L’epilogo della mitica trattoria Bagutta a Milano. Dopo lo sfratto 400 opere d’arte all’asta

Un pezzo di storia culturale milanese si dissolve, tra crisi economica, sfratti e aste fallimentari. La trattoria Bagutta chiude i battenti, cambia proprietà e perde la sua collezione...

Uno storico ristorante milanese, il premio letterario più antico d’Italia, una collezione di opere d’arte e documenti autografi. Il tutto traducibile con un elenco di nomi eccellenti: memorie, tracce, testimonianze di scrittori e artisti come Primo Levi, Emilio Gadda, Giuseppe Arbasino, Carlo Cassola, Riccardo Bacchelli, Giuseppe Novello, Orio Vergani, Arturo Toscanini. Il luogo è la trattoria Bagutta, dove una sera del 1927 nacque l’omonimo premio, dall’idea di un eterogeneo gruppo d’intellettuali, riuniti intorno a un desco: “due giornalisti, due pittori, un avvocato, un commediografo, tre letterati e un dandy“, come avrebbe raccontato poi uno dei presenti, Paolo Manelli.
Negli anni, le pareti si riempirono di opere, ritratti di personaggi celebri (da Lucia Bosé a Fausto Coppi, da Eugenio Montale a Italo Balbo e Indro Montanelli), menu con firme e schizzi. “Sono regali”, ha raccontato il proprietario, Marco Pepori, in un’intervista al quotidiano Il Giorno, nel 2010: “Alcuni pittori che mangiavano qui ci pagavano in questo modo. Era il loro modo per ottenere uno sconto sui pasti. Bisogna ricordare che un locale come questo, dove arte e letteratura si intrecciano così strettamente, è più unico che raro”. E citando il Duran e il Lassare di Parigi, aggiungeva: “Entrambi sono tutelati proprio per queste loro caratteristiche”. Una tutela che in Italia, invece, non c’è.

La Trattoria Bagutta di Milano

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SFRATTO E ASTA FALLIMENTARE. UN PATRIMONIO DISPERSO

Le 400 opere del Bagutta saranno presto vendute a un’asta fallimentare. I proprietari morosi – sfrattati dalla famiglia Orsi-Mazzoni, proprietaria del palazzo – hanno calato le saracinesche lo scorso giugno. E una parte del locale è stata rilevata dall’imprenditore Alessandro Rosso: la riapertura è attesa per la prossima estate, con spazi dimezzati e con le pareti nude. Dove finirà quel patrimonio collezionato nel tempo? Necessariamente smembrato e acquistato da soggetti diversi, perderà identità, storia, unicità. L’appello degli organizzatori del Premio, della stessa famiglia Pepori e di alcuni intellettuali (tra questi Philippe Daverio) va in questa direzione: intervengano le autorità per vincolare in unico lotto opere d’arte, documenti e arredi; e magari ci si adoperi per garantire una destinazione consona. Che sia lo stesso locale di via Bagutta, o qualunque altra sede in cui il Premio si sposterà.
Al momento una sola certezza: il prossimo aprile il giudice procederà con la messa all’incanto. Troppo tardi, forse, per intervenire e scongiurare la dissoluzione di questo piccolo, prezioso pezzo di storia culturale di Milano.

– Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

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