Richiesto, ma in declino. Che fine farà il balletto in Italia?

Piovono denari - meno di prima, ma continuano a piovere - sui teatri lirici, mentre al balletto restano le briciole. E dire che si tratta di un comparto dove la domanda resta vivacissima. Basterebbe un po’ d’impegno per metterlo in condizione di rappresentare un ambito economicamente sostenibile.

In queste ultime settimane la stampa ha parlato molto di arte, cultura e spettacolo dal vivo a seguito del “Decreto Franceschini”, approvato il 23 maggio scorso. Molto si è discusso dell’Art Bonus (in cantiere sin dal lontano 1985) e dell’aumento della dotazione del FUS – Fondo Unico per lo Spettacolo, che fornisce una boccata di sollievo a numerose fondazioni liriche, soprattutto a quella di Roma, che assume un nuovo nome (Teatro dell’Opera di Roma Capitale) e ricapitalizza la propria dotazione, non senza avere adottato una severa cura dimagrante.
In questo quadro quasi non si è parlato del balletto, che numerose fondazioni liriche stanno gradualmente dismettendo, senza sostituire i coreuti che vanno a riposo. In effetti, solamente il Teatro alla Scala a Milano e il Teatro dell’Opera di Roma Capitale sono dotati di étoile, primi ballerini, ballerini, corpo di ballo, scuola per futuri coreuti. Nei loro magazzini hanno anche una dotazione di allestimenti di repertorio. Il costo di tutto ciò si aggira sui 10 milioni di euro l’anno.
Di pari passo con il declino del balletto in numerosi teatri d’opera, nascono e lavorano compagnie private (dove sovente la parte musicale è su nastro magnetico, non dal vivo). Solo a Roma un teatro (che un tempo era un cinema-teatro) lavora quasi esclusivamente con compagnie private di balletto. Altri due ne ospitano con frequenza. Ma i dati Siae suggeriscono che, in questi anni di crisi, il balletto è uno dei pochi comparti del settore spettacolo il cui pubblico pagante è aumentato. Ciò prova che c’è una domanda che potrebbe essere soddisfatta con un’accurata circuitazione presso altre fondazioni liriche. Si tratta di un repertorio di lusso.

Alessandro Macario ne "La bella addormentata nel bosco"

Alessandro Macario ne “La bella addormentata nel bosco”

Prendiamo La bella addormentata di Pëtr Il’ič Čajkovskij, che a Roma viene rappresentato ogni due-tre anni. La prima di questa primavera è avvenuta proprio la sera del 23 maggio, data dell’approvazione del decreto. L’allestimento risale al 2002 ed è una vera gioia per gli occhi. Il semplice impianto con tele dipinte (dal pittore Aldo Buti) fa sì che lo spettacolo possa agevolmente essere presentato – come avviene – anche in altri teatri. Si alternano tre cast di esperienza: ottimi i due protagonisti (Adiarys Almeida e Alessandro Macario). L’aspetto significativo è la concertazione di David Garforth. Sul palcoscenico le scene tradizionali, i ricchi costumi e l’elegante coreografia mostrano a tutto tondo una fiaba per l’aristocrazia zarista (siamo nel 1890), in buca Garforth estrae l’inquietante natura di una partitura composta quando il compositore era nel pieno della deriva che in meno di tre anni lo avrebbe portato al suicidio. La fiaba si svolge in clima macero e morboso, fortemente erotico, con premonizioni di morte.
In breve, uno spettacolo che merita non solo di apparire con frequenza a Roma, ma di circolare su altri palcoscenici. Le fondazioni lirico-sinfoniche sono una dozzina e con un po’ di programmazione si potrebbe arrivare a un cartellone nazionale per un comparto dello spettacolo dal vivo dove la domanda non fa difetto.

Giuseppe Pennisi

www.teatroallascala.org
www.operaroma.it

 

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Giuseppe Pennisi

Giuseppe Pennisi

Ho cumulato 18 anni di età pensionabile con la Banca Mondiale e 45 con la pubblica amministrazione italiana (dove è stato direttore generale in due ministeri). Quindi, lo hanno sbattuto a riposo forzato. Ha insegnato dieci anni alla Johns Hopkins…

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