Vinicio Momoli – Nexiture

Informazioni Evento

Luogo
ABBAZIA DI SPINETO
via Molino di Spineto 8 , Sarteano, Italia
Date
Dal al

chiuso lunedì, 10.00-13.00 16.00-19.00

Vernissage
02/07/2014

ore 18

Artisti
Vinicio Momoli
Curatori
Edoardo Di Mauro, Renato Barilli
Generi
arte contemporanea, personale
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Mostra antologica di Vinicio Momoli “Nexiture”, a cura di Renato Barilli e Edoardo Di Mauro.

Comunicato stampa

Renato Barilli
Momoli, o il trionfo del nesso

E’ subito evidente che il lavoro di Vinicio Momoli si ispira al Minimalismo, grande ed essenziale movimento emerso nel quadro della rivoluzione sessantottesca, soprattutto perché ha insegnato a tutti la necessità di invadere lo spazio con forme massicce e di totale inerzia materica. Ma quel movimento, nelle versioni dei principali esponenti, Bob Morris, Donald Judd, Carl Andre, e perfino nei neon di Dan Flavin, soffriva di una tara fastidiosa, confermava cioè la dipendenza da un codice morfologico fondato sull’angolo retto, sul diedro tagliente ed altre soluzioni di totale soggezione al vecchio astrattismo geometrico, anche se rinnovato immettendovi all’interno forti dosi di materialità allo stato puro. Del resto, proprio il capofila Morris dopo poco ha ben compreso l’inattualità parziale della loro prima versione e ha capovolto il prodotto passando a praticare una radicale Anti-form, affidandosi a materiali tipicamente soft, quali i feltri molli e cascanti. Momoli ha effettuato pure lui questa decisiva correzione, avvalendosi fin dall’inizio del suo percorso di materiali più che altro di origine organica, legno, stoffa, o anche pietra, ma proveniente da remoti scavi geologici, da cui ha preso pure la modalità anch’essa primigenia della stratificazione, procedendo a livelli multipli e sovrapposti. Ma soprattutto, a evitare i rigorismi dell’astrazione geometrica, il nostro artista ha fatto ricorso a due espedienti: l’introduzione del colore, un fattore, questo, del tutto ignorato dai Minimalisti nel loro primo tempo, che volevano far parlare solo il carattere hard delle superfici metalliche. Momoli invece ha piacevolmente intervallato le varie giaciture, come farebbe una brava massaia nel confezionare un piatto di lasagne, procedendo quindi a collocare in alternanza uno strato di pasta e uno sovrapposto di condimento, in genere sovrabbondante e quindi tracimante al di là dello spazio assegnatogli. Passando dal codice domestico della cucina a quello altrettanto originario dell’arte muratoria, potremmo anche dire che, proprio come un muratore nel posare mattone su mattone, Momoli ha procurato che la calce uscisse fuori dai bordi. Ma soprattutto, ha voluto che la forza di gravità entrasse in gioco, e dunque, quegli strati pur stesi in orizzontale, si sono fatti panciuti al loro centro, subendo il peso di quanto veniva accumulato sopra di loro. A questo modo potremmo anche dire che il Nostro è transitato subito alla fase dell’Antiform, senza farsi schiacciare troppo da esigenze di rigorismo formale. Ciò è avvenuto anche quando, in apparente ossequio ai precetti iniziali del Minimalismo, ha lasciato perdere i materiali poveri e spontanei di un’arte muratoria casalinga per adottare lamiere metalliche, magari arieggianti un design intento a fabbricare piani di tavoli secondo modalità irreprensibili, e dunque con tesa orizzontalità. Ma anche in questo caso mi sembra che si possa sempre intravedere un incurvarsi di quei piani al loro centro, vittime anch’essi di una provvida forza di gravità pronta a inserire una nota di organicità. Del resto, basta esaminare il titolo globale che Momoli dà alle sue varie proposte, Nexiture, un neologismo denso di significati polivalenti. Ci sta la nozione della tessitura, a confermare un’ispirazione pur sempre di origine organica. Infatti i tessuti si incontrano in natura, o anche nei prodotti artificiali, purché fatti di soffici fibre in definitiva ricavate dal mondo vegetale o animale. Il concetto del legare contestualmente è poi ribadito da quel nexus pronto ad aggiungersi, e così a ribadire la volontà di pervenire a una proposta originale e inconfondibile. Ci sono poi altre utili varianti, a questo “nesso”, a questo nodo gordiano, che l’artista decide di infrangere con un gesto eloquente. Qualche volta gli strati di pietra si innalzano in verticale, ma questo non impedisce la volontà dell’artista di lasciarvi un segno, sembra infatti che egli intenda scagliarvisi contro, trapassarli da parte a parte, imprimendovi una sagoma in negativo. E’ anche questo un modo per dichiarare che ai materiali minimali non spetta mai l’ultima parola, ma che su di essi l’artista intende sempre lasciare una impronta. Oppure egli si dà a comporli tra loro, a cercare di inscatolarli reciprocamente, anche qui, in fondo, agendo come i nostri remoti antenati che per fabbricarsi luoghi di rifugio mettevano assieme delle lastre prelevate dal suolo. L’idea del legamento, insomma, regge tutta la produzione di Momoli, al punto tale che talvolta decide di fare a meno dei pieni e di mettere in evidenza solo i vuoti, mettendo a nudo il reticolo dei contorni che avrebbero dovuto incastonare i diversi frammenti prelevati dal mondo esterno. C’è poi di nuovo un omaggio al Minimalismo, nella versione di Flavin, in quanto Momoli non rinuncia ad affidare questa sua decisione di praticare il nesso con ricorso al neon. Tutto si tiene, tutto si lega, in una vasta operazione di bricolage giocato su tasti molteplici.