L’esodo coatto: brevissima teoria del turista

L’estate è la stagione del turista. L’avvento della fine dell’estate la sua scomparsa. C’è un’opera singolare che mette in scena una piccola ontologia del turista più di qualsiasi trattazione sociologica. Si tratta di “Tourist II” di Duane Hanson del 1988.

IL TURISTA COME ANIMALE
Tourist II (1988) di Duane Hanson è un’opera iperrealista (o superrealista, come preferiscono chiamarla alcuni). Fedeli a una reale coppia di turisti, abbigliati disinvoltamente da spiaggia – cappellino, pantaloncini corti (la donna è un ultracorpo), macchine fotografiche, sacco da spesa – i turisti di Hanson guardano le pareti (vuote?) di una galleria d’arte.
Allegoria, metafora, parodia, i due “turisti” sono efficacemente rappresentati nel loro significato sociale. In nessun caso esprimono un pensiero, giacché la loro posa è il riflesso di un universo (il viaggio organizzato, le vacanze ecc.) chiuso e perfettamente funzionale all’industria del turismo.
Il loro imbarazzante silenzio ricorda quello degli animali per i quali il mondo non è una “rappresentazione” ma uno stato di fatto, brutalmente. Ma se un tempo gli animali rientravano per gli uomini in un simbolismo sociale (sacrificale, guerriero, mitologico), l’uomo-turista non ha alcuna presa mitologica o sacrificale, è celibe, cioè senza l’altro.
Come quel bambino che a forza di vivere con gli animali divenne animale, allo stesso modo nell’universo concentrazionario del turismo l’uomo diventa funzionale. Gli oggetti, le immagini e i segni in cui s’immerge, come in una fitta vegetazione, lo trasformano in un uomo primitivo dei tempi postmoderni, dove stenta a riconoscere i segni della civiltà.

LA VACANZA E I LAVORATORI STAGIONALI
Figli della folla analizzati da Poe, Baudelaire e Benjamin, i turisti sono entità anonime, impersonali, esseri che abitano uno spazio che è il poligono dei segni pubblicitari. Come le bestie, i turisti sono le cavie del funzionariato della sollecitudine. Camerieri servizievoli.
Imperativo del riposo. Evasione esponenziale dei sensi. Obbligatorietà del sorriso che si proietta sul turista come un paraurti mimico.
La pubblicità che prende corpo nella sollecitudine dei servitori (“lavoratori stagionali”). Cura e sfruttamento intensivo del corpo che deve conformarsi ai modelli pubblicitari. Corpo-massa da informare, da mettere in forma con pratiche mistiche o essoteriche, individuali o collettive (sesso compreso). Valorizzazione del tempo libero. Non la libertà di perdere il proprio tempo, ma di riempirlo.
Nel nostro sistema sociale il tempo non si può che guadagnare, ugualmente in vacanza questo guadagno, guadagno del corpo, guadagno del piacere, guadagno dei sensi, diviene la ragion sufficiente della concezione coatta del tempo.

Thomas Struth, Museo del Prado, Room 12, Madrid 2005

Thomas Struth, Museo del Prado, Room 12, Madrid 2005

SERVI E PADRONI
Dietro l’apparente gratuità delle vacanze, il “tempo libero” riproduce il tempo coatto del lavoro sotto altre forme. Perché esso veste il turista di una patina di libertà che non è la liberta di creare come nell’arte. Piuttosto il suo modello utopico, irraggiungibile, è il tempo dell’infanzia. Il tempo perduto per sempre. L’età d’oro del tempo. Regressione verso una temporalità prima della divisione sociale del lavoro. Un tempo mitico, dove l’evasione e l’irresponsabilità regnano sovrane.
Nell’ossessiva ricerca di questo “tempo perduto” ritroviamo lo stesso accanimento morale e idealista di guadagno del tempo che vige nella sfera del lavoro. In sintesi: un’estorsione del godimento. La vacanza, con le sue pratiche farmacologiche, con le sue terapie distensive, con i suoi rituali del consumo, sostituisce l’antico principio di salvezza. Come un sacramento che riunisce gli officianti che comunicano con lo Spirito Santo del divertimento e dove la domanda compulsiva di libertà individuale è scambiata col consumo rituale.
Ovunque troviamo questo sistema generalizzato di servizievole gratificazione che ricorda il fatto che siamo in una società dell’abbondanza e che democraticamente fa assaggiare lo splendore feudale del rapporto fra servo e cliente. Per un breve periodo si è Signori a pagamento. La socialità immanente alla sollecitudine maschera l’ipocrisia di una società che mantiene intatti i rapporti di sfruttamento.
Essa, in fondo, cela la violenza del sociale fatta di precariato e disperazione. Per un breve periodo il turista può pagarsi il sorriso servizievole del servo. L’arroganza del padrone, l’aggressività del superiore, il cinismo del dirigente, vanno in congedo, seppure per poco tempo, dietro presentazione della carta di credito, che obbliga, per contratto, la performance terapeutica della sollecitudine.

Martin Parr, Acropolis, dalla serie Small World, 1991

Martin Parr, Acropolis, dalla serie Small World, 1991

ESTATE AL MEETING DI CL
Ovunque il turista è preda di questa violenza dei servizi che si raddoppia nell’assenza della loro erogazione (il disservizio), è preda di questa polverosa abbondanza profusa come un bene spirituale, è succube di questi pseudo valori democratici che, estromessi dalla sfera pubblica, sono parodiati nella sfera privata delle vacanze, assumendo il volto della tolleranza funzionale. Infatti, in vacanza anche i nemici si parlano.
Nei grandi meeting estivi dei politici, ad esempio, come quello di CL a Rimini, le ideologie apparentemente più distanti si parlano, si scambiano le loro prospettive, mettono in atto una performance che ratifica il fatto che siamo in una permissive society, siamo in un liberalismo tollerante, siamo in un gioco umanistico delle relazioni sociali.
Tutto ciò significa solo un fatto: che le ideologie, le opinioni, i dibattiti politici profusi con grande generosità sono, in fondo, un materiale di scambio e di consumo.
Sulla scia di Nietzsche potremmo vedere in questi esseri materializzati nella figura sociale del turista esemplari dell’Ultimo Uomo. Quando Zarathustra – il portavoce di Nietzsche – decide di abbandonare il suo isolamento e di scendere verso la gente, il suo intento è quello di profondere nei suoi uditori l’orgoglio del disprezzo verso l’asservimento dell’uomo alle cose futili e mediocri. Per Zarathustra ciò che di più spregevole vi è al mondo è “l’ultimo uomo”, l’uomo asservito, avvilito che sceglie di imputridire nella palude di un benessere apparente. Come i turisti di Hanson, continuiamo a cercare qualcosa che ci gratifichi con un po’ di senso, mentre sappiamo che non ce n’è. Siamo attratti da questo nulla come una vertigine, come le popolazioni selvagge di un tempo lo erano per le potenze soprannaturali; questi esseri che non hanno mai conosciuto il turismo e la pubblicità.

LA GUERRA PROSEGUE CON ALTRI MEZZI
Più che di un trionfo dell’umanità, il turista mette in scena un trionfo sull’umanità; perché la figura del turista coincide perfettamente con quello del culturicida. I turisti in fondo rappresentano bene queste orde umane lanciate in tutto il pianeta come un proiettile a sterminare ciò che sono state le culture locali, le civiltà con i loro oggetti e i loro simboli; culture i cui scenari paesaggistici sono sottoposti alla violenza della formattazione dell’industria del divertimento, scenari predisposti al consumo onnivoro dell’esotico, resi inerti di fronte all’irruzione di massa, dove il più che “culturale” – l’arte, la storia, l’archeologia, il paesaggio ecc. – viene annientato dal peso del meno culturale o del più che brutale.
Perché, come ha scritto Hans Magnus Enzensberger, “il turismo è la parodia della mobilitazione generale. I suoi quartieri generali sono simili a stati maggiori dove si calcolano in anticipo i movimenti di truppa”.

Marcello Faletra

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Marcello Faletra

Marcello Faletra

Marcello Faletra è saggista, artista e autore di numerosi articoli e saggi prevalentemente incentrati sulla critica d’arte, l’estetica e la teoria critica dell’immagine. Tra le sue pubblicazioni: “Dissonanze del tempo. Elementi di archeologia dell’arte contemporanea” (Solfanelli, 2009); “Graffiti. Poetiche della…

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