L’arte fra carta e paradossi. Intervista a Tobias Rehberger

Tedesco, versatile e soprattutto bravo. È uno degli artisti più interessanti del panorama contemporaneo. Ha vinto il Leone d’Oro come miglior artista durante la Biennale del 2009 (quella di Daniel Birnbaum che, nel suo saggio “Cronologia, tempo identità nei film e video degli artisti contemporanei”, di lui parla in toni davvero entusiastici). Stiamo parlando di Tobias Rehberger, che dal 19 settembre è a Roma, al Macro, con la mostra “Wrap it Up”. E ce la racconta, oggi, in un'intervista esclusiva per Artribune.

Wrap it Up è la tua prima mostra solo di opere su carta. A che periodo appartengono?
Sì, questa mostra è la mia prima tutta di lavori su carta. Non c’è un gap temporale. Le opere provengono da fonti diverse. Ci sono lavori realizzati dal 1991 al 2003, che prevalentemente appartengono alla Deutsche Bank Collection, cui si aggiungono opere dal 2004 a oggi provenienti da altre collezioni.

Tra installazioni, lampade e video, dov’è possibile identificare l’aspetto più intimo della tua produzione?
Credo che siano proprio i lavori su carta, se per intimo si intende stare soli con se stessi. I lavori su carta infatti sono la tecnica e la parte del mio lavoro in cui le altre persone hanno l’influenza minore.

I tuoi lavori dialogano spesso con l’ambiente circostante. Anche in questa mostra accade?
Se i miei lavori non dialogassero tra loro, non sarebbero un’opera d’arte a tutti gli effetti. A me esprimono molto… agli altri non saprei.

Un altro aspetto importante della tua produzione è il processo di sovversione delle strutture convenzionali. È qualcosa di presente anche in Wrap it Up?
Penso che le mie opere su carta abbiano le stesse caratteristiche di tutti gli altri miei lavori. Forse, per comprendere al meglio questo aspetto, è necessario osservare le opere più da vicino e sviluppare un senso di maggiore ascolto, come quando si sussurra a un amico.

Tobias Rehberger - Wrap it Up - foto di Giorgio Benni

Tobias Rehberger – Wrap it Up – foto di Giorgio Benni

E cosa ci dici sul tema del gioco… il tuo lavoro ha un tipico aspetto ludico. Quanto è importante il ruolo del bambino e le sue reazioni rispetto a quelle degli adulti e degli addetti ai lavori?
Per me si tratta semplicemente di prospettive diverse. Giocosità significa provare, per gli adulti così come per i bambini e gli esperti. Il punto è che l’arte è tutta una prova e un provino, ma allo stesso tempo è anche una realtà esistente. È proprio questo paradosso una delle ragioni che rende l’arte così grande.

Alessandra Fina

Roma // fino all’11 gennaio 2015
Tobias Rehberger – Wrap it Up
a cura di Friedhelm Hütte
Catalogo Skira
MACRO
Via Nizza 138
06 671070400
www.museomacro.com

 

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Alessandra Fina

Alessandra Fina

Vive a Roma. Ha conseguito la laurea magistrale in Curatore d’arte contemporanea presso l’Università La Sapienza. Ha curato mostre in spazi pubblici e privati (Villa Torlonia, Caffè Letterario Roma ecc). Ha lavorato presso Palazzo delle Esposizioni come operatore didattico e…

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