I promessi sposi a Forte Marghera

Un’installazione botanica realizzata con le venti piante citate nei “Promessi Sposi”. Abbiamo intervistato il suo ideatore, Claudio Rocchetti, musicista e artista, a proposito di questa scultura-ambiente in continuo mutamento, situata in un prato del parco di Forte Marghera. Che sarà animato da un ciclo di live-set elettronici per l’intero mese di maggio.

L’installazione è ancora incompleta e quindi ‘crescerà’ ancora. Oggi abbiamo installato le felci e la zucca selvatica. Sarà curioso vedere tra qualche mese quale forma avrà preso il tutto, quando le piante incominceranno a fiorire e le chiome degli alberi si schiuderanno. A quel punto ci sarà una vera lotta tra le piante e il tutto apparirà molto diverso”. Sono parole di Tommaso Zanini, responsabile comunicazione di Eventi-Arte-Venezia (eve ar:v.), un gruppo di sperimentazione artistica indipendente che ha aiutato a progettare, produrre e promuovere un’idea di Claudio Rocchetti (Bolzano, 1976), musicista e compositore elettronico.
Il progetto si chiama Il Giardino Promesso – Appunti per una botanica manzoniana e prende forma da una suggestione di Rocchetti, nata leggendo il XXXIII capitolo de I Promessi Sposi, in cui Manzoni descrive con dovizia di particolari un giardino abbandonato. L’obiettivo è ricreare, attraverso un’analisi filologica pertinente, il giardino stesso (comprendente al suo interno sia piante da frutto che erbacee) racchiuso in un’area recintata al centro di un prato del Parco di Forte Marghera, sede naturale per una iniziativa di questo tipo, sia perché è una delle poche architetture ottocentesche presenti in quest’area, sia perché è uno dei luoghi più particolari e attualmente al centro dell’attenzione pubblica nell’area di Venezia-Mestre.
Il giardino-installazione sarà la sede dove si realizzeranno quattro live set nel periodo di maggio (3, 17, 24 e 31), con l’intento di indagare la letteratura e la ricerca sonora contemporanea attraverso il rapporto con il paesaggio. Abbiamo intervistato Claudio Rocchetti per contestualizzare e problematizzare la sua installazione.

Claudio Rocchetti, Il Giardino Promesso - Appunti per una botanica manzoniana, 2013, Forte Marghera - schizzo

Claudio Rocchetti, Il Giardino Promesso – Appunti per una botanica manzoniana, 2013, Forte Marghera – schizzo

La tua formazione è essenzialmente quella di un musicista, come bassista e chitarrista in varie formazioni hardcore/noise, nonché di compositore. Quando ti sei scoperto artista visivo? Come è avvenuto questo passaggio?
Non è avvenuto un cambiamento o un passaggio specifico. È da tempo che giro intorno a certe cose. Con 3/4HadBeenEliminated e Zimmerfrei, ad esempio, ho lavorato a una grossa installazione alla Gnam di Roma (2006). Olyvetty (il mio progetto insieme a Riccardo Benassi) è sempre in bilico tra suono, installazione e visione contemporanea. Un’altra esperienza recente mi ha portato a lavorare insieme al fotografo Giuseppe De Mattia. Potremmo dire che questo è il mio primo passo “in solo” in questo mondo.

Nel suo Terzo Paesaggio, Gilles Clément raggruppa tutte le aree abbandonate dall’uomo, gli spazi incolti. Attraverso questa tua opera vuoi far passare il messaggio che il paesaggio deve essere lasciato libero, anche di distruggersi, in balìa dell’incuria e del tempo, piuttosto che subire l’intervento dell’uomo anche quando lo esercita per tutelarlo?
La tutela del paesaggio/ambiente credo sia fondamentale. L’uomo attacca la natura continuamente, quindi, in un certo senso, credo ci sia bisogno di un alleato umano al fianco della natura. Credo anche che ci sia e ci debba essere lo spazio per un paesaggio indipendente e “nuovo”. Fuori dallo schema parco protetto/cemento. Un luogo del genere è un frammento.

Questa tua installazione, concettualmente, potrebbe avere qualche attinenza col Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto, che auspica un ritrovato equilibrio fra natura e artificio?
Nel lavoro di Pistoletto sono racchiuse idee e parole chiave che non fanno parte del Giardino Promesso. Intendo riciclo e sostenibilità, ad esempio. La mia non è un’operazione ecologica in senso stretto. Anzi, forse non lo è affatto, perché una delle infinite variabili del progetto porta dritta al fallimento dello stesso. Le piante non sono scelte in modo da coabitare automaticamente. Assisteremo a una vera battaglia per la sopravvivenza.

Claudio Rocchetti, Il Giardino Promesso - Appunti per una botanica manzoniana, 2013, Forte Marghera

Claudio Rocchetti, Il Giardino Promesso – Appunti per una botanica manzoniana, 2013, Forte Marghera

Questa tua installazione si colloca a Forte Marghera, nell’ambito del progetto Parco del Contemporaneo, un modello di interazione fra arti contemporanee, contesto urbano e natura, nato nel 2011, che coinvolge una pluralità di soggetti diversi sia a livello locale, che nazionale e internazionale. Tra cui proprio Eventi-Arte-Venezia, che ti ha seguito nel progetto. Secondo i rumors, molte attività artistiche dovranno abbandonare gli spazi di Forte Marghera per volere dell’amministratore Marcopolo System G.e.i.e. Sono vere queste voci? Che aria tira? Che tipo di sostegno hai avuto nella realizzazione della tua idea?
Non è un caso che questo lavoro accada qui: ho conosciuto Forte Marghera grazie a eve ar:v., con cui ho collaborato l’anno scorso per la passata edizione di Parco del Contemporaneo. Quando sono arrivato per la prima volta, ho capito che questo era il luogo giusto per tentare di realizzare quella che fino a quel momento era solo una forte suggestione. Da parte dell’associazione e da parte del Comune di Venezia ho ricevuto tutto il supporto necessario, dal finanziamento alla comunicazione, dalle competenze tecniche, organizzative e botaniche per la realizzazione del progetto. Purtroppo, i rumors sembrano essere veri: Marcopolo System ha oggi come priorità “mettere a reddito” quegli spazi che sono stati recuperati grazie al lavoro delle associazioni e che, dopo cinque anni di attività, hanno creato l’identità del luogo grazie alle idee e alla ricerca con coraggio, mettendosi in gioco in un contesto ricco di contraddizioni e – proprio per questo – estremamente stimolante. Speriamo si rendano conto dell’errore.

Dentro questo giardino-installazione si svolgeranno diversi live-set di musica elettronica. Come avverrà? Quali musicisti hai invitato? Sono conciliabili una natura incolta, libera e selvaggia, e una tecnologia che, al contrario, ha bisogno dell’uomo per essere attivata e produrre un caos controllato?
Gli ospiti sono tutti scelti in relazione alla possibilità di interagire con la stratificazione di suono, natura e storia. I musicisti stazioneranno nel centro del giardino e aggiungeranno uno strato alla conformazione dell’ambiente. Il giardino stesso è un luogo “attivato”, quindi la presenza di queste performance non fa altro che deviare e influenzare il corso di questo sviluppo. Ottaven, Enrico Malatesta, Kam Hassah… tutti agenti della trasformazione.

Claudio Rocchetti, Il Giardino Promesso - Appunti per una botanica manzoniana, 2013, Forte Marghera

Claudio Rocchetti, Il Giardino Promesso – Appunti per una botanica manzoniana, 2013, Forte Marghera


È molto poetica la tua descrizione della musica come “un sistema di addii”, in cui a ogni nota che muore ne succede un’altra che ne mantiene vivo il ricordo. Tutto questo ha a che fare con la tua attuale ricerca musicale?
In questo senso sono debitore principalmente di Emil Cioran. Le sue affermazioni su musica e suono non sono ancora state approfondite abbastanza. Credo molto nella sedimentazione e nella continua riaffermazione del suono, la presenza sonica come scultura fluida e molto mobile.

La tua esibizione all’interno del Giardino Promesso sarà alla John Cage? Nel senso che si propone di seguire l’andamento ciclico della natura?
Non credo che avverrà nessun tipo di adattamento a cicli o a supposte leggi di natura. Non so cosa accadrà all’interno del giardino. Il fatto di non saperlo e non poterlo prevedere è il primo motivo che mi ha portato alla sua progettazione.

Claudia Giraud

eventi-arte-venezia.blogspot.it

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Claudia Giraud

Claudia Giraud

Nata a Torino, è laureata in storia dell’arte contemporanea presso il Dams di Torino, con una tesi sulla contaminazione culturale nella produzione pittorica degli anni '50 di Piero Ruggeri. Giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2006, svolge attività giornalistica per testate…

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