Pasolini e la pittura. Una mostra al Castello Carlo V di Lecce

La dimensione pittorica come prospettiva dell’opera del “poeta civile” Pier Paolo Pasolini: l’influenza dell’arte figurativa nella poetica del più onesto, rigoroso ed eclettico intellettuale del Novecento italiano. Nella mostra antologica “L’universo di Pier Paolo Pasolini. Arte e bellezza da Giotto a Patty Smith” al Castello Carlo V di Lecce.

È l’arte figurativa, in particolare la pittura, il fulcro irradiante dell’opera cinematografica di Pier Paolo Pasolini. L’influenza dell’arte nella poetica del più generoso ed eclettico intellettuale del Novecento italiano è la prospettiva tematica della mostra L’universo di Pier Paolo Pasolini. Arte e bellezza da Giotto a Patty Smith.
Il mio gusto cinematografico”, dichiarò Pasolini, che studiò Estetica delle Arti figurative all’Università di Bologna con Roberto Longhi, “non è di origine cinematografica ma figurativa. Quello che ho in testa come visione, come campo visivo, sono gli affreschi di Masaccio, di Giotto, che sono i pittori che amo di più; assieme a certi manieristi (per esempio il Pontormo). E non riesco a concepire immagini di paesaggi, composizione di figura, al di fuori di questa mia iniziale passione pittorica”.
Ecco, dunque, il particolare approccio espositivo adottato per la concezione della ricca antologica,promossa dal Raggruppamento Temporaneo di Imprese e che s’inserisce nella programmazione per la candidatura di Lecce a Capitale europea della cultura. In mostra riproduzioni di capolavori della grande tradizione pittorica trecentesca e quattrocentesca italiana accostati a frame di film di Pasolini – che risultano valorizzati da sofisticati lightbox – quali il Cristo del Mantegna e L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci per Mamma Roma (1962), la Deposizione dalla Croce di Rosso Fiorentino per La Ricotta (1963), il Giudizio Universale di Giotto per il Decameron (1971); una serie di disegni in cui il regista rivela la sua abilità di ritrattista, con alcuni autoritratti; documenti video e audio, libri di poesia e narrativa, opere teatrali; le testimonianze della sua carriera pittorica, supportata da appunti e documenti in libera consultazione. In programma all’interno dell’evento espositivo, inoltre, le proiezioni, ogni sabato sera, di alcuni film di Pasolini in versione integrale e la possibilità di ascoltare le canzoni scritte da Pasolini e interpretate da Laura Betti in un salottino dedicato.

Andrea Mantegna, Cristo morto, 1475-78, tempera su tela, Pinacoteca di Brera, Milano

Andrea Mantegna, Cristo morto, 1475-78, tempera su tela, Pinacoteca di Brera, Milano

La profondità, l’eclettismo e la statura intellettuale del “Rimbaud senza genio”, come si autodefiniva a volte Pasolini, che assunse il poeta francese a simbolo stesso della poesia, è testimoniata inoltre dall’apprezzamento della sua opera a livello internazionale: eloquente è infatti lo scatto di Lynn Goldsmith a Patty Smith e il video nel quale la cantante narra la sua scoperta dei film di Pasolini a New York: “Pasolini a New York negli Anni Sessanta era considerato un maestro da tutti noi”, ha affermato l’artista. “Andare a vedere i suoi film era un rito. Ricordo che una volta mi recai al cinema con il mio amico Mapplethorpe e in sala si erano già sistemati Warhol, Morrissey, tutti i poeti che come noi lo studiavano e si ispiravano a lui”. Altra parte integrante della mostra antologica è composta da una serie di scatti di Roberto Villa, che ha documentato i cento giorni di riprese sul set cinematografico de Il Fiore delle Mille e una notte (1964). Le opere di Villa rientrano in una ricca collezione fotografica richiesta dalle grandi cineteche internazionali, tra cui la Cineteca di Bologna, la Cinemateca di Buenos Aires, il Museo Imagem e do Som di Sao Paulo del Brasile, il MoMA di New York.
È dalla passione per l’arte, oltre che per la filologia romanza, dunque, che nasce la visione pittorica delle inquadrature nella poetica cinematografica di Pasolini, che visse la pittura anche da artista, non solo da studente. A questo proposito il critico Enzo Siciliano, biografo del poeta, ricorda che una delle particolarità di Pasolini pittore – che fu “ossessionato” da Las Meninas di Velázquez e che interpretò Giotto in Decameron – era quella di “volersi reinventare i colori, usando petali di fiori, aceto di vino rosso, cera sgocciolata”: “Quando Roberto Longhi vide il ‘Vangelo’ [‘Il Vangelo secondo Matteo’ (1964), N.d.R.]”,scrive Siciliano,“procurò a Pasolini una gioia immensa dicendogli che ‘il suo Cristo esce verso il mondo con l’impeto di un’impressionista che esce dallo studio per andare a dipingere all’aperto’”. “In ‘Accattone’ (1961) e poi in ‘Mamma Roma’ (1962)”, spiega il critico e biografo, “Pasolini potrà finalmente fare a meno della mediazione della scrittura e catturare direttamente con la macchina da presa le facce vere dei sottoproletari, i muri veri della borgata Gordiani, il risultato figurativo sarà una citazione continua del Masaccio, anzi, dalle diapositive in bianco e nero degli affreschi di Masaccio che Longhi proiettava in classe a Bologna durante un suo corso famoso”.

Roberto Villa, Pier Paolo Pasolini, 1973, Persia, Iran, Murcheh Khvort

Roberto Villa, Pier Paolo Pasolini, 1973, Persia, Iran, Murcheh Khvort

Il “piccolo poeta civile degli Anni Cinquanta”, come egli stesso si definisce nel romanzo incompiuto La Divina Mimesis, ritrae le contraddizioni del reale con rigore, onestà intellettuale, coraggio, passione politica ed estrema sensibilità, spaziando tra i diversi linguaggi dell’arte – dalla letteratura al cinema, dalla musica alla pittura, dal giornalismo alla poesia. Riconoscendo e rivelando nella loro “fattità”, senza orpelli e ipocrisie borghesi, le contraddizioni che caratterizzano il sistema neo-capitalista. Prima fra tutte l’omologazione, la massificazione inesorabile che ruba l’innocenza alla coscienza collettiva, catapultando l’individuo nell’inconsapevolezza. L’io, esiliato dal mondo, può tentare di riappropriarsene solo esprimendolo attraverso un “ritorno alle origini”, alle civiltà antiche. Nella sua opera, stigmatizza Enzo Siciliano, “Pasolini rifiuta la consolazione dell’elegia: il ‘mondo della normalità’ neo-capitalistica non si lascia né amare né comprendere, si stende come un’immensa nuova ‘preistoria’, un magma ostile e affascinante nel suo orrore”.

Cecilia Pavone

Lecce // fino al 2 novembre 2014
L’universo di Pier Paolo Pasolini. Arte e bellezza da Giotto a Patty Smith
a cura di Gianni Canova, Silvia Borsari, Paola Rampini
CASTELLO CARLO V
Via XXV luglio
0832 246517
www.ventundodici.com

MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/36292/luniverso-di-pier-paolo-pasolini/

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Cecilia Pavone

Cecilia Pavone

Cecilia Pavone, storica e critica d’arte, curatrice indipendente, giornalista professionista, è nata a Taranto ed è laureata in Filosofia all’Università degli Studi di Bari. La sua ricerca verte sulla fenomenologia artistica contemporanea e sulla filosofia dell’arte. Scrive su riviste specializzate…

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