Raccontare la vita di un soldato. Con una mostra a Parigi

È certamente una di quelle mostre che si costruiscono avvalendosi per il 90% dei pezzi provenienti della collezione permanente. E la collezione permanente in questione è quella del Musée de l’Armée che sta nel cuore dell’Hôtel national des Invalides a Parigi, costruito nel XVII secolo per ospitare soldati invalidi.

Dans la peau d’un soldat allinea, al primo piano del Musée de l’Armée, venti manichini di combattenti vestiti con le fogge dell’epoca che rappresentano, accompagnati dal loro “hardwear”: dal legionario romano, con pochi stracci elmo e gladio, al combattente del futuro, attrezzato con dispositivi augmented reality. Segue un percorso che presenta oggetti provenienti da epoche e civiltà diverse, attraverso cui il soldato si nutre, si ripara o rimane in contatto con i propri compagni: abbigliamento, razioni di cibo, medicine… dotazioni pensate per consentirgli di compiere missioni, sopravvivere e godere di un relativo benessere sul terreno di combattimento.
Al piano superiore il percorso si fa più emotivo. “Il mestiere del soldato è l’unico che implica l’accettazione di uccidere e di essere uccisi”: è questa la frase che apre l’ultima delle sezioni che descrivono le attività compiute da un soldato nell’arco di 24 ore. In fondo sempre le stesse da 3000 anni a questa parte. Vale la pena di elencare: risveglio / igiene personale / vestizione / adunata / marcia / dotazioni / munizioni / protezioni contro il clima avverso / viveri / sopportazione psico-fisica / logistica / comunicazioni / tecnologia / superstizione / protezione / mimetismo / combattimento / cure mediche / morte. Proprio quest’ultima sezione è preceduta da un piccolo passaggio scuro e vuoto. Niente oggetti esposti qui. Solo il suono del battito cardiaco alterato di chi sta per esplodere un colpo o teme di riceverlo.

Dans la peau d’un soldat. Musée de l’Armée, Parigi 2017

Dans la peau d’un soldat. Musée de l’Armée, Parigi 2017

DALLA FRANCIA ALL’ITALIA

Una menzione a parte, fra gli oltre 300 oggetti in mostra, meritano il lavoro del fotoreporter Édouad Elias, rapito e poi rilasciato nel 2014 durante l’ultimo conflitto siriano. Siamo forse di fronte a un nuovo Don McCullin? Porta la firma di Elias anche la locandina dell’esposizione.
Riassumendo. Si tratta certamente di una mostra d’intento divulgativo. Certamente celebrativa della tradizione guerriera dell’Armée française, Legione straniera inclusa. Dans la peau d’un soldat non è nemmeno lontanamente paragonabile alla qualità di mostre del genere prodotte a Londra o a Washington. Ma una riflessione sorge spontanea. L’esercito italiano è attualmente impegnato in quasi trenta missioni militari in oltre venti Paesi, con una spesa (nel 2016) di 826 milioni di euro. Presto sarà in Niger e, con alcune centinaia di uomini, affiancherà l’esercito statunitense, inglese e proprio l’Armée, da sempre uno dei principali attori nella regione. Non è affatto detto che sia una buona idea, ma, ci piaccia o meno, questo è quanto. Tra le mostre istituzionali che Roma ci presenta qualcuno ricorda qualcosa che abbia a che fare con quanto sta accadendo? Nel complesso espositivo del Quirinale l’esposizione più “belligerante” del 2017 (ma anche del 2016, 2015, 2014…) è stata L’Opera dei Pupi. Una tradizione in viaggio. Lì di corazze, elmi e spade ce ne erano parecchi.

Aldo Premoli

Parigi // fino al 28 gennaio 2018
Dans la peau d’un soldat
MUSÉE DE L’ARMÉE
129 rue de Grenelle
www.musee-armee.fr

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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