B.A.R.L.U.I.G.I., chiuso per furto. Riflessioni su una periferia torinese

Era il primo della serie, il padre dei vari B.A.R.L.U.I.G.I. aperti in giro per Torino e non solo. Uno spazio-progetto ideato da Alessandro Bulgini, nel cuore del quartiere Barriera di Milano. Era, perchè tra poco chiuderà i battenti. Colpa della criminalità. Ma l'artista non si ferma e prosegue la sua sfida, raccontandoci perchè, oggi, ha senso combattere da una periferia

Il quartiere è quello di Barriera di Milano, a Torino, ex area ad alta densità industriale, oggi periferia difficile, multietnica, animata da quattro grossi mercati rionali, meno viva rispetto agli anni del boom economico del secolo scorso, ma mai spenta. Un posto che ancora – come allora – è oggetto di una microcriminalità strisciante.
In questa atmosfera popolare, marginale, identitaria, difficile e dunque molto vera, Alessandro Bugini ha avviato nel 2012 il progetto B.A.R.L.U.I.G.I. Tutto cominciò per caso, cercando formule alternative con cui attivare dei processi creativi virtuosi. La strada, e non più il museo. Le persone, e non più il pubblico. L’imprevisto, in luogo dell’ovvio, del certo, del già codificato. La sfida? Uscire di casa e fare della prima cosa trovata sul cammino un’opera d’arte. Come nel giorno degli incantesimi, dei capovolgimenti. Quella prima cosa si chiamava Bar Luigi, il bar del quartiere. E incantesimo fu.
Una chiacchierata col proprietario, un’idea messa a punto, l’insegna sottosopra e la nascita del primo B.A.R.L.U.I.G.I., a cui si sarebbero aggiunti, da lì a poco, diversi spazi satellite (da Torino a Livorno, fino a Bangkok). Mostre, progetti, appuntamenti culturali, per delle sedi insolite in cui liberare energie nuove, accendendo una luce diversa tra una bottega, un palazzone e un marciapiede.
E non mancava nemmeno la compagnia, visto che in zona, già dal 2007, risiedeva l’associazione non profit Barriera, attiva proprio nel campo delle arti contemporanee. Piccole scene che spontanemamnete nascono, sui bordi, e via via si definiscono, prendono forma. Per poi, a un certo punto, interrompersi o semplicemente mutare.

Giampiero Soffietti, mostra al B.A.R.L.U.I.G.I. di Torino - foto Marco Saroldi

Giampiero Soffietti, mostra al B.A.R.L.U.I.G.I. di Torino – foto Marco Saroldi

Perchè a breve, quel primo B.A.R.L.U.I.G.I., esperienza fortunata e  inteligente, chiuderà i battenti. Il signor Luigi D’Agnese si è arreso: troppa delinquenza e troppa poca voglia, oramai, di opporre resistenza. Pochi giorni fa l’ultimo furto, con tanto di saracinesca forzata, vetrina rotta e registratore di cassa portato via. Vuoto. Bottino nullo, danni cospicui e un gesto ignobile, tra i tanti che si sono susseguiti nel tempo. A fine gennaio, dunque, si chiude. E con il bar chiude anche lo spazio-opera di Bulgini, in cui è in corso adesso una mostra di Marco Saroldi: “Il problema non è la delinquenza”, ci racconta l’artista, “ma la miseria. Il problema è l’accentramento di risorse ed interessi altrove; e che la gente chiacchiera bene ma in periferia ci viene mal volenteri. Torino è città esemplare per raccontare le differenze sociali: qui nulla è spalmato lungo il tessuto urbano. Qui chi ha, ha; chi non ha, resta a guardare”. Un fatto di disequilibri sociali, di abbandoni, di marginalità mai sanate.

Alessandro Bulgini al B.A.R.L.U.I.G.I

Alessandro Bulgini al B.A.R.L.U.I.G.I

Un fatto di divisioni nette, che spezzano la città in quadranti impermeabili, saturando benessere e sofferenza in maniera disomogenea: “Ci sono barriere invisibili, ma ci sono. Quando ci spostiamo a 7 minuti di tram verso il centro, ci sembra di andare in vacanza”. La periferia vista del centro: un mondo a parte. I controlli? Le forze dell’ordine? I piani di sviluppo e le misure amministrative? Niente di nuovo: il destino delle metropoli è opaco, intricato, disperante.
Eppure – o proprio per questo – Bulgini ha scelto Barriera di Milano. Il senso che cercava era là, sotto casa, lungo la strada conosciuta. “Non mi interessa stare lì dove accadono le cose istituzionali, in quei luoghi considerati il centro delle tutele. Le ferite qui sono ancora ben aperte e da qui puoi sentirti parte del sentire comune. Altrove il clima è ovattato e sordo. Sperare che l’arte accolga in qualche maniera, che rifletta, che assomigli, che diventi carne: questo è quello che mi torna come necessità prima”.
L’avventura torinese di B.A.R.L.U.I.G.I., allora, finisce qui, con un una saracinesca sfasciata e l’ennesimo sgarbo subito? No, se è vero che Bulgini è un tipo testardo, appassionato, nemico della noia. “Il signor Luigi si trasferirà in un quartiere più adeguato alle sue esigenze di sopravvivenza, io invece rimarrò qui. E incomincerò a dichiarare tutto il quartiere di Barriera B.A.R.L.U.I.G.I. Ho intenzione di uscire allo scoperto: ho già un progetto in programma per febbraio. Perché un posto più interessante, in questo momento storico, non c’è”. Vecchie emergenze, per futuri incantesimi. Disegnando utopie indipendenti e geometrie ignote, a misura di quartiere.

Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

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