Terrazza, ovvero la nuova arte italiana. Tra fallimenti ed exploit

Il sistema dell’arte in Italia ha tracciato, negli ultimi dieci anni, una nuova geografia in mutazione. Cosa ne viene fuori? A che punto sono le nuove generazioni di artisti? Dove sta andando l’arte italiana? Un volume prova a capirci qualcosa. Ma tra grandi assenti e criteri poco chiari, la sfida non è del tutto vinta…

Un punto di vista privilegiato. Un luogo d’osservazione ideale, tale da consentire l’esercizio di uno sguardo ampio, disteso sulla scena. E se la scena è quella dell’arte italiana degli ultimi dieci-quindici anni, la necessità di ricavarsi – in assenza di adeguata distanza storica – la giusta serenità di giudizio, capacità comparativa e incisività d’analisi, diventa una sfida che pesa.
Quel luogo hanno voluto immaginarlo come una terrazza. Elemento architettonico connesso all’idea di altezza, di visione, di apertura. Niente di meglio per comunicare il senso di questa “panoramica” sull’arte delle ultime generazioni, che Laura Barreca, Andrea Lissoni, Luca Lo Pinto e Costanza Paissan hanno condotto nel corso degli ultimi due anni. Pubblicato da Marsilio, prodotto da Civita e Quadriennale di Roma, Terrazza. Artisti, storie, luoghi in Italia negli anni zero è un volume di cinquecento pagine, con cinquecento illustrazioni a colori, utile a mettere a fuoco movimenti, talenti, intuizioni, contaminazioni che hanno animato questi primi anni del nuovo millennio.
Anni di cambiamenti, di energie, di esperimenti, di nuovi sistemi di relazioni, intessuti dentro e oltre il territorio nazionale. Ma anche anni di grande disillusione. In cui la crisi economica e quella politica hanno consegnato alle ultime generazioni il senso di una progressiva caduta: i musei depotenziati, dopo l’iniziale exploit, le gallerie costrette a confrontarsi con un mercato in difficoltà, il non profit e le riviste, spesso luoghi di vera ricerca dal basso, stritolati dall’assenza di fondi e di meccanismi virtuosi.
 Capire cosa è venuto fuori, sul piano dell’elaborazione estetica, concettuale, linguistica, è la priorità di chi scrive e indaga sul presente.

Luca Trevisani, Interval Training - Mehdi Chouakri, Berlino

Luca Trevisani, Interval Training – Mehdi Chouakri, Berlino

Terrazza riesce nell’impresa? Non esattamente. Pensato come strumento di lavoro e di informazione, il volume non punta certo a esaurire il discorso – per sua natura molteplice ed aperto – ma nemmeno lo coglie a piene mani.
 Tra la prima parte, in cui scorrono senza ordine né separazione riviste, spazi non profit, gallerie, collettivi, e la seconda, in cui sono elencati gli artisti, ognuno con una foto e una scheda critica, si prova a delineare un unico contesto disorganico, complesso, frammentato, dipinto come l’humus dell’arte italiana negli Anni Zero. La scelta è quella di non usare criteri classificatori, compartimenti stagni, cornici rigide e approcci archivistici tout court. Proprio per dare il senso di una immersione, di una percezione: non tanto un compendio ragionato, quanto la rappresentazione di un mood, di una temperatura, tra sprazzi di vitalità raccolta e restituita, in modalità random, nel cuore di una stagione difficile.

Lara Favaretto, Just Knocked Out - MoMAPS1

Lara Favaretto, Just Knocked Out – MoMAPS1

A farne le spese, però, è la chiarezza. Non è agevole la consultazione – soprattutto della prima sezione – che affastella in un unicum indistinto soggetti e oggetti diversissimi tra loro, e non è chiaro come e su quali basi siano stati scelti nomi, realtà, esperienze. È così che saltano agli occhi i tanti assenti, spesso più che ingiustificati – artisti, spazi, ma anche linguaggi: dov’è finita la pittura? Che ne è della street art? – mentre pare delinearsi più una selezione dettata dai gusti degli autori. Cosa lecita, ma che andrebbe dichiarata, senza passare dall’ipotesi della mappatura scientifica.
 Ne viene fuori un ritratto di un’Italia dell’arte identificabile con un certo sistema rodato e conosciuto, inevitabilmente circoscritto e assimilabile a un milieu (di rapporti personali, istituzionali, di potere o di mercato) dai connotati esatti. Il resto, il margine, l’eccentrico, il sommerso, ma anche quelle eccellenze che abitano il sistema da posizioni e postazioni più elastiche, sembrano lasciate sul fondo. Al netto di qualche rassicurante eccezione.
A mancare, infine, è una lettura profonda delle dinamiche che stanno animando questo passaggio storico controverso, consegnatosi alla decadenza a impantanatosi tra le maglie di un diffuso manierismo. Con tutte le eccellenze e i picchi di genialità inclusi nel pacchetto.

Francesco Arena – 92 centimetri su oggetti (la ringhiera di Pinelli), 2009. Foto Massimo Valicchia. Courtesy Galleria Monitor – Roma

Francesco Arena – 92 centimetri su oggetti (la ringhiera di Pinelli), 2009. Foto Massimo Valicchia. Courtesy Galleria Monitor – Roma

La parte introduttiva, affidata a una conversazione a quattro – formula intrigante, ma per sua natura veloce e caotica – sfiora alcune questioni dirimenti ma non si addentra nel magma, bucando la possibilità di formulare un’ipotesi di lettura organica del presente, che possa connettersi al passato e magari prefigurare un’idea di futuro immediato. Dove sta andando (o dove si è fermata) l’arte italiana? Quanto abbiamo dimenticato di noi? Quanto è necessario ritrovare e quanto dimenticare ancora? Cosa c’è oltre il circuito collaudato? Quali urgenze e quali linee di linguaggio emergono? Quali falle e quali virtù, nell’impalcatura che regola relazioni, dinamiche, approcci politici e di comunicazione? Quali nuove forme e quali vecchie maniere? Che ruolo e che efficacia reale hanno i tanti premi fioriti sul territorio? Perché tante meteore lanciate dal sistema e subito implose? Dove finisce il politically correct e dove inizia la rottura dei codici? È possibile parlare ancora di arte italiana, in un contesto globale che è altresì dilaniato da insistenti rivendicazioni identitarie? E se sì, in che termini?
Troppi i nodi cruciali schivati. Un’appendice saggistica strutturata, orientata su alcuni temi chiave, avrebbe consentito al progetto – per altro nato in seno a un’Istituzione storica, con finalità di promozione culturale e di conservazione scientifica, quale la Quadriennale – di decollare con ben altra forza.
Terrazza, in definitiva, si racconta come un’occasione, con tutti i suoi limiti e i suoi buoni propositi. Un’esperienza intensa, ma anche “evanescente”, per ammissione degli stessi autori. Andrea Lissoni, con la consueta lucidità, nel commentare gli esiti del progetto, conclude: “Per come è rischiamo di essere troppo porosi, cioè temo che rischiamo di essere evanescenti. Ma forse è una condizione di questi tempi. E ci tocca accettarla”. L’amarezza di questa chiosa racchiude in sé tutta l’ebbrezza e la malinconia del fallimento, con le sue ragioni date ed il suo superamento potenziale. Immagine che resta, probabilmente, la cifra di una lunga stagione storico-culturale. Ed è qui, a ben guardare, che si fa spazio un suggerimento possibile ed estremo. Una riflessione sul fallimento: in termini storici, linguistici, estetici, sociali, tra consapevolezza e riscatto. L’arte italiana, forse, riparte da qui.

Helga Marsala

Laura Barreca, Andrea Lissoni, Luca Lo Pinto e Costanza Paissan – Terrazza. Artisti, storie, luoghi in Italia negli anni zero
Marsilio, Venezia 2014
Pagg. 496, € 45
ISBN 9788831715119

http://www.marsilioeditori.it/libri/scheda-libro/3171511/terrazza
http://www.quadriennalediroma.org/

 

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

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