Spazio Oberdan. Paesaggi senza confini

A Milano, allo Spazio Oberdan, il 20 gennaio riprende un ciclo di incontri che approfondisce il tema del paesaggio. Uno spazio modellato dall’uomo e arricchito dalla sua creatività. Attraverso dieci conferenze a cura dell’Associazione Culturale Elda Cerchiari Necchi.

Lo spazio è una realtà che l’uomo sperimenta in tutte le sue forme”. Sugli effetti tematici di questa frase ha preso avvio Paesaggi senza confini, un ciclo di dieci incontri che, a partire dal 14 ottobre 2013 (con la conferenza di Elio Franzini dal titolo Spazi  simbolici e mondi intermedi), ha scandito dibattiti e approfondimento allo Spazio Oberdan. Un incontro stabilito ogni due settimane e ideato dalla neonata Associazione Culturale Elda Cerchiari Necchi.
Matrice comune del programma è, ed è stato, lo spunto di riflessione, curiosità e approfondimento di diverse discipline, stimolando un’apertura mentale che aiuti a comprendere la complessità del mondo contemporaneo. Nel corso degli appuntamenti si è cercato di affrontare tra le accezioni più complesse del termine ‘paesaggio’, inteso come spazio modellato dall’uomo e arricchito dalla sua creatività (Nicola Scaldaferri, Paesaggi sonori: incursioni nella realtà milanese). Diversi gli scenari, sia da un punto di vista geografico (Stefano Allovio, Villaggi africani e paesaggi urbani) e temporale, sia di contenuto. Dall’estetica all’antropologia, dalla musicologia alla drammaturgia, con alcuni professionisti e studiosi di queste discipline. Il centro propulsore del progetto è, ed è stata, l’umanità, e cioè la capacità individuale e collettiva di intrecciare relazioni con gli strumenti espressivi quali: parole, suoni, luci e ovviamente forme.
A partire dal 20 gennaio, canonicamente alle 18 come ogni lunedì, dopo la pausa di alcune settimane, il ciclo di Paesaggi senza confini riprende i lavori con Antonello Negri, professore presso il Dipartimento di Beni culturali e ambientali dell’Università degli Studi di Milano, intervenendo sul tema La ricerca artistica e lo spazio tra tecnologia e natura. Un approfondimento sul paesaggio naturale e artificiale che ci circonda, in qualità di oggetto dell’osservazione artistica. Luogo in cui natura, tecnologia e artificio diventano il fulcro dell’incontro che prenderà avvio dal lavoro di Lucio Fontana.

Scuola Paolo Grassi - photo Roberto Rognoni

Scuola Paolo Grassi – photo Roberto Rognoni

In agenda sono da segnare altri quattro appuntamenti: il 3 febbraio, momento in cui gli allievi del terzo anno del Corso Autore della Scuola Paolo Grassi raccontano come collegare ciò che vediamo a possibili nuclei di storie, intrecciando esperienze e proposte sul tema della natura in città (Osservare per scrivere, scrivere per vedere). Il 17 febbraio, Paolo Volorio, del Politecnico di Milano, che indaga il Rapporto tra realtà naturale e architettura, prendendo spunto dal paesaggio montano della Val Formazza, in cui Piero Portaluppi ha ideato un felice rapporto tra l’energia sprigionata dalle cascate d’acqua e il simbolismo architettonico delle centrali elettriche. Unico momento performativo degli incontri, il giorno 3 marzo, i materiali scritti durante il laboratorio dagli allievi del Corso Autore e, composti in una drammaturgia originale, verranno proposti in forma di lettura scenica con attori e registi diplomati alla Milano Teatro Scuola Paolo Grassi diretta da Massimo Navone. In ultimo, il giorno 17 marzo, Silvio Anderloni, di Italia Nostra – CFU, con Lo spazio della natura nel territorio urbano, intende illustrare alcuni casi di recupero di spazi abbandonati al degrado e di trasformazione di zone incolte in orti urbani, frutteti e giardini d’acqua. Partendo dallo storico progetto del Boscoincittà per arrivare al recente recupero di aree a Sesto San Giovanni, attraverso il racconto dell’esperienza del Centro Forestazione Urbana e Italia Nostra Milano Nord. Artribune ha approfondito l’argomento direttamente con la madrina e la promotrice di questo progetto, Elda Cerchiari Necchi.

Due slide proiettate in occasione dell'incontro con Nicola Scaldaferri

Slide proiettata in occasione dell’incontro con Nicola Scaldaferri

Quale nuova esperienza, quale nuova lezione estetica ha impartito e, a sua volta, magari, imparato nell’arco di questo ciclo di conferenze?
Il ciclo è nato da un mio proposito di accostare ai problemi dell’arte un vasto pubblico, attraverso incontri con esperti di varie discipline. Presentare esempi affascinanti di vari ambiti come l’antropologia, la musicologia, la storia delle principali attività umane e del saper fare che costituisce la base dell’artigianato, penso che sia non solo interessante per tutti, ma dia anche la possibilità di aggiornare continuamente la propria cultura. In tal modo è stato facile per tutti riconoscere come un’analisi corretta dell’opera d’arte fornisca una chiave di lettura di una più vasta realtà storica e antropologica.

Quale tipologia di pubblico è intervenuta e quale il riscontro fornito durante gli incontri?
Ritengo che questa esperienza sia stata finora accettata dal grande pubblico con soddisfazione, così come, ascoltando le relazioni dei singoli esperti, io stessa ho compreso e approfondito aspetti che fino ad oggi ignoravo. Il pubblico è assai variegato ed è quindi difficile definirlo in modo univoco: la presenza numerosa e spesso affollata fino al dibattito conclusivo e la varietà di quesiti rivolti agli esperti, ha messo in luce diversi livelli di preparazione culturale, ma un costante interesse per i contenuti degli incontri.

Scuola Paolo Grassi - photo Roberto Rognoni

Scuola Paolo Grassi – photo Roberto Rognoni

Gli obiettivi, gli intenti posti all’inizio di questo progetto sono stati, seppure in parte, raggiunti e quali i momenti inaspettati occorsi durante le conferenze?
L’obiettivo principale, cioè quello di stimolare il desiderio di aggiornare la propria cultura, mi è sembrato raggiunto. In particolare ho rilevato uno spiccato coinvolgimento in un tema abbastanza inconsueto come quello di valutare la vitalità di uno spazio urbano dai suoni, dalle voci e dai rumori che lo percorrono nel corso di un’intera giornata, emerso a seguito dell’incontro con il professor Scaldaferri. Spero che la stessa vivacità si verifichi anche nei prossimi incontri che riguarderanno le interpretazioni dello spazio nell’arte contemporanea, nell’ambito teatrale e nel verde cittadino. Questi tre spunti potranno fornire, a mio parere, motivi concreti di riflessione e di apertura culturale nei confronti del mondo attuale.

Quali programmi futuri intende sviluppare con l’associazione da lei appena fondata e perché?
Ritengo che l’associazione a cui ho dato vita da pochi mesi possa offrire un contributo valido sviluppando due principi fondamentali, cioè quello che la cultura è una risorsa e che la microstoria rende vitale la macrostoria. Una visione politicamente attuale esige che vengano sviluppate potenzialità economiche e sociali del nostro patrimonio. Recuperare tanti umani contributi alla civiltà che persone o eventi singoli, anche poco noti, hanno offerto nel recente passato, può garantire una più accentuata vitalità alla grande storia attuale. La mia lunga esperienza di partecipazione alla vita culturale di Milano, mi suggerisce dunque di evocare e valorizzare numerose testimonianze d’arte e di cultura ancora oggi sottovalutate e misconosciute. Tutto questo non per rimpiangere il passato, ma per proporre nuove svolte dell’itinerario storico che stiamo percorrendo.

Ginevra Bria

Paesaggi senza confini
un progetto di Elda Cerchiari Necchi
a cura di Chiara Rosati
SPAZIO OBERDAN
Viale Vittorio Veneto 2 – Milano
338 1186950
[email protected]

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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