Piccolo è bello. Ecco come valorizzare i piccoli musei italiani

Da mesi vi stiamo raccontando, con un diario di viaggio, alcune delle migliaia di piccole realtà museali che costellano il nostro Paese. Queste stesse realtà sono consorziate nell’APM – Associazione Nazionale Piccoli Musei. Qui trovate l’intervento che il suo presidente, Giancarlo Dall’Ara, ha fatto durante l’ultimo convegno tenutosi a fine aprile.

UN DOPPIO BINARIO SENZA SBOCCHI
Il dibattito sui musei in Italia è oggi contrassegnato da un doppio binario.
Da un lato quello di pensare che si possano fare proposte valide contemporaneamente per tutti i musei, senza distinguere i piccoli dai grandi. Proposte dunque indifferenziate: “Se vanno bene per i grandi andranno bene anche per i piccoli”. Un ragionamento che non ha senso, e che non richiede spiegazioni o approfondimenti teorici particolari, perché non c’è curatore di un piccolo museo che non sappia bene che lui non ha in mano una “Galleria degli Uffizi in miniatura”, ma sta gestendo tutta un’altra cosa.
Dall’altro lato, quella di invitare i piccoli a diventare grandi in termini dimensionali, una contraddizione in termini, che porterebbe i piccoli a scomparire.
Il risultato di questa situazione è che i piccoli musei non emergono, e in moltissimi casi vivono in una situazione “liminale”; così finiscono al centro del dibattito proposte “irricevibili”, come quella di Poli museali nei quali i piccoli si annullano, o proposte come quelle che – con la scusa della razionalizzazione – invitano a chiudere i piccoli musei, rinunciando in tal modo alla possibilità di gestire i tesori custoditi nei piccoli musei, e a generare valore per il territorio e occupazione.

Terrazzo del Centro Caprense, scorcio di veduta col campanile della Piazzetta

Terrazzo del Centro Caprense, scorcio di veduta col campanile della Piazzetta

PICCOLO È BELLO. UN DECALOGO
Il mio compito, nella veste di presidente dell’APM – Associazione Piccoli Musei, è allora quello di ricordare perché siamo nati, perché è importante salvare e anzi valorizzare ognuna delle 10mila storie del nostro Paese, custodite e divulgate da ognuno dei piccoli musei italiani; e fare in modo in futuro che non si debba perdere neppure una di quelle storie.

1. Un piccolo museo non è una versione rimpicciolita di uno grande, ma un concetto diverso di museo, più radicato nel territorio e nella comunità locale, e un modo diverso di intendere il museo: più accogliente e più basato sulle persone.
2. Dunque la definizione di “piccolo museo” non identifica solo una categoria dimensionale, non è solo questione di metri quadrati, ma indica una modalità di gestione che richiede un cultura gestionale particolare e competenze specifiche, come quella di essere “porta di ingresso ad un territorio e alla sua storia”, narratore di luoghi, così da essere in grado di offrire esperienze originali; come è unica e ogni volta diversa, l’esperienza di immergersi nella cultura di un luogo.
3. L’attuale scenario è dunque segnato da un peccato originale che riguarda le norme relative ai musei, che ancora oggi non distinguono tra piccoli e grandi musei. Detto in parole diverse, sarebbe come se, in altri settori, non si distinguesse fra artigiani e industrie. Questa situazione ha generato norme per musei “ideali” che non esistono, standard impossibili da rispettare da parte dei piccoli musei e che finiscono per escludere i piccoli musei da tante opportunità, compresi i finanziamenti. Più precisamente, le norme attuali sono inadeguate, perché il ruolo della risorsa umana non è centrale, il legame con la comunità locale è assente ecc.; sono incomplete, perché ad esempio resta esclusa una funzione di base dei musei, strategica per i piccoli musei, quella dell’accoglienza; e sbagliate, perché non distinguendo i grandi musei dai piccoli finiscono per penalizzare i piccoli musei con richieste impossibili.
4. In un piccolo museo la risorsa umana e l’accoglienza sono centrali. L’identità di un piccolo museo dipende dalle persone che ci lavorano. Chi dà vita a un museo sono le persone, chi accoglie sono le persone, chi anima, chi fa tornare i visitatori, chi divulga…; chi conserva e tutela sono le persone. Ma nelle normative si confonde l’accoglienza con il ricevimento.
5. In questa situazione non si sa neppure quanti siano esattamente oggi i piccoli musei in Italia.
6. E in tal modo i piccoli musei non sono spinti a “emergere” e a migliorare, ma a chiudere.

I sette hashtag di #MuseumWeek 2016

I sette hashtag di #MuseumWeek 2016

7. Senza norme semplici e percorsi specifici per i piccoli musei, non solo i piccoli musei faranno fatica a migliorare e riqualificarsi, ma fanno fatica ad aprire, ad accreditarsi e – in questo caso – a uscire dal non-luogo nel quale rischiano di trovarsi, e a restare aperti.
8. E ora tocchiamo la questione degli standard. Fino ad oggi l’attenzione è stata incentrata prevalentemente sui requisiti che rappresentano le pre-condizioni per essere museo, più che i requisiti che rappresentano le condizioni per funzionare come un museo; perché “acquisire, conservare, esporre le opere” è la precondizione per essere un museo, ma le funzioni di un museo riguardano anche l’utilizzo che si fa di questi beni, le relazioni con i visitatori, con il territorio, con la comunità locale, con i gestori ecc. È su queste funzioni che occorre spostare di più l’attenzione. Come è noto, gli standard utilizzati in Italia sono stati ripresi acriticamente dalle esperienze internazionali, ma il nostro Paese ha un leadership nella cultura, e tocca a noi pensare a nuovi standard quando quelli in uso non sono adeguati a rappresentare la nostra realtà che si caratterizza proprio per una presenza predominante dei piccoli musei. In altre parole, non si scrivono le regole, gli standard, senza prima aver delineato una identità chiara, altrimenti saranno gli standard a diventare l’identità. Così i piccoli musei non vanno valutati in base al numero dei visitatori o agli orari di apertura, ma in base alle specificità che li caratterizzano e alle loro esigenze funzionali: il rapporto con la comunità locale, il rapporto con il territorio, la capacità di essere più accoglienti, e di offrire esperienze che immergano il visitatore nella cultura del luogo.
9. Gran parte della cultura gestionale pensata su misura dei grandi musei, difficilmente si adatta alla realtà dei piccoli musei. Così pure il marketing e la comunicazione, che non possono essere quelli dei grandi musei “in scala ridotta”.
10. I grandi musei in Italia sono poche centinaia, i piccoli musei non sono meno di 10mila: va da sé che, se i piccoli musei decidono di muoversi assieme, non c’è storia, come ha mostrato anche l’ultima edizione di #Museumweek. Naturalmente ci si può muovere assieme, piccoli e grandi, e sarebbe auspicabile, a patto che si riconosca la propria identità, altrimenti nell’incontro con l’altro ci si annulla. Che è quello che accade oggi ai piccoli musei. Per questo i piccoli musei non vogliono crescere in dimensione, vogliono crescere in considerazione.

Giancarlo Dall’Ara

www.piccolimusei.com

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Giancarlo Dall'Ara

Giancarlo Dall'Ara

Docente di marketing nel turismo, è consulente di Regioni turistiche italiane, destinazioni e Consorzi di operatori, e presidente dell’APM - Associazione Nazionale Piccoli Musei.

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