sorprese, hanno titoli rispondenti al metodo con cui sono costruite le strutture o prendono forma i temi. “Rag Rug paintings”, “Level Group paintings”, “Relocations”, “Texture paintings”, “Flowerpaintings”, “Crowdpaintings”, Minipaintings, Red Planets, Turnover e così all’infinito, per la felicità di chi ne fruisce.
L’opera di Lucio Pozzi è rappresentata nei maggiori musei e collezioni pubbliche e private del mondo (The Museum of Modern Art N.Y.; The Whitney Museum of American Art, N.Y.; PS1 Contemporary Art Center, N.Y.; The New York Public Library, N. Y; The Museum of Contemporary Art, Chicago ; The Art Gallery of Ontario, Toronto; The Detroit Institute of Arts, Detroit; la Collezione Giuseppe Panza di Biumo, Lugano; The Fogg Art Museum, Harvard, MA ; Museo de Bellas Artes, Buenos Aires; Herbert & Dorothy Vogel Collection, N.Y; Centro per l’Arte Luigi Pecci, Prato; Collezione Maramotti Reggio Emilia; Museo di Villa Croce, Genova).
Ha ricevuto il National Endowement for the Arts nel 1983. Ha insegnato nelle più prestigiose università e scuole del mondo (Cooper Union, Yale e Princeton University, Maryland Institute of Art, School of Visual Arts, N.Y., Accademia di Brera, Milano).
Nel 1977 è stato invitato a Documenta 6, Kassel e nel 1980 nel Padiglione Americano della Biennale di Venezia. Sue importanti rassegne e performance si sono tenute in Germania, Kunsthalle Bielefeld (1982), Badischer Kunstverein (1983), Museum of New Art, Detroit (2001), Kalamazoo Institute of Art, Michigan (2002), Museo di Villa Croce, Genova (2006), loggiato dell’Accademia di Belle Arti, Firenze durante la mostra antologica presso Frittelli Arte Contemporanea (2010); Fabrikculture Hegenheim, Basilea (2011). Vive e lavora fra Valeggio sul Mincio (VR) e lo studio di Hudson (N.Y.) (http://www.luciopozzi.com/). Espone regolarmente anche in Italia.

Giovanna dalla Chiesa
è storica e critica d'arte. Laureatasi in Storia dell'Arte all’Università di Roma con G.C. Argan con una tesi innovativa su Alexander Calder, ha lavorato con Palma Bucarelli presso la Galleria Nazionale d'Arte Moderna. Vincitrice di una prestigiosa Borsa dell'American Council of Learned Societies nel 1976, è stata affiliata per un anno presso il Museum of Modern Art di New York. I suoi studi su de Chirico, di cui è autorevole esperta, l'hanno condotta in svariati centri europei: Parigi, Monaco di Baviera, Atene e Berlino. Ha curato importanti mostre monografiche in sedi pubbliche: Ca' Pesaro, Palazzo delle Esposizioni, Palazzo Pitti, Ala Napoleonica del Museo Correr, Accademia di Francia. E' stata docente di Storia dell'Arte presso l'Accademia di Belle Arti di Roma; ha collaborato con quotidiani e riviste come pubblicista indipendente e curato mostre interdisciplinari e convegni come: Allo Sport l'Omaggio dell'Arte (Giffoni Valle Piana, Salerno 2001); L'arte in Gioco (MACRO 2003, Roma); L'Età Nomade (Campo Boario, Roma 2005); Che cosa c'entra la morte ? (Aula Magna Liceo Artistico, Roma 2006: Tre giornate di studio su Gino De Dominicis).
Nel maggio del 2014 ha creato Dialoghi a più voci, una forma di lettura transdisciplinare dell'arte nel mondo globale, aperta a scienza, filosofia, antropologia, letteratura, musica, biologia, nuova geografia. Sta curando l’attuale ciclo di mostre per Palazzo Sforza Cesarini a Genzano di Roma, nella prospettiva di diffondere cultura e conoscenze nel suo contesto magnifico, ricco di potenziale.