Un’artista in copertina. Intervista a Maria Giovanna Drago

Ha studiato in una delle più autorevoli accademie d’arte al mondo, l’Akademie der bildenden Künste di Vienna, città dove ha vissuto a lungo e che ha lasciato per tornare in Italia. Qui il suo nome, nonostante diverse mostre e residenze all’estero, è quasi sconosciuto. Antimonumentale, riflessiva, indagatrice degli equilibri fragili e precari, della mutevolezza spaziale e temporale, Maria Giovanna Drago è un’artista che, grazie a tecniche e materiali originali, ci fa vedere il disegno e la pittura con altri occhi. Suggerendo anche che nulla è permanente. Al contrario, tutto è combinabile e mutevole.

Che libri hai letto di recente?
Middlesex di Jeffrey Eugenides. Ora sto leggendo contemporaneamente Lezioni americane di Italo Calvino e Correzione di Thomas Bernhard.

Che musica ascolti?
È abbastanza varia e cambia da momento a momento. Anche se a volte vado in fissa per un pezzo o per un artista e lo ascolto in loop per giorni.

I luoghi che ti affascinano.
Luoghi lontani dove sono percepibili il passaggio e la traccia dell’essere umano. I paesaggi in generale li trovo sempre molto rassicuranti per la loro vastità.

Maria Giovanna Drago, Untitled pink sketch on paintskin, 2015 – pigmento rosa e pittura acrilica, dimensione variabile

Maria Giovanna Drago, Untitled pink sketch on paintskin, 2015 – pigmento rosa e pittura acrilica, dimensione variabile

Le pellicole più amate.
Film diversi per motivi diversi. Deserto rosso di Antonioni per l’uso del colore, La doppia vita di Veronica di Krzysztof Kieślowski per il senso di dualità e rivalità. Di recente mi sono piaciuti molto I segreti di Osage County e Under the Skin.

Artisti (nel senso più ampio del termine) guida.
Cerco di guardare il meno possibile il lavoro di altri artisti per concentrarmi di più sul mio. Un riferimento del momento sono Meredith Monk, Isa Genzken e Betty Woodman.

Ti sei diplomata allo IED di Milano in moda. Hai poi lavorato come fashion designer e continui a collaborare con la moda. Come ha influenzato e continua a influenzare il tuo percorso artistico?
Il mio percorso è sempre stato caratterizzato da una certa “orgia del pensiero”. In entrambi i mondi, se così si può dire, l’autoreferenzialità è una cosa che mi disturba molto. La moda per me è un’esperienza fisica prima di essere estetica, è un’estensione dell’Io e di conseguenza anche proiezione. Lo stesso vale per l’arte. L’esperienza tattile e visiva è un continuum, un dialogo interminabile tra le due, dove materia ed estetica sono imprescindibili. Il passaggio dalla moda all’arte è avvenuto in maniera graduale. È stato il “sistema moda” a farmi allontanare da quella modalità d’espressione e a farmi avvicinare al mondo dell’arte.

Maria Giovanna Drago, NULLE PART, 2013 - stampa bianco e nero su tessuto, 45x30 cm

Maria Giovanna Drago, NULLE PART, 2013 – stampa bianco e nero su tessuto, 45×30 cm

Affermi che il tuo lavoro si concentra nello spazio ibrido tra fotografia e pittura. Mi vuoi spiegare meglio?
Intendo quello spazio dove si creano immagini, quello tra realismo e astratto. Quello spazio in cui un’immagine non è solo fotografia e un dipinto non è solo pittura, ma entrambe contemporaneamente.

Nel tuo studio a Milano lavori spesso di notte, lontana dai rumori della città.
Il silenzio è una componente necessaria per il mio lavoro, e la sera è quasi assoluto. Parte del mio processo lavorativo comprende molti momenti di attesa, e il silenzio mi aiuta a restare “dentro” il lavoro, mantenendo la concentrazione.

Molte delle tue pitture sono mutevoli, combinabili. Sembrano voler sottolineare equilibri fragili e precari, sia spaziali che temporali. 
Lo sono! M’interessa molto sottolineare la precarietà e l’effimerità della pratica. È un continuo movimento: spostare, riassemblare e creare nuove composizioni con gli stessi oggetti di partenza. Quello stesso movimento mi permette di far vivere i lavori in momenti e modi diversi, mettendo in dialogo progetti differenti.

Maria Giovanna Drago, Untitled Paintskin, 2013 - pittura acrilica, 60x115 cm

Maria Giovanna Drago, Untitled Paintskin, 2013 – pittura acrilica, 60×115 cm

I materiali e la loro superficie sono per te elementi fondamentali. La tua pittura però non è affatto materica, ma molto bidimensionale, leggera, e antimonumentale. Allo stesso tempo, le tue superfici sono leggere e – una volta accorpate e sovrapposte – si fanno quasi scultura.
Materica nella misura in cui i dipinti sono fatti di pura pittura, quindi c’è una coincidenza specifica tra immagine e materiale. La pittura diventa pellicola e acquisisce proprietà fisiche simili a quelle di un tessuto, acquistando una dimensione spaziale che va verso l’oggetto.

Stai lavorando a una serie di disegni che realizzi su carte leggerissime appoggiate a superfici fatte di farina di riso. Un minimo gesto o una lieve pressione possono cambiare tutto.
È la fase di progettazione del mio prossimo lavoro. Si tratta della serie Pigment Sketches. Le prove sono state fatte con farina di riso, per la sua consistenza. In seguito i lavori saranno costituiti da pigmenti e materiali vari ridotti in polvere raccolta nello studio e segatura ricavata dal legno. Sono campiture a colore pieno in polvere che vedo come fotografie del segno. Immortalo la loro temporalità e la loro stessa inconsistenza. Sono una possibilità, uno schizzo.

Com’è nata l’immagine inedita che hai creato per la copertina di questo numero?
L’immagine di un assemblaggio di più lavori composti insieme sovrapponendo i vari elementi. Tutto ruota in torno alla mia idea di pittura e alle sue diverse forme.

Daniele Perra

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #25

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Daniele Perra

Daniele Perra

Daniele Perra è giornalista, critico, curatore e consulente strategico per la comunicazione. Collabora con "ICON DESIGN", “GQ Italia”, “ULISSE, "SOLAR" ed è docente allo IED di Milano. È stato fondatore e condirettore di “unFLOP paper” e collaboratore di numerose testate…

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