Nouvelles Vagues parisiennes: curatori allo sbaraglio al Palais de Tokyo

Un’ondata di novità si abbatte sulla capitale francese. Con “Nouvelles Vagues” si apre la nuova stagione del Palais de Tokyo. Che per l’occasione si espande per tutta la capitale francese. Con 53 mostre curate da altrettanti giovani curatori.

Nouvelle Vagues, ossia le nuove tendenze del mondo dell’arte contemporanea. Ma anche a rappresentare questa vera e propria onda di shock che si abbatte sulla capitale francese trasportando con sé quasi trenta gallerie e luoghi d’arte. Dal 21 giugno, giorno del solstizio d’estate, Parigi è letteralmente invasa dalla kermesse che ha come epicentro sismico il Palais de Tokyo, bastione della sperimentazione artistica francese, per un totale di 53 esposizioni.
Le Nouvelles Vagues sono le mode, i nuovi trend, ma anche le onde che portano con sé la brezza fresca di una riflessione sulla figura del curatore, questo personaggio ibrido a metà strada fra il critico e quel che qui chiamano “commissario d’esposizione”. Il curatore non si assoggetta alle regole dell’istituzione né a quelle del mercato. Resta alle porte del museo e dell’accademia. È un nomade che evita i sentieri battuti alla ricerca dell’insolito, dell’inedito. È colui che si imbatte nei fenomeni effimeri del quotidiano e li legge in chiave estetica, poetica, politica. Lungi dal prendere le distanze per farsi interprete di un momento o di un movimento, il curatore ama inventare e sperimentare insieme agli artisti. D’altronde nella parola “curatore” si nasconde quella di “autore”.
Il concetto alla base di Nouvelles Vagues è semplice: ogni galleria, spazio espositivo o luogo d’arte che aderisca alla manifestazione invita un giovane curatore a concepire un’esposizione. Il tema è libero. Il risultato è incredibilmente… travolgente! Un delirio di mostre e installazioni che si giustappongono le une alle altre senza alcuna soluzione di continuità.

Henrique Oliveira, Casa dos Leões, 2009 - Vue de l’installation à la VII Bienal do Mercosul, Porto Alegre, Brésil - © photo : Eduardo Ortega - Courtesy Galerie GP & N Vallois, Paris

Henrique Oliveira, Casa dos Leões, 2009 – Vue de l’installation à la VII Bienal do Mercosul, Porto Alegre, Brésil – © photo : Eduardo Ortega – Courtesy Galerie GP & N Vallois, Paris

Nel solo Palais de Tokyo sono 21 i giovani curatori o gruppi di curatori internazionali (13 le nazionalità presenti) a essersi cimentati nell’esercizio di stile. Dopo Soleil Froid, gli spazi del Palais ospitano i progetti più disparati: il Méthode Jacobson di Marc Bembekoff è un omaggio al medico e professore americano Edmund Jacobson, esperto in rilassamento neuromuscolare, ma al tempo stesso un viaggio nei paesaggi del Big West americano. Unico trait d’union sono gli effetti di rappresentazione, fantasmagoria e spaesamento. L’esposizione-romanzo di Sinziana Ravini, The Black Moon, mette in scena l’incontro amoroso tra un uomo e una donna attraverso la giustapposizione delle opere di una ventina d’artisti.
Ada di Ken Farmer e Conrad Shawcross, tra poesia e geometria, arte e scienza, è un omaggio alla matematica Ada Lovelace, puro prodotto dell’Inghilterra vittoriana. Il Club des Sous l’Eau è una riedizione in chiave surrealista di un club d’immersione sottomarina fondato nel 1934, a cura di Gallien Déjean (uno dei mebri di Treize, spazio indipendente di produzione ed esposizione tra i più attivi a Parigi) e Fanny Schulmann. Con l’esposizione-performance Un Escalier d’Eau, Natalia Valencia si interroga sui meccanismi della percezione e, come negli stati del sogno o della fantasia, il silenzio gioca a mettere in scena la coscienza del visitatore che viene immortalato in un momento di “presente pieno”.

Kenneth Anger, Puce Moment, 1949 - Courtesy of the artist and Sprüth Magers Berlin-London

Kenneth Anger, Puce Moment, 1949 – Courtesy of the artist and Sprüth Magers Berlin-London

The Real Thing? (di Antonia Alampi e Jason Waite) spinge ancora oltre la riflessione sulla performance, alla frontiera tra passato, futuro e istante presente. Cosa ne è della performance una volta compiuta? Dove si annida il reale? Chi è il veritabile soggetto della performance? Memorial Park di Haeju Kim è una passeggiata nella memoria del quotidiano, mentre Julie Boukobza, Simon Castets e Nicola Trezzi si ispirano all’antichità greca per i loro Champs Élysé́es. Parte degli Inferi destinata agli eroi e agli uomini virtuosi nell’antichità greca, i Campi Elisi di Nouvelles Vagues hanno l’aspetto di un cimitero dove le opere giocano con l’estetica funeraria e i riti mortuari.
Il cinema è protagonista nell’esposizione La Fin De La Nuit (Partie 1) di Martha Kirszenbaum, omaggio a Kenneth Anger, icona della contro-cultura californiana degli Anni Quaranta-Cinquanta e appassionato di occultismo e magia nera. Henrique Oliveira, dal canto suo, gioca con le architetture del Palais de Tokyo attraverso le sue sculture spettacolari, ibridi tra vegetale e organico. L’artista accentua l’aspetto endemico e parassitario delle sue installazioni, sorta di tumori di legno, metafora delle favelas brasiliane che sorgono in modo spontaneo quasi come escrescenze nel tessuto urbano. Anche qui, per la mostra Baitogogo, l’artista utilizza uno dei suoi materiali di predilezione, il legno di “tapumes” utilizzato per le recinzioni dei cantieri di Sao Paulo.

France Fiction, Week-end de rêves IV - Préambule, 2007-2013 - Courtesy of France Fiction

France Fiction, Week-end de rêves IV – Préambule, 2007-2013 – Courtesy of France Fiction

Difficile passare in rassegna le più di cinquanta proposte artistiche che compongono Nouvelles Vagues. D’altronde, ambizione della manifestazione non è quella di tracciare un computo esaustivo delle diverse tendenze dell’ecosistema-arte. Si tratta piuttosto di tirare un primo bilancio di un processo che vede le sue origini nel lontano 1855, quando Gustave Courbert veniva rifiutato dalla giuria dell’Esposizione Universale e decideva di esporre a proprie spese. Allora, per la prima volta, l’arte esce dallo spazio istituzionale del museo, si spoglia della sua aura d’intangibilità per diventare oggetto di commercio che, come tale, ha bisogno di essere esposto, messo in mostra. La sala espositiva assume allora un peso sempre più rilevante, sorta di vetrina ammiccante ma anche cornice semantica che conferisce un significato alle opere più disparate, tali le pagine di un libro scritto a più mani. Cosi Nouvelle Vagues sarebbe la libreria sui cui scaffali andare a scovare i volumi più avvincenti, intrepidi e audaci degli ultimi tempi.

Martina De Fabrizio

http://palaisdetokyo.com/fr/exposition/nouvelles-vagues-dans-tout-paris

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Martina De Fabrizio

Martina De Fabrizio

Martina De Fabrizio è nata ad Avellino nel 1981. Nel 2005 consegue una laurea con il massimo dei voti in Scienze delle Comunicazioni presso l’Università di Roma La Sapienza con una tesi inter-cattedra con La Sorbona di Parigi su “Rito,…

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