Emirati in Biennale: i confini (abbattuti) di Mohammed Kazem

Mohammed Kazem è protagonista del Padiglione degli Emirati Arabi alla Biennale di Venezia. In occasione della mostra - una personale - è stata pubblicata una monografia sul suo lavoro, da cui abbiamo estratto e tradotto questo stralcio della lunga intervista condotta da Sultan Sooud Al-Qassemi.

Questa è la terza volta che gli Emirati Arabi Uniti partecipano alla Biennale di Venezia con un padiglione nazionale. Quali sono i vantaggi di limitare la partecipazione a un solo artista?
Questa è effettivamente la prima volta che gli Emirati partecipano con un solo artista, un formato per il quale molti Paesi optano, anche in considerazioni della ridotta superficie a disposizione. Questo approccio permette di puntare su un solo nome offrendogli lo spazio di cui necessita per presentare il proprio lavoro al pubblico occidentale in modo accurato e modulato.
Il lavoro che presenterò alla Biennale, Directions 2005/2013, è la realizzazione di un progetto che ho sviluppato per oltre tre anni e che delinea un discorso politico, sociale e umano che trascende tutti i confini geografici. Ho presentato la prima parte del lavoro, Directions 2002, alla Biennale di Sharjah nel 2003 e ho nuovamente mostrato il lavoro in una forma più completa ma sempre allo stadio progettuale alla prima Biennale di Singapore sotto il titolo Directions 2002-2005.

Cosa possiamo aspettarci di vedere nel lavoro e in che modo si rapporta al resto della tua opera?
Ho concepito il lavoro in modo da fornire una visione a 360 gradi dell’orizzonte. Allo stesso tempo ho voluto far uso di altri elementi artistici con i quali ho lavorato in passato: per oltre quindici anni ho lavorato con luce, colori, forme e movimento. Più tardi ho trasferito questi elementi in installazioni sperimentali e lavori video, in un processo in continua evoluzione. Presento costantemente i miei lavori entro il contesto di un progetto più ampio. Alcuni progetti durano diversi anni; durante questi periodi lavoro anche su progetti a scala ridotta, usando i mezzi che ho a mia disposizione, ricorrendo talvolta a compagnie, fabbriche e professionisti in diverse discipline.

Perché hai deciso di eseguire Directions 2002 nella regione orientale degli Emirati?
Questa regione è un emblema di apertura al mondo circostante. Evidentemente avevo i miei dubbi circa la possibilità che le tavole di legno che ho gettato nell’Oceano Indiano potessero raggiungere una qualsiasi destinazione. Tuttavia non importa che effettivamente raggiungano un luogo lontano o che continuino a muoversi sulle onde o addirittura che ritornino all’interno del Golfo. Ciò che importa è il messaggio, l’idea.

Mohammed Kazem, Directions 2002-2005 (detail)

Mohammed Kazem, Directions 2002-2005 (detail)

Qual è il senso del concetto di “confini nazionali” che vuoi portare all’attenzione del pubblico con il tuo lavoro Directions 2005/2013? Questi confini sono un’espressione della separazione tra una regione e l’altra o tra un essere umano e un altro?
L’obiettivo è infrangere la percezione dominante imposta dai confini artificiali e consentire agli esseri umani di vedere gli orizzonti che si trovano oltre i loro ambienti limitati, dove spesso combattono l’uno contro l’altro senza giustificazione per cose che a mio avviso non ne sono degne. Se queste tavole possono muoversi liberamente sulle acque, per quale motivo gli uomini non possono trovare un modo di dissolvere i confini e di trovare una soluzione al loro continuo conflitto?

Cristiana De Marchi

www.uaepavilion.org

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Cristiana de Marchi

Cristiana de Marchi

Nata a Torino nel 1968, da oltre un decennio Cristiana de Marchi si è stabilita in Medio Oriente dove vive e lavora (Beirut, 1998-2006; Dubai, dal 2006 ad oggi). Specialista in arte e archeologia, ha collaborato con varie istituzioni culturali…

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