Marco Trevisan nuovo managing director di Christie’s Italia. Intervista

Lo avevamo lasciato alla direzione delle edizioni italiane del network Affordable Art Fair. Ora Marco Trevisan è passato alla casa d’aste Christie’s, nel ruolo di managing director. Per capire meglio quale sarà il ruolo, e soprattutto il futuro delle aste in Italia, lo abbiamo intervistato.

Ti conosciamo, tra le altre cose, per la tua esperienza come colui che ha portato in Italia le fiere di Affordable Art Fair, a Milano e anche a Roma. Ma raccontaci rapidamente più nel dettaglio la tua carriera fino a qui.
Mi occupo di arts management da più di quindici anni. Dopo una laurea in Economia Aziendale a fine Anni Novanta a Ca’ Foscari a Venezia, ho deciso di dedicarmi a tale attività per interesse e passione personale, in anni nei quali dovevano ancora nascere quella moltitudine di corsi e master di economia dell’arte che oggi caratterizzano – forse troppo – l’offerta formativa italiana. Ho lavorato per una fondazione (Zabarella a Padova), una galleria (Photology a Milano) e un giornale (Il Sole 24 Ore), per poi vivere un’esperienza chiave nel mio percorso, essendo stato per alcuni anni il responsabile delle relazioni corporate per la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia. Mi piacciono le sfide, quindi poi ne ho accettate altre: occuparmi di progetti speciali di fotografia per Contrasto e contribuire alle sponsorizzazioni del Centro Forma, concepire e coordinare un master in cultural planning per lo IED di Venezia e trasferirmi a New York per due anni per FMR. In quel periodo mi sono occupato, in qualità di communication & marketing manager, del lancio delle riviste in Usa e del progetto book wonderful. A New York ho conosciuto la realtà Affordable Art Fair e ho proposto di portare il progetto in Italia, organizzando quattro edizioni a Milano e una a Roma.

Come nasce il passaggio dall’esperienza di Affordable Art Fair all’incarico di managing director di Christie’s?
Christie’s da un po’ di tempo cercava il nuovo managing director che andasse a sostituire Clarice Pecori Giraldi, oggi responsabile EMERI Private Sales per Christie’s a Londra.

Marco Trevisan, ex direttore di AAF ora a Christie's

Marco Trevisan, ex direttore di AAF ora a Christie’s

Come è capitato il link tra voi?
Quasi per caso, poi la società si è interessata a un profilo come il mio che potesse portare energia ed esperienze nuove, ed è proprio per questo che la scelta è ricaduta su qualcuno che non venisse dal mondo delle aste.

Qual è l’elemento più significativo che ti porterai nel nuovo lavoro dall’esperienza fatta di direttore di fiera?
Probabilmente un’attitudine allenata al creare nuove opportunità e nuovi stimoli al mercato, a volte dove non esistono o sono latenti. Con un’attenzione particolare alle sinergie con altre organizzazioni e realtà imprenditoriali da una parte, e con i giovani collezionisti dall’altra.

Torniamo alla tipologia del tuo incarico. Managing director, dunque? Che incarichi hai? Sei il numero due dell’Italia? Quali sono i tuoi compiti principali dentro Christie’s?
Mi aggiungo alla chairman, Mariolina Bassetti, la quale è anche international director del dipartimento di Post War & Contemporary Art. Quindi avrò mansioni più legate alla sede italiana, che ha uffici a Milano e Roma, di coordinamento, staff management e sviluppo. Cercando anche di supportare gli altri dipartimenti, oltre quello diretto da Mariolina, che sta andando molto bene negli ultimi anni.

Christie’s appare sempre più interessata a reperire importanti opere d’arte in Italia da vendere durante le Italian Sales. Immagini che le aste in Italia andranno a scomparire? O invece magari, al contrario, puntate a far tornare a due gli appuntamenti nella sede di Milano?
È indubbio che negli ultimi anni il mercato delle grandi aste, non solo di Christie’s, si è focalizzato sulle grandi piazze internazionali, Londra e New York soprattutto. È presto per dire se le aste in Italia torneranno a essere più di una. Ma l’Italia continua a essere un luogo importante di reperimento di opere di valore. Inoltre c’è lo spazio per far crescere anche altri dipartimenti, oltre a quello di arte moderna e contemporanea, che ha portato ottimi risultati negli ultimi anni. Christie’s sta anche puntando sullo sviluppo delle private sales, per un servizio in alcuni casi più personalizzato a venditori e compratori.

Un'asta Christie's a New York

Un’asta Christie’s a New York

La grande crisi italiana degli ultimi sei anni ha avuto quali conseguenze sulle case d’asta e su Christie’s in particolare? Da una parte sicuramente meno acquirenti italiani, dall’altra tanto materiale di altissima qualità che i collezionisti italiani si sono trovati a dover liquidare, con grandi affari per chi, come voi, è incaricato a gestire la transazione…
Come dicevamo prima, il mercato è cambiato, i grandi compratori vanno alle aste nei grandi centri d’arte contemporanea, e l’Italia è diventata più un Paese di venditori che di compratori. Nel caso di Christie’s, questo ha comportato anche qualche adattamento nella struttura organizzativa, con più specialisti internazionali che viaggiano in Italia per valutare opere interessanti. Inoltre alcuni dipartimenti hanno registrato nuovo vigore, quando molti hanno capito che potevano affidarci per vendite all’estero gioielli, orologi, oggetti di arte cinese…

Come vedi il mondo delle aste in rapporto alla tecnologia? Il momento-asta, l’esperienza-asta si andrà smaterializzando sempre di più oppure la tradizione e la magia della sala, dei posti a sedere, del battitore non rischia di andare smarrita?
Credo che l’eccitazione della sala ancora sia importante, specie su lotti di particolare valore. Gli altri canali fungono più da supporto in questi casi. Sicuramente ci sarà un incremento in futuro delle vendite online, anche tramite asta, ma penso ancora su livelli di prezzo contenuti.

Il tuo ruolo ti vedrà molto a contatto con i clienti, con i collezionisti. Che opinione ti sei fatto del collezionismo italiano in questi anni? Su questo, forse, siamo ancora un Paese piuttosto unico, no?
I fattori che hanno portato a far sì che gli italiani cercassero di far valutare opere di vario genere che avevano in casa, hanno fatto emergere ancora una volta il buon gusto e le capacità artistiche che ci sono nel nostro Paese. Ovviamente con molti distinguo. Si scoprono capolavori nascosti di ogni genere.

Nascosti magari a causa di paure fiscali. O burocratiche.
Già. Come sappiamo l’Italia è anche sopraffatta dalla burocrazia, e i limiti che vengono posti – vedi diritto di notifica e licenze di esportazione – a volte fanno sì, per paradosso, che i lavori rimangano nascosti invece di essere valorizzati a livello internazionale.

Parliamo anche del mercato Italiano. Qual è la tua view per i prossimi dodici mesi?
Per quanto ci riguarda, l’arte italiana del dopoguerra, specie degli Anni Cinquanta e Sessanta, sta andando ancora bene. Alle nostre aste milanesi partecipano anche molti compratori internazionali. L’andamento del mercato, inoltre, non va letto solo in relazione al prezzo, ma anche alla qualità. La tendenza, non solo italiana, è sempre più quella di portare in asta pezzi di qualità, frutto di ricerca. L’interesse da parte dei collezionisti, sia vecchi che nuovi, è sempre alto, ma sono alla ricerca di pezzi di valore e con un significato per la loro collezione. Del resto, non bisogna dimenticare che ciò che spinge a comprare arte è innanzitutto la passione.

Massimiliano Tonelli

www.christies.com

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Massimiliano Tonelli

Massimiliano Tonelli

È laureato in Scienze della Comunicazione all’Università di Siena. Dal 1999 al 2011 è stato direttore della piattaforma editoriale cartacea e web Exibart. Direttore editoriale del Gambero Rosso dal 2012 al 2021. Ha moderato e preso parte come relatore a…

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