Ad AngelicA non piace la musica contemporanea

Si è da poco conclusa la 24esima edizione di AngelicA, Festival Internazionale di Musica. Ne abbiamo parlato con Massimo Simonini, direttore artistico della prestigiosa manifestazione emiliana.

Qual è lo stato della musica contemporanea oggi a Bologna e in Emilia-Romagna?
La musica contemporanea e di ricerca vive un momento di “contraddizione”. Da un lato ci sono molte cose che accadono, musicisti che vorrebbero trovare spazio e vivere del proprio fare musica. Mentre, dall’altro, la ricezione di quello che accade è “relativa” da parte di quel potenziale pubblico – per esempio di una città come Bologna che è unica nel suo genere e si distingue in Italia per la sua ampia proposta – che sembra rilassato nel non cogliere pienamente la musica. Sembra quasi che ci sia una certa assuefazione e ci si dimentichi dei tesori che si possono vivere. Il pubblico c’è e anche quest’anno ad AngelicA c’è stata una certa affluenza. E non era scontato, visto anche il numero di concerti che abbiamo ospitato. Ma, rispetto a tutte le realtà-istituzioni che abbiamo coinvolto, viene da pensare che ci sia ancora tanto da fare per sensibilizzare i giovani e gli studenti (e non solo loro, anche i “professori” che hanno molta responsabilità nel non indirizzare verso ciò che fa crescere) a seguire ciò che accade in musica.
AngelicA propone concerti molto diversi tra loro, derivanti da una radice di ricerca forte, e rappresenta molti mondi, cercando di individuare tra questi punte espressive che possano parlare trasversalmente. È un linguaggio che può disorientare, ma è necessario per comprendere meglio, e possibilmente a livello più emozionale, la musica e quello che contiene. Bologna e l’Emilia-Romagna sono come delle isole in Italia, si distinguono per le loro politiche culturali, per la storia che possiedono, e contengono un grande insieme di possibilità espresse e inespresse.

E in Italia?
In Italia c’è una certa sordità. A livello sotterraneo ci sono molti fermenti. Molto di più si potrebbe fare per valorizzare e sostenere musicisti e compositori, ma la musica viene per ultima e sembra essere poco importante, soprattutto se non comprende certi nomi e istituzioni. Nel momento in cui AngelicA ha fondato un Centro di Ricerca Musicale, il Ministero ci ha tagliato il misero contributo che ci dava. Ha fatto l’opposto di quello che avrebbe fatto qualsiasi decente commissione, e l’ha fatto con delle motivazioni talmente assurde e contraddittorie che abbiamo fatto ricorso per due anni consecutivi al Presidente della Repubblica, e aspettiamo ancora risposta. Un taglio è accettabile, ma con quelle motivazioni certamente no.

Un momento del festival AngelicA

Un momento del festival AngelicA

Molti gli spazi messi a disposizione del festival dalle città di Bologna (con il Teatro San Leonardo, il Teatro Comunale, il Museo della musica e il Conservatorio G. B. Martini), Modena (Teatro Comunale Luciano Pavarotti) e Lugo (Teatro Rossini). Tra cui proprio il Centro di Ricerca Musicale nel complesso Teatro San Leonardo a Bologna. Come si è svolta la sua nascita?
AngelicA dal 1993 ha svolto al Teatro San Leonardo diverse edizioni del festival, e abbiamo sempre pensato che quello spazio fosse giusto per farne un Centro, una casa, un cuore di ricerca. Nel tempo abbiamo sottoposto al Comune di Bologna diversi progetti a riguardo. Poi è successo che si sono accorti, vista anche la decadenza di questo spazio, che andava messo a bando e ristrutturato, e noi abbiamo partecipato al bando. È stato come un regalo giunto dall’aldilà che arriva dopo tante fatiche. E tutto questo nasce proprio in un tempo dove, invece, molte cose chiudono o sono in crisi. È come in contraddizione con il presente. È segno di speranza.

Tra gli appuntamenti più interessanti della ricca manifestazione, l’omaggio a Robert Ashley e la serata dedicata a Louis Andriessen. Ma anche le interpretazioni di Luc Ferrari, Philippe Hurel e Luciano Berio, eseguite dall’ensemble misto del Conservatorio Nazionale Superiore di Lione e del Conservatorio di Bologna…
Per me è difficile dire cosa è stato più interessante, molte cose sono riuscite e altre forse solo in parte, come dovrebbe essere quando si esplora ciò che ancora si conosce poco. Una cosa che oggi ci lascia perplessi, in un tempo successivo, si può dimostrare molto più importante di quando l’abbiamo vissuta.

AngelicA ha commissionato il progetto What’s The Matter With Your Ear? all’artista e musicista giapponese Yoshi Wada. Ce ne parli?
Con Walter Rovere, curatore di questo concerto, abbiamo fatto un lungo lavoro nel mettere insieme questo progetto con Yoshi Wada. Una delle linee della 24esima edizione di AngelicA era quella di far lavorare insieme musicisti italiani in progetti stranieri e, viceversa, musicisti stranieri in progetti italiani. Il progetto di Wada prevedeva proprio questo e si basava sull’accostamento di strumenti tradizionali (bombarde rinascimentali, cornamuse, armonio, ecc.) insieme a strumenti inventati (sistemi con campanelli e sirene) o di diversa estrazione (percussioni industriali). Un insieme di diversità e ricercate decontestualizzazioni, da cui può nascere un suono che ci porta in nuovi luoghi. E questo è da sempre parte del percorso di AngelicA.

Luc Ferrari

Luc Ferrari

Quali, invece, i giovani compositori della scena internazionale su cui scommettere?
Più che scommettere direi cercare di fare attenzione, leggere un potenziale che potrebbe tracciare nuove linee, soprattutto ascoltare: Tashi Wada, Pierre-Yves Macé, Yannis Kyriakides, Andrea Sarto, ecc. È un elenco che potrebbe continuare, solo per citare qualche ospite del programma di questo “momento maggio”.

Come vedi il futuro della musica contemporanea nel nostro Paese? Pensi che si possa essere ottimisti?
La consapevolezza è cambiata. Ci si può accorgere che oggi tante cose vengono accettate, mentre prima venivano respinte. Molte realtà, che prima avevano un forte carattere conservatore e di chiusura, adesso esprimono con una certa disinvoltura, per fare un esempio, programmazioni dove dentro ci sono cose di diverso genere. Questo fa pensare a un’apertura, a una miscelazione anche necessaria. Resta il problema delle risorse e di come vengano distribuite. E poi bisogna dire che è difficile riconoscere dove si trova la poesia. Forse più difficile oggi, dove tutto viene con-fuso e consumato con una certa velocità.
Ma tutto questo offre anche tante possibilità in più, come incontrarsi anche con chi è così diverso e che mai penseresti sia possibile. E devo dire che questo aspetto, con le nostre dovute misure, l’abbiamo sempre cercato. La musica contemporanea deve uscire dalla scuola e l’Italia deve sostenerla come fosse una scuola che insegna. Speriamo lo faccia, e si accorga anche di AngelicA (qui mi riferisco al Ministero). Poi la voce “musica contemporanea” mi è sempre risultata stretta, e infatti AngelicA ha scelto la voce “Festival Internazionale di Musica” e “Centro di Ricerca Musicale“.

Paolo Tarsi

www.aaa-angelica.com

 

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Paolo Tarsi

Paolo Tarsi

Musicologo e compositore, dal 2010 fa parte del collettivo Argo con cui prende parte alla pubblicazione di una serie di romanzi collettivi. Suoi studi sono apparsi su riviste specialistiche e rivolgono particolare attenzione alla musica del secondo Novecento, ai rapporti…

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