Valvoline. Il fumetto a sei (e otto) valvole

Bologna rende omaggio al gruppo Valvoline Motorcomics e agli innovatori delle strip che anticiparono il graphic novel. Avanguardia e contaminazione per il fumetto che guardava (e influenzava) arte, design, fotografia, cinema e pubblicità.

Spesso aspettiamo che a ricordarci l’importanza di una stagione culturale siano eventi spiacevoli – come la scomparsa di qualche protagonista – altre volte per fortuna si organizzano eventi celebrativi che sono utili a rinfrescare la memoria. Si sa che Bologna è stata (lo è ancora?) un fervido laboratorio creativo, polo d’attrazione e insieme grembo accogliente per diverse generazioni di artisti che nel capoluogo emiliano sono nati, hanno vissuto o sono anche solo transitati.
La storia di Valvoline forse non è tra le più note, o almeno non lo è fuori dai confini del fumetto. La mostra che apre oggi ha quindi un merito storico indiscutibile: riaccendere l’attenzione sugli autori che ne fecero parte, raccontando il clima in cui nacque e si diffuse la loro attività.
Come ricorda Mariuccia Casadio nelle pagine del catalogo, “è un cambiamento profondo, radicale, epocale quello che genera e argomenta gli immaginari del gruppo Valvoline”: lasciarsi alle spalle il côté socio-politico del ’77 per affacciarsi su quello che abbiamo imparato a chiamare postmoderno. Si tratta in effetti di cambiare strada, abbandonare o mettere da parte le tematiche impegnate, conquistando una libertà e un eclettismo linguistico che si configura come una sperimentazione “dentro il quadro”. Non si innova esclusivamente forzando i limiti canonici del fumetto (riquadri, pagine, griglie), è possibile invece autoimporsi una gabbia convenzionale entro la quale le forme e le narrazioni vengono completamente rivoluzionate. “La ‘nostalgia’ e le ambientazioni futuribili o astratte, al di là del tempo […] erano piste da percorrere. Voglio dire oltre il mainstream e le formule classiche c’era la voglia di definire nuove traiettorie di racconti, nuove esperienze per il narratore e per il lettore”. Dalle parole di Igort, uno dei fondatori del gruppo, è chiaro che il nuovo orizzonte si compone grazie a un largo spettro di citazioni e riferimenti (più o meno diretti e dichiarati): dal Futurismo all’affiche, dal teatro russo alla science fiction.

Alter, cover di Lorenzo Mattotti

Alter, cover di Lorenzo Mattotti

Il nucleo inziale con Igort, Daniele Brolli, Giorgio Carpinteri, Marcello Jori, Jerry Kramsky e Lorenzo Mattotti esordisce nel 1983 sulle pagine di Alter Alter con un inserto, una rivista nella rivista con tanto di copertina, grazie all’interesse di Oreste del Buono. Lo stesso del Buono che vorranno a dirigere La Dolce Vita, rivista in formato tabloid che oltre a stampare le storie a fumetti, ospitava articoli di arte, cinema e letteratura con le firme di Aldo Busi ed Enrico Ghezzi, tra gli altri. Nel 1984 l’approdo anche su Frigidaire con Valvorama in cui oltre ai sei nomi del gruppo originale compaiono le firme di Charles Burns e Massimo Mattioli.
Nelle sale della Fondazione del Monte circa duecento tavole a colori illustrano le storie celebri del gruppo alle quali sia accompagnano riviste e documenti originali in cui si rintracciano le relazioni con Andrea Pazienza, Pier Vittorio Tondelli, Francesca Alinovi, solo per citare alcuni protagonisti di quel periodo di estasi creativa.

Claudio Musso

Bologna // fino al 21 aprile  2014
Valvoline Story
a cura di Coconino Press
FONDAZIONE DEL MONTE

Via delle Donzelle 2
051 325516

www.coconinopress.it

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Claudio Musso

Claudio Musso

Critico d'arte e curatore indipendente, la sua attività di ricerca pone particolare attenzione al rapporto tra arte visiva, linguaggio e comunicazione, all'arte urbana e alle nuove tecnologie nel panorama artistico. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Archeologia e Storia…

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