Italian Area. Luca Rossi dà i voti agli artisti (A-C)

“Italian Area è l'archivio storico del centro Viafarini/Care Of a Milano. Una volta più selettivo, oggi, in linea con gli ultimi Padiglioni Italia alla Biennale di Venezia, ha deciso di mettere dentro tutti. Forse anche per evitare le solite critiche del rompiballe di turno, come il sottoscritto”. A scrivere è Luca Rossi. E questi sono gli artisti selezionati, quelli le cui iniziali del cognome vanno dalla A alla C. Seguiranno aggiornamenti alfabetici…

I giudizi che leggerete sono relativi alla opere degli artisti e non agli artisti come persone. La tendenza a una negatività di giudizi trova le responsabilità solo in parte negli artisti. Al 60% la responsabilità è da imputare a un sistema che in questi ultimi vent’anni non ha saputo formare, stimolare e promuovere adeguatamente.

A12 - Groot Vijversburg, 2011

A12 – Groot Vijversburg, 2011

A12

Architettura e arte. Tutto poco a fuoco. In fondo tutto potrebbe essere interessante, un vaporetto biblioteca alla Biennale di Venezia o la casa-bosco nel centro di Milano per salvare il mondo. Si tratta di strategie postmoderne che diventano funzionali ai problemi che si vorrebbero risolvere. Come se la Cina organizzasse la più grande fiera per la difesa del pianeta. Sicuramente sono emersi in tempi non sospetti; se fossero stati americani, sarebbero stati portati in trionfo più volte.

Voto 4,5

Alis-Filliol - Occupare il minor spazio possibile, 2010

Alis-Filliol – Occupare il minor spazio possibile, 2010

Alis/Filliol

Il ritorno al lavoro manuale, al materico, al corpo come peso concreto e grave. Spesso però il risultato finale rielabora ancora gli Anni Sessanta-Settanta e in particolare l’Informale. Seguono o sono loro malgrado una moda, forse intuita un attimo prima che fosse così manifesta.

Voto 5

Meris Angioletti - The Curious and The Talkers, 2010. Courtesy Galleria Di Caro, Salerno

Meris Angioletti – The Curious and The Talkers, 2010. Courtesy Galleria Di Caro, Salerno

Meris Angioletti

Mainstream internazionale a manetta. Molti sonori. Teorie psicologiche, possibilmente d’inizio secolo. Non ci siamo.

Voto 3

Francesco Arena - Mare della tranquillità, 2013. Foto Martin Argyroglo. Courtesy Galleria Monitor, Roma

Francesco Arena – Mare della tranquillità, 2013. Foto Martin Argyroglo. Courtesy Galleria Monitor, Roma

Francesco Arena

La problematica politica o sociale che diventa feticcio. Celletta di Aldo Moro, terra che occupa le foibe a formare obelischi, il percorso fatto dall’anarchico che diventa la riga sul pavimento ecc. Il gioco va bene una volta ma poi stanca, anche se si contorce in soluzioni formali impreviste.

Voto 4

Stefano Arienti - Canada, 2010. Courtesy Galleria Massimo Minini, Brescia

Stefano Arienti – Canada, 2010. Courtesy Galleria Massimo Minini, Brescia

Stefano Arienti

Sicuramente ha portato una ventata fresca in un certo fare poverista. Con semplicità si può fare, se non proprio tanto, qualcosa. Arte Povera Anni Novanta.

Voto 6

Micol Assaël - Mindfall, 2007. Courtesy Zero..., Milano

Micol Assaël – Mindfall, 2007. Courtesy Zero…, Milano

Micol Assaël

Sembra la figlia di Pier Paolo Calzolari. Arte Povera 2000. Sottili inquietudini in piccoli padiglioni che sembrano un “luna park per adulti”. Molto aiutata da buone PR.

Voto 4,5

Yuri Ancarani - Vicino al cuore, 2007

Yuri Ancarani – Vicino al cuore, 2007

Yuri Ancarani

Documentarista sofisticato. Che può anche non essere poco. Anche con una certa pulizia specifica, che ha un certo suo sapore. Manca una presa di posizione. Da quando San Maurizio Cattelan ha capito che ne poteva avere bisogno, tutti i favori per lui. Ma San Maurizio sa che una certa pulizia surrealista, a forza di guardarla diventa sempre “interessante”. Lui dice che la cosa non ha cambiato molto, ma non è assolutamente vero: basta guardare il felice caso da arte a cinema di Steve McQueen.

Voto 5

Mario Airò - Il Vago, 2005. Courtesy Galleria Massimo De Carlo, Milano

Mario Airò – Il Vago, 2005. Courtesy Galleria Massimo De Carlo, Milano

Mario Airò

Stefano Arienti del micro spostamento, del micro ready made… della micro poesia. Però finisce per essere inconsistente e anche poco a fuoco.

Voto 4,5

Giorgio Andreotta Calò - Untitled, 2007

Giorgio Andreotta Calò – Untitled, 2007

Giorgio Andreotta Calò

Anche lui remixa codici del passato, giocando con un immaginario, mentre avremo bisogno di modi. Perché non Harry Potter? Spesso troppo debitore di Long o Matta-Clark. Biennale 2011 pesantemente insufficiente, con la sua voce retorica che spiegava il lavoro, che era una passeggiata dall’Olanda a Venezia. Se è una passeggiata non va raccontata, se no è un racconto in filo diffusione. Molto aiutato dalle pubbliche relazioni. Ultimamente sempre più retorico e legato a codici passatisti o immaginari cupi e un po’ tristi.

Voto 4,5

Salvatore Arancio - An Activ Volcanic Summit in the Valley of Stones, 2010, Courtesy Galleria Federica Schiavo, Roma

Salvatore Arancio – An Activ Volcanic Summit in the Valley of Stones, 2010, Courtesy Galleria Federica Schiavo, Roma

Salvatore Arancio

Ikea evoluta non consapevole, spesso pretenziosa. In salsa giovane Indiana Jones.

Voto 3,5

Francesco Barocco - Senza Titolo, 2012. Courtesy Norma Mangione Gallery, Torino

Francesco Barocco – Senza Titolo, 2012. Courtesy Norma Mangione Gallery, Torino

Francesco Barocco

Ennesima elaborazione degli Anni Sessanta-Settanta-vintage. A volte con buoni risultati artigianali. Sembra veramente di vedere l’Arte Povera: possibile che questi giovani riescano solo a esprimersi come i loro nonni? Problema generazionale? Inconsapevolezza o facile moda?

Voto 4,5

Emanuele Becheri - Untitled #7, 2007

Emanuele Becheri – Untitled #7, 2007

Emanuele Becheri

Anche lui giovane Indiana Jones, il riferimento all’Informale Anni Sessanta-Settanta è imbarazzante: non se ne può più!

Voto 4

Elisabetta Benassi - Obscured by Clouds, 2009. Courtesy Magazzino d'Arte Moderna, Roma

Elisabetta Benassi – Obscured by Clouds, 2009. Courtesy Magazzino d’Arte Moderna, Roma

Elisabetta Benassi

Nelle promesse Anni Novanta, anche lei vittima di un certo sistema. Non ha mai avuto una linea coerente, cose a caso. Oggi potrebbe dire: datemi un archivio storico e vi solleverò il mondo.

Voto 3

Valerio Berruti - Pose, 2004

Valerio Berruti – Pose, 2004

Valerio Berruti

Tutto sommato onesto, quantomeno più coraggioso nell’essere conservatore e passatista. Nel senso che protegge un tratto semplice che si vuol far voler bene. Se i prezzi lievitano, rischio Ikea evoluta molto alto.

Voto 4,5

Luca Bertolo - Maquis, 2012

Luca Bertolo – Maquis, 2012

Luca Bertolo

La pittura è la seconda via. La cornice costringe necessariamente a consapevolezza.

Voto 6.

Botto e Bruno - Deep End, 2012

Botto e Bruno – Deep End, 2012

Botto e Bruno

Le loro periferie si sono ormai consumate. Non se ne può più. Rimasti prigionieri di un logo.

Voto 3,5

Massimo Bartolini - Senza Titolo, 2008. Courtesy Galleria Massimo De Carlo, Milano

Massimo Bartolini – Senza Titolo, 2008. Courtesy Galleria Massimo De Carlo, Milano

Massimo Bartolini

Cose a caso sostenute da 1-2 buone pubbliche relazioni: estremamente sopravvalutato. Forse dovremmo leggerlo “Massimo De Carlo”. Re dello smart relativism, idee che vogliono essere intelligenti ma risultano scollegate e profondamente in linea con una certa prevedibilità, rispetto a quello che è considerato essere l’arte contemporanea. Ma buone pubbliche relazioni rendono, apparentemente, tutto accettabile. Molto meglio anni fa con quella piccola riflessione sullo spazio, poi perduto. Forse senza idee.

Voto 3,5

Vanessa Beecroft, VB66, 2010-2011 - Courtesy Galleria Lia Rumma Milano/Napoli

Vanessa Beecroft, VB66, 2010-2011 – Courtesy Galleria Lia Rumma Milano/Napoli

Vanessa Beecroft

Come Botto e Bruno, prigioniera di una sola idea, poi attualizzata scivolando in un certo classicismo. Ma l’idea era più buona di quella di Botto e Bruno.

Voto 5,5

Riccardo Benassi - Techno Casa - veduta della mostra presso Marsèlleria, Milano 2013 - photo Carola Merello

Riccardo Benassi – Techno Casa – veduta della mostra presso Marsèlleria, Milano 2013 – photo Carola Merello

Riccardo Benassi

Cerca di uscire da certi modelli modaioli, ma non ci riesce del tutto. Anche lui artigiano dell’arte contemporanea.

Voto 4,5

Simone Berti - Artisti che si ripetono, 2012. Courtesy Vistamare

Simone Berti – Artisti che si ripetono, 2012. Courtesy Vistamare

Simone Berti

Anche lui tra le promesse Anni Novanta, vittima di un certo sistema matrigno. Anche lui rifugiato, intelligentemente, nella pittura e in una scultura un po’ surreale. Non basta.

Voto 5

Bianco Valente - Costellazioni di me, 2010

Bianco Valente – Costellazione di me, 2010

Bianco-Valente

Eccessivamente un cliché.

Voto 3,5

Rosa Barba - Making Worlds, 2009

Rosa Barba – Making Worlds, 2009

Rosa Barba

Ennesima masturbazione intorno al proiettore vintage. Buone pubbliche relazioni. Certi aspetti tra proiezione e testo interessanti, ma non basta.

Voto 4,5

Riccaro Beretta - Il Mare III. Foto Filippo Armellin

Riccaro Beretta – Il Mare III. Foto Filippo Armellin

Riccardo Beretta

Ennesima variazione sul tema, qui è il mobiletto e l’arazzo del mercatino dell’usato che vengono elaborati. Ottime pubbliche relazioni che possono trasformare il legno in oro (soprattutto se intarsiato per un’ottima Ikea evoluta).

Voto 3,5

Davide Bertocchi - Théorie, 2011

Davide Bertocchi – Théorie, 2011

Davide Bertocchi

Fissato con questa storia dei brani più amati dagli addetti ai lavori del mondo dell’arte. Poi combinazioni curiose, tra oggetti, e sempre al centro il vinile. Anche lui mimetizzato in un certo modo di fare, potrebbero essere accostamenti amatoriali, potrebbe essere tutto o niente.

Voto 4,5

Rossella Biscotti - Le teste in oggetto, 2009. Foto Ela Bialkowska

Rossella Biscotti – Le teste in oggetto, 2009. Foto Ela Bialkowska

Rossella Biscotti

Ultimamente ha inanellato una sorta di grande slam: Biennale di Carrara, Premio Maxxi, Manifesta, Documenta, Biennale di Venezia, Biennale di Istanbul. Anche lei, dopo buone intuizioni sul recupero-elaborazione della storia, sta esagerando. E se la sua opera “le teste in oggetto” era centrata, poi progressivamente è scivolata su una retorica fine a se stessa e su soluzioni formali tra Arte Povera e Minimalismo di maniera. Forse la necessità di fare tante mostre l’ha costretta a fossilizzarsi, e quindi a logorarsi, prigioniera anche lei del passato. Significativo sintomo generazionale italiano, peccato che da parte di questi artisti non ci sia consapevolezza, ma solo il desiderio di lavorare più lontani possibile dall’Italia, mentre da alcune cose non si scappa. Anche lei giovane Indiana Jones.

Voto 4,5

Monica Bonvicini – Then to see the days again and night never be too high - veduta della mostra presso la Galleria Massimo Minini, Brescia 2013

Monica Bonvicini – Then to see the days again and night never be too high – veduta della mostra presso la Galleria Massimo Minini, Brescia 2013

Monica Bonvicini

Insieme a Cattelan, Beecroft e Vezzoli, dimostra che in Italia bisognava emigrare per fortificare e far fiorire il proprio lavoro tra Anni Novanta e Zero. Decisamente indebolita negli ultimi anni perché anche lei prigioniera di un certo atteggiamento/immaginario. Biennale 2011 molto insufficiente.

Voto 4,5

Sergio Breviario - Ritratto con paesaggio, 2004

Sergio Breviario – Ritratto con paesaggio, 2004

Sergio Breviario

Una certa follia che sa disegnare bene. Anche se siamo sempre sullo sforzo intellettuale tra il nonsense e l’ironia. Quanto meno a fuoco e delicato.

Voto 5

Danilo Correale, The Game, Colle di Val d’Elsa - photo Maurizio Esposito - Premio Ermanno Casoli

Danilo Correale, The Game, Colle di Val d’Elsa – photo Maurizio Esposito – Premio Ermanno Casoli

Danilo Correale

Poco a fuoco, opere molto diverse, ultimamente un progetto partecipativo per i dipendenti di alcune aziende in Toscana. Anche nel suo caso tutto può andare bene se presentato nei posti giusti: ma c’è una certa intelligenza. Paga lo scotto di un ruolo di artista debole a prescindere.

Voto 5

Gianni Caravaggio - Arte essenziale, 2011

Gianni Caravaggio – Arte essenziale, 2011

Gianni Caravaggio

Un fare poverista troppo dipendente dall’Arte Povera. Per molti aspetti didattico, con alcune idee migliori. Ma sviluppa una forma di preparato artigianato rispetto a un fare Anni Sessanta-Settanta.

Voto 5

Manuele Cerruti - Piede del deserto, 2013. Foto Manuela Leoncini

Manuele Cerruti – Piede del deserto, 2013. Foto Manuela Leoncini

Manuele Cerruti

Una buona pittura in linea con alcune esperienze internazionali. Dovrebbe osare di più, esagerare.

Voto 6

Loris Cecchini - Cloudless, 2006. Courtesy Galleria Continua, San Giminiano

Loris Cecchini – Cloudless, 2006. Courtesy Galleria Continua, San Giminiano

Loris Cecchini

Molto meglio agli esordi negli Anni Novanta, oggi perduto in progetti dalla superficie riflettente e attraente, ma molto vuoti. Forte di una galleria forte come la Continua. A un certo punto è stato evidente che doveva proporre prodotti appetibili, le sue opere sembrano prodotti Apple con un packaging mezzo aperto.

Voto 3,5

Valerio Carruba - Natan, 2010. Courtesy Galleria Monica De Cardenas, Milano

Valerio Carruba – Natan, 2010. Courtesy Galleria Monica De Cardenas, Milano

Valerio Carruba

Arroccato su una sola idea di pittura da anni, coerente, anche se spesso ripetitivo. Ma non è certo facile.

Voto 6

Paolo Chiasera - Màn - veduta della mostra presso la Galleria Francesca Minini, Milano 2012

Paolo Chiasera – Màn – veduta della mostra presso la Galleria Francesca Minini, Milano 2012

Paolo Chiasera

Pupillo delle prima ora di Massimo Minini, che sembra quindi fissato su di lui e non riesce a mettere in dubbio questa scelta. Mentre invece tutti possono sbagliare. Il suo caso è molto significativo della scena italiana degli ultimi quindici anni. Vive ovviamente a Berlino. Dal 2000 va di palo in frasca, prima realtà parallele, poi prende grandi personalità del Novencento e ci formalizza oggetti e pitture. Lo si vede solo nelle gallerie della famiglia Minini (ma capita a molti giovani italiani che vengono musealizzati dal gallerista). Ultimamente lavora con una pittura frontale e un poco naïf, che vuole avere un preteso spessore intellettuale, perché sembra pittura che parla della pittura e dell’artista; atmosfere un po’ come va di moda oggi (vedi Frigo, Roccasalva). Insomma, confuso. Legge e si dedica a ciò che gli piace (se lo può permettere, probabilmente Nonni Genitori Foundation, ma nulla di male essendo l’unico ammortizzatore sociale dell’arte italiana). Se da giovane avesse incontrato un clima critico più vitale, sarebbe sicuramente maturato meglio, ed ecco che la figura di Minini diventa il sintomo di un sistema matrigno.

Voto 4

Roberto Cuoghi - Zoloto - veduta della mostra presso la Galleria Massimo De Carlo, Milano 2012 - photo Matteo Piazza

Roberto Cuoghi – Zoloto – veduta della mostra presso la Galleria Massimo De Carlo, Milano 2012 – photo Matteo Piazza

Roberto Cuoghi

Anche lui garuttino, conosciuto per la performance in cui cercava di diventare come suo padre. A distanza di anni, anche quel lavoro sembra più debole. Nel 2000 ha continuato a sviluppare un certo immaginario cupo, distaccato e un filo inquietante. Interessante quando riporta questo nelle tecniche. Ma poi ultimamente anche lui perso nelle citazioni dei sumeri, e in digressioni un po’ forzate come la scultura fuori controllo all’ultima Biennale. Anche lui drogato di pubbliche relazioni.

Voto 4,5

Ludovica Carbotta - Arco Rovesciato, 2013

Ludovica Carbotta – Arco Rovesciato, 2013

Ludovica Carbotta

Una serie di lavori che giocano con progettualità più o meno utopistiche rispetto all’idea di città, ambiente umano, democrazia. Tali speculazioni sono meglio quando mettono al centro il corpo dell’artista, in sculture che sono come la vecchia pelle di un serpente. Il problema è che sbanda troppo, mentre dovrebbe approfondire in modo estremo un solo punto.

Voto 5+

Pierpaolo Campanini - Senza titolo, 2007. Courtesy Kaufmann Repetto, Milano

Pierpaolo Campanini – Senza titolo, 2007. Courtesy Kaufmann Repetto, Milano

Pierpaolo Campanini

Lo sviluppo tecnicamente preparatissimo di una sola idea pittorica, come se in fondo ci interessasse effettivamente sempre e solo l’infinita declinazione di una cosa. Forse a volte gigioneggia troppo, troppo leccato, troppo perfetto.

Voto 5

David Casini - Tu non mi conosci, 2012. Courtesy Spazio Morris, Milano

David Casini – Tu non mi conosci, 2012. Courtesy Spazio Morris, Milano

David Casini

Veramente troppo attento nella rielaborazione del pezzo antico da mercatino dell’antiquariato. Cristalli, immaginari d’altri tempi, immaginari svizzeri. Il rischio Ikea evoluta è altissimo: il rischio di sviluppare una linea di oggetti per l’arredamento, o testimoni di un’ossessione del tutto personale, o che le persone possono prendere come si prende un vestito che ci piace, piuttosto che un altro. E quindi si finisce, sempre, per alimentare un certo inquinamento visivo e oggettuale, in cui ci si perde.

Voto 4

Maurizio Cattelan - Portrait, 2008. Foto Zeno Zotti

Maurizio Cattelan – Portrait, 2008. Foto Zeno Zotti

Maurizio Cattelan

Una percorso di vent’anni divisibile in due decadi, meglio la prima. Ma comunque coerente con un linguaggio che gioca a fare il giullare-asino di corte. Uno dei nipotini di Duchamp e Warhol. Una giusta dose di provocazione e pubbliche relazioni permettono di comunicare in un mondo che tende a essere assopito. Cosa farà Cattelan? E l’opera esiste già prima che venga vista, ed esiste come icona ovunque. Ultimamente un po’ troppo inconsistente, forse stanco. I vassoi di Toilet Paper non li doveva fare.

Voto 7

T-Yong Chung - Untitled, 2011. Courtesy Galleria Upp, Venezia

T-Yong Chung – Untitled, 2011. Courtesy Galleria Upp, Venezia

T-Yong Chung

Una scultura del gioco, dello spiazzamento, del nonsense, del remix formale. Veramente troppo poco per non mimetizzarsi e perdersi nella sovrapproduzione odierna.

Voto 4,5

Luca Rossi

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