Inpratica. L’invenzione della Tunisia

Una mostra che nasce dal ritrovamento di una monografia politico-militare redatta dal Corpo Militare di Stato Maggiore italiano e pubblicata nel febbraio 1912. Soggetto: la Tunisia. E, manco a dirlo, degli “italiani brava gente” non c’è manco l’ombra…

Intanto guardate: Tunisi è là! […] E ci sono i francesi là, che ce l’hanno presa a tradimento! E domani possiamo averli qua, in casa nostra, capite?
Luigi Pirandello, I vecchi e i giovani, 1913

Data l’indeterminatezza del confine meridionale, la superficie della Tunisia si fa oscillare fra i 123.000 e i 167.000 kmq
Corpo militare di Stato Maggiore italiano, 1912

L’ESOTICO ALL’ITALIANA
Nel discorso pubblico e nell’immaginario contemporaneo italiano si nascondono i postumi culturali della sbornia coloniale della prima parte del Novecento, quando per un bisogno biogeografico di “spazio vitale” (o Lebensraum) il nostro Paese avviò una lunga e sanguinosa campagna coloniale sull’altra sponda del Mediterraneo.
L’occasione per una riflessione sull’immaginario “esotico”, che persiste nel linguaggio e nella cultura italiana, è la mostra La Tunisia, primo step di un progetto curato da Pelagica (Laura Lecce e Fabrizio Vatieri) che prende spunto dal ritrovamento di una monografia politico-militare redatta dal Corpo Militare di Stato Maggiore italiano e pubblicata nel febbraio 1912.
La pubblicazione ‘La Tunisia’ è definibile come un ambiguo resoconto geografico, politico ed etnografico sulla Tunisia del tempo. In parte vademecum per colonialisti, in parte manuale scolastico, pensato forse anche come guida per turisti, questa pubblicazione è parte di una folta schiera di edizioni sull’Africa orientale tutte ricollegabili all’entusiasmo imperialistico e coloniale italiano della prima metà del Novecento” (Pelagica).

Angela Zurlo, Passaggi di mano e carte false; Rachele Maistrello,  Reenactment #1- ©Pelagica

Angela Zurlo, Passaggi di mano e carte false; Rachele Maistrello, Reenactment #1- ©Pelagica

LA TUNISIA IN MOSTRA
La mostra La Tunisia, che vede la partecipazione di Giuseppe de Mattia, Giuseppe Fanizza, Tothi Folisi, Rachele Maistrello, NASTYNASTY© (Emiliano Biondelli e Valentina Venturi), Anna Positano e Angela Zurlo, è un reenactment di un’estetica coloniale di cui oggi conserviamo alcune schegge impazzite, prodotti confezionati dal sapore esotico, carte profumate e geografie sbilenche. La Tunisia è il tentativo di immaginare un’atmosfera, ridare vita ad un profumo di cui abbiamo una memoria lontana.
È una mostra che riflette sulla distanza geografica e sull’immaginario che vicende belliche, turistiche e politiche hanno prodotto. Ricucire mappe e fili di un immaginario coloniale, ricostruire un linguaggio e un’estetica dominanti, non è un modo per riflettere esclusivamente sul passato, sulla nostra memoria nazionale e sulle responsabilità politico-militari del nostro Paese, ma è un tentativo di riconoscere gli schemi e i linguaggi del presente in cui il colonialismo è “post” perché persiste in altri mezzi.  Proprio nel lavoro di alcuni degli artisti che partecipano a questa mostra riusciamo a individuare quelle cristallizzazioni di senso che persistono nel nostro linguaggio senza che ne riconosciamo l’origine, e che sono funzionali ai rapporti di potere culturale, sociale e geografico.

COME NASCE IL CRUMIRO
In Storia dei krumiri, Giuseppe Fanizza ricostruisce l’intricato caso linguistico della popolazione tunisina dei khumir. Nota come tribù ribelle, divenuta leggendaria per le spietate scorrerie sui confini con l’Algeria, fu una delle maggiori cause scatenanti l’invasione francese. Diffuso come dispregiativo soprattutto in Francia, il termine “crumiro” assunse progressivamente il significato odierno quando, in occasione di alcuni scioperi tra 1900 e 1901, vennero assoldati alcuni arabi a lavorare al posto degli scioperanti. Nel lavoro di Fanizza, questo progressivo mutamento di significato si determina attraverso l’accostamento di immagini d’archivio delle tribù crumire, foto di scioperi e biscotti omonimi. La produzione di souvenir dal sapore esotico, come paramenti di una liturgia coloniale, è al centro dell’opera di Giuseppe De Mattia che, ispirato alla falsa leggenda della penna stilografica Aurora Etiopia, realizzata per celebrare le gesta militari italiane, realizza la penna Palmà – modello Tunisia, a memoria di un’impresa mancata.

Giuseppe de Mattia, Penna Coloniale ©Pelagica

Giuseppe de Mattia, Penna Coloniale ©Pelagica

L’ORIENTALISMO ALL’EPOCA DI GOOGLE
La palma, icona eccellente dell’esotico, ritorna come elemento di riflessione anche nel lavoro di Fabrizio Vatieri che, confondendo elementi e provenienze culturali, riproduce un cartoccio tipico del cibo di strada napoletano (Il cuoppo) con le pagine della rivista della Società Italiana d’Africa realizzando una confezione per datteri.
Così l’immaginario postcoloniale diventa il territorio entro il quale gli artisti decostruiscono un lessico fondato sulla prevaricazione, guardando alla Tunisia attraverso le lenti sfocate dell’allucinazione coloniale italiana.
Questa fantasia europea della Tunisia, che Edward Said definirebbe “orientalista”, in realtà è un sistema di conoscenze funzionali a una dominazione culturale e politica, è un film prodotto dall’esperienza europea della Tunisia che ormai abbiamo assimilato nel nostro immaginario.
Guardando al turismo occidentale come forma di perpetuazione neocoloniale, alcuni artisti in mostra si occupano della nostra percezione contemporanea della Tunisia, producendo pubblicazioni integralmente fondate sulle immagini turistico-pubblicitarie (Tothi Folisi) o attraverso la sovrapposizione, all’esotismo colonialista, di un immaginario fantascientifico al quale rimandano i reperti archeologici delle astronavi di Guerre stellari, abbandonate da qualche parte nel deserto tunisino (NastyNasty).
La mostra è una traversata del Mediterraneo da fermi, per raggiungere un Paese in cui non siamo mai stati, un’oasi ricostruita attraverso reperti fittizi, ricerche su Google, traduzioni sbagliate. Un supermarket dell’identità che si posiziona geograficamente in un posto imprecisato della memoria del nostro paese, tra campagne di guerra, crociere neocoloniali e venditori ambulanti.

La mostra La Tunisia, realizzata nell’ambito del circuito OFF di Mediterranea 17 – Young Artists Biennial, è a cura di Pelagica, in collaborazione con Marco Trulli (La Ville Ouverte) ed è aperta fino all’8 Novembre 2015 in via Termopili 28 a Milano.

Marco Trulli

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/48899/la-tunisia/

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Marco Trulli

Marco Trulli

Operatore culturale e curatore. È ideatore e co-curatore di Cantieri d’Arte, piattaforma di arte pubblica cha ha realizzato, negli anni, numerosi progetti site specific nella città di Viterbo. Attualmente cura La Ville Ouverte, programma internazionale di azioni di arti pubbliche…

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