Di padre in padre. La famiglia Roth a Milano

All’HangarBicocca ha appena inaugurato “Islands”, il primo percorso antologico di rilievo dedicato all’eterocrazia di Dieter Roth. Oltre 50 lavori, realizzati anche in collaborazione con i nipoti e il figlio dell’artista, Björn Roth. Che Artribune ha intervistato.

Dopo la grande mostra allestita a New York – iter che ha inaugurato la nuova sede di Chelsea di Hauser&Wirth lo scorso inverno – il poeta, grafico, compositore d’avanguardia e designer Dieter Roth (Hannover, 1930 – Basilea, 1998) arriva a Milano, all’HangarBicocca. Artista nomade vissuto fra Svizzera, Islanda e Stati Uniti, Roth ha utilizzato nei suoi lavori la più ampia varietà di materiali, accostamenti e oggetti (utensili, elementi d’arredo, monitor e alimenti in un processo di continua mutabilità) diventando celebre per l’assoluta eterocrazia della propria pratica compositiva.
A partire dal 5 novembre, HangarBicocca ha dato vita a Islands, un percorso che propone per la prima volta in Italia oltre cinquanta lavori di Roth, attraverso un allestimento progettato e reso unico dalla presenza di imponenti installazioni in dialogo con lo spazio ex industriale di HangarBicocca; un tragitto antologico installato in collaborazione con il figlio dell’artista, Björn Roth, che abbiamo intervistato.

All’HangarBicocca il pubblico è accompagnato lungo un viaggio stabilito per isole tematiche nell’universo creativo multidisciplinare di un artista brillante che ha rivoluzionato il modo in cui l’arte è fatta e vista. Cosa vedrà il pubblico?
Quello che la gente vedrà è un percorso composto da lavori estremamente differenti e, alcuni, unici. Ne abbiamo raccolti così tanti e disposti in maniera tanto svariata, mai vista, che questi acquisiscono un senso ulteriore, proprio perché posti tutti assieme. L’allestimento comprende sia lavori che mio padre ha realizzato anni fa, sia assemblaggi che abbiamo realizzato proprio per questa occasione. Appena i visitatori attraverseranno questa sorta di sentiero, pieno di cose, passando il loro tempo qui in mezzo, potranno percepire immediatamente la relazione tra queste due dimensioni. Ma sempre ogni oggetto, ogni situazione porterà a un’altra, in continuità.
Il legame che unisce tradizione e contemporaneità, in Islands, è rappresentato da alcuni tipi di concetti e dal nuovo modo di assemblarli o mostrarli assieme. Alla fine, infatti, quel che conta è l’armonia che coinvolge ogni cosa, dando corpo a un solo, intero pezzo. Quasi come se fosse composto, in un certo senso, dall’opera di una sola mano. La stessa di mio padre, la mia, quella dei miei figli, una visione che si muove proseguendo all’interno dello stesso rituale. Questo non è semplice, ma risulta altamente interessante poter avere questa opportunità e provare a farlo.

Bjorn Roth - photo Agostino Osio

Bjorn Roth – photo Agostino Osio

Potresti spiegare il significato del titolo di questa mostra, Islands? Avete installato progetti più intimi o più monumentali?
Assolutamente sì: nell’opera di Dieter Roth non esiste una reale differenza tra sentimentale e monumentale. Io credo che dipenda dal luogo in cui preferisci disporli, ma per me nessuno dei lavori qui presenti è monumentale. In Islands ci sono solamente progetti importanti, capisaldi. Ma la differenza che posso notare tra una grande scultura e un piccolo disegno, ad esempio, è solo un’espressione dissimile nel flusso dello stesso pensiero. Quel che vedo, però, guardando attraverso un disegno, è la sua modalità di realizzazione. Sicuramente il disegno è un viaggio originario più solitario rispetto all’idea di coinvolgere e aver bisogno di molte persone per concertare grandi sculture, che poi diventano vere e proprie piccole isole. Anche questo concetto è pienamente espresso nel titolo della mostra, Islands.

Attraverso un sentiero composto da oltre cinquanta lavori (installazioni scomponibili, dipinti, sculture, video, collage, incisioni, documenti di design grafico, scritti, pubblicazioni, opere di regia e di composizione musicale) quali aspetti della pratica sfaccettata di Dieter Roth vengono sottolineati?
Quel che vorrei veicolare e sottolineare è l’idea che sussista un’estrema, infinita varietà nel presentare la vita di Dieter Roth. Da una piccola stampa fino a una grande installazione, cerco di indicare lo stretto legame che intercorre tra di esse, al di là dei limiti di scala. Perché è al loro interno che le cose si mostrano assolutamente in relazione. Io credo che il cuore della materia batta allo stesso modo, nelle cose più grandi come in quelle più piccole. Non si può compararne una decidendo che è migliore dell’altra. La qualità o la non-qualità dei progetti dipende da come vengono usufruiti e goduti, avendo avuto la possibilità di sperimentarne diversi aspetti che la grandezza del contesto permette.

Dieter Roth & Björn Roth - Islands - veduta della mostra presso HangarBicocca Milano 2013 - photo Agostino Osio - Courtesy Fondazione HangarBicocca, Milano - Tutti i lavori © Dieter Roth Estate, courtesy Hauser & Wirth

Dieter Roth & Björn Roth – Islands – veduta della mostra presso HangarBicocca Milano 2013 – photo Agostino Osio – Courtesy Fondazione HangarBicocca, Milano – Tutti i lavori © Dieter Roth Estate, courtesy Hauser & Wirth

Quale differenza sussiste tra questa mostra e quella newyorchese da Hauser&Wirth, realizzata per celebrare il 20esimo anniversario della galleria?
Quella a New York è stata l’ultima grande mostra di quest’anno, prima di Islands. Una mostra in galleria da Hauser&Wirth, con quegli spazi enormi, permette di dar vita a progetti dalle fattezze istituzionali. Ma questa mostra rappresenta una sorta di passaggio ulteriore che noi aggiungiamo al concetto di ricostruzione di un luogo di lavoro, di uno studio tardivo a New York. Qui, decisamente, abbiamo molte più possibilità di dilatare ulteriormente questo tema. Ritengo che la mostra americana sia stata una sorta di prova generale rispetto a questo nuovo passaggio milanese. Anche se qui si ripresenta attivamente la medesima idea, ma più spinta e impreziosita. Una sorta di nuova sfida per tutta la famiglia.

Parlando di Islands, anche i tuoi figli Oddur e Einar ti assistono nella ricomposizione dei lavori selezionati per la mostra, progetti che originariamente erano stati concepiti da tuo padre?
È fantastico avere l’opportunità di provare e riprovare questa sorta di itinerario nell’opera di Dieter Roth, amplificandola. Avere un’idea e doverla mettere in pratica all’interno di una piccola project room significa automaticamente ridurla. È molto importante per noi avere la scelta e la capacità di operare su larga scala, percependo appieno quel che è possibile realizzare rispetto a quello che deve essere abbandonato, valutando quel che ha senso nei confronti di quel che non lo ha. Come un pilota che, sapendo di essere a bordo dell’Air Force One, capisce il proprio carico di responsabilità e in caso di difficoltà comunque spinge l’aereo al massimo, fino ai limiti della propria vita, senza romperne o interromperne i meccanismi del volo. Noi attraverso questa mostra abbiamo l’opportunità di esplorare dove siano le barriere dell’opera di Dieter Roth, andando, comunque, per tentativi. Ovviamente ci siamo dati dei confini, ma ancora non sappiamo dove si trovino. Questo è uno dei grandi temi della mostra: stiamo provando a spingerci oltre, anche se ancora non ci è dato sapere cosa troveremo né dove. Ma un giorno, in qualche modo, dovremo trovare qualche indizio, una prova della nostra ricerca.
Riguardo al rapporto con i miei figli, durante le ore di lavoro, ovviamente io sono il capo, perché sono il più vecchio.

Dieter Roth & Björn Roth - Islands - veduta della mostra presso HangarBicocca Milano 2013 - photo Agostino Osio - Courtesy Fondazione HangarBicocca, Milano - Tutti i lavori © Dieter Roth Estate, courtesy Hauser & Wirth

Dieter Roth & Björn Roth – Islands – veduta della mostra presso HangarBicocca Milano 2013 – photo Agostino Osio – Courtesy Fondazione HangarBicocca, Milano – Tutti i lavori © Dieter Roth Estate, courtesy Hauser & Wirth

Lungo i tuoi vent’anni di cooperazione con tuo padre Dieter, qual è l’insegnamento più importante che ti ha lasciato? In che modo la vostra collaborazione ha modificato o plasmato la vostra relazione?
Se c’è una cosa che mio padre mi ha detto è: “Circondati di persone buone”. E fortunatamente la mia famiglia, secondo me, ne è un ottimo esempio. Inoltre lui diceva sempre di lasciare piena libertà di operare alle persone che avrebbero lavorato con me, per renderle creative e far sì che si unissero spontaneamente al mio viaggio. Siamo tutti, in fondo, sullo stesso treno, quando si lavora assieme: è per questo motivo che ho riunito persone creative attorno a me e alla mia famiglia, e non sappiamo dove questo ci porterà. Ovviamente qualcuno deve decidere su quale vagone siamo saliti, e questo ritengo sia il mio lavoro, ma gli altri devono avere autonomia di muoversi, proprio perché nessuno vede esattamente il capolinea dell’intero processo creativo. Ognuno deve essere libero di spaziare sul treno, proprio mentre, stando assieme sullo stesso vagone, questo, a sua volta, si sposta assieme ad altri convogli, in corsa sui propri binari.
Noi lavoriamo nell’idea di mio padre e di come lui facesse a essere ispirato da quel che faceva. E ognuno di noi rispetta la sua grande capacità di concentrarsi su lavori così dissimili tra di loro. Ma ora che ci siamo imbarcati su questo treno cerchiamo di lavorare restando in scia al suo ambiente, al suo contesto di riferimento. Comunque il vero insegnamento che lui mi ha lasciato è: “Credi in te stesso, non ascoltare troppo le voci degli altri se dicono cose che tu non senti, ascolta la tua voce interiore. Se hai il talento e la sensibilità è da te che deve arrivare il giusto suggerimento che ti porterà avanti”. E questo non è semplice, dato che spesso si può pensare che la propria voce interiore non sia sempre la migliore, o che, peggio, sia sbagliata. Io ho imparato tutto da mio padre: a disegnare, a costruire, a fare il carpentiere così come a comporre musica. Era il mio mentore.

Tra ordine e caos, secondo la tua opinione, esiste una teoria, una linea, un pensiero che Dieter Roth ha sempre seguito?
Soprattutto e innanzitutto l’ordine. La gente comune crede che il caos viga su ogni lavoro, ma se si guarda più da vicino si intravede molto bene in quale ordine siano state poste le cose. La sistemazione di tutto è caotica ma super-ordinata. Un ordine forse un po’ ubriaco, eppure, sempre, il rigore è la regola numero uno, la sola legge che gli dia la possibilità di funzionare e di creare senso. La prima impressione di Islands, ad esempio, è e sarà sempre l’entropia, ma avvicinandosi si noterà che tutto avrà trovato il proprio posto. Ecco perché quelli che hanno provato a falsificare l’opera di Dieter Roth non ci sono riusciti. Ed è facile da individuare un falso, perché non c’è ordine, il suo ordine.

Dieter Roth & Björn Roth - Islands - veduta della mostra presso HangarBicocca Milano 2013 - photo Agostino Osio - Courtesy Fondazione HangarBicocca, Milano - Tutti i lavori © Dieter Roth Estate, courtesy Hauser & Wirth

Dieter Roth & Björn Roth – Islands – veduta della mostra presso HangarBicocca Milano 2013 – photo Agostino Osio – Courtesy Fondazione HangarBicocca, Milano – Tutti i lavori © Dieter Roth Estate, courtesy Hauser & Wirth

Che cosa significa per te e per i tuoi figli protrarre, portare avanti l’opera e il nome di Dieter Roth? Quali sono i significati, gli aspetti della contemporaneità del lavoro di Dieter Roth che intendi mettere in risalto?
Più che definire significati della contemporaneità, attraverso l’opera di Dieter Roth credo noi si stia esprimendo sentimenti della contemporaneità.

Parlando dell’eredità di pensiero di Dieter Roth e del suo lavoro, come affiancheresti la tua attività? Ci sono programmi o eventi futuri ai quali parteciperai/parteciperete? Tornando alla metafora del vagone, poco prima che Dieter morisse, perché era chiaro che stava venendo meno, cominciammo a discutere di quel che sarebbe successo dopo. Lui mi chiese che cosa me ne sarei fatto di tutta quella “massa di roba”. E io gli risposi: “Non farò nient’altro che ciò che dovrà essere fatto. Tu te ne andrai e io non potrò che continuare a fare quel che abbiamo sempre fatto, anche se tu sarai sceso a una fermata prima rispetto alla mia. Questo è il mio lavoro, quello che mi hai insegnato tu, e così proseguirò. Ecco come sto portando avanti la sua eredità. Non ho mai chiesto di ottenere dal mio lavoro più di quanto automaticamente non sia arrivato. Premesso ciò, mio padre era un uomo molto eccezionale e io non sto provando a essere lui. Io mi permetto solo di portare avanti il suo lavoro e il mio e di questo realmente felice. Vedremo cosa porterà. Ovviamente sussistono differenze tra la sua pratica e la mia, così come tra la mia e quella dei miei figli, ma siamo tutti negli stessi panni.
Per quanto riguarda i nostri programmi, non svelo nulla, ma c’è un grande progetto sulla musica di Dieter Roth.

Dieter Roth & Björn Roth - Islands - veduta della mostra presso HangarBicocca Milano 2013 - photo Agostino Osio - Courtesy Fondazione HangarBicocca, Milano - Tutti i lavori © Dieter Roth Estate, courtesy Hauser & Wirth

Dieter Roth & Björn Roth – Islands – veduta della mostra presso HangarBicocca Milano 2013 – photo Agostino Osio – Courtesy Fondazione HangarBicocca, Milano – Tutti i lavori © Dieter Roth Estate, courtesy Hauser & Wirth

Potresti formulare un augurio sul percorso di Islands all’HangarBicocca?
Spero che le persone possano tenere con sé qualcosa di questa mostra, al di fuori di essa, nel tempo. Io so quel che contiene questo percorso, ma il mio desiderio più grande è che la gente ne possa godere sempre e ovunque. Io conosco la qualità di molti dei lavori allestiti all’HangarBicocca, ma so bene anche la depressione e la malinconia che ha portato alla loro nascita. Dall’altro lato, ho potuto apprezzarne, però, anche l’ironia e il sense of humour, ed è questo sentimento che mi piacerebbe la gente ricordasse.

Ginevra Bria

Milano // fino al 9 febbraio 2014
Dieter Roth & Björn Roth – Islands
HANGARBICOCCA
Via Chiese 2
02 66111573
[email protected]
www.hangarbicocca.org

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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