Tweetology n. 11: InterWorlds

Sogni e ricordi. Realtà vissute o soltanto immaginate. E molteplici universi, che scorrono paralleli e talvolta interagiscono anche. Ecco i temi dell’11esimo episodio di “Tweetoloy”, antologia di citazioni a cura di Christian Caliandro.

“Nulla distingue i ricordi dagli altri momenti. Solo dopo si fanno riconoscere, per le loro cicatrici. Questo viso doveva essere la sola immagine del tempo di pace che attraversava il tempo di guerra. Si chiese se l’aveva visto davvero o se aveva creato questo momento di dolcezza per sospendere quel momento di follia che stava per arrivare…”
(Chris Marker, La Jetée, 1962)

“Troviamo un po’ di tutto nella nostra memoria; è una specie di farmacia, una specie di laboratorio chimico, in cui la nostra mano brancolante può posarsi ora su una droga sedativa, ora su un veleno pericoloso.”
(Marcel Proust, ‘La prigioniera’, Alla ricerca del tempo perduto)

“Sogni di un’altra vita? Ma dove? Gradualmente la mappa immaginaria della California, quella spuria, svanisce, e insieme a essa il lago, le case, le strade, la gente, le macchine, l’aeroporto, la setta dei credenti con la loro peculiare avversione per le culle di legno, ma perché tutto questo svanisca, è necessario che svanisca anche una moltitudine di sogni interconnessi, che coprono anni e anni di tempo reale. L’unico nesso fra questo paesaggio di sogno e il mio mondo reale consiste nella Capri rossa. Perché questo unico elemento mantiene la sua validità in entrambi i mondi? È stato detto dei sogni che sono una ‘psicosi controllata’, o, detto in altri termini, una psicosi è un sogno che fa irruzione durante le ore di veglia.”
(Philip K. Dick, Valis, 1981)

3 Philip K. Dick Valis 1981 Tweetology n. 11: InterWorlds

Philip K. Dick, Valis (1981)

“Vi scrivo tutto ciò da un altro mondo, un mondo di apparenze. In qualche modo, i due mondi comunicano. La memoria è per l’uno ciò che la storia è per l’altro: un’impossibilità. Le leggende nascono dal bisogno di decifrare l’indecifrabile. I ricordi devono fare i conti con i loro deliri, le loro derive.”
(Chris Marker, Sans Soleil, 1982)

“Il problema era che nulla attorno a lui – né lo Speer Boulevard con i suoi alberi dai rami sporgenti, né il rombo del traffico nelle due corsie popolari oppure il suono basso come il ronzio di uno skateboard delle macchine a idrogeno nella corsia dei vip, né le centinaia di catapecchie improvvisate lungo il povero corso d’acqua del Cherry Creek infossate fra le piste ciclabili cinque metri sotto il livello della strada – pareva reale. Era così da cinque anni ormai, ma questo mese pareva peggio. Le ore di flashback con Dara erano reali; questo stupido interludio con Sato o improvvisare pessime battute con le comparse in questa commedia mal scritta, mal illuminata, mal recitata non erano certo reali.”
(Dan Simmons, Flashback, 2011)

“‘Intorno al lacero e glorioso tricolore, italiani, c’è un grande futuro nel nostro passato…’ ‘No, Dio papa, generale!! C’è un grande passato nel nostro futuro!’ ‘E non è la stessa cosa?’”
(L’on. Tritoni e il gen. Pariglia in Vogliamo i colonnelli, 1973, di Mario Monicelli)

“Non è per niente facile uccidere qualcuno. E invece nei film hollywoodiani in una sola sparatoria hai fatto fuori tutti. Nei miei film non voglio soluzioni facili, e se qualcuno muore il pubblico deve capire perché è morto, e deve essere consapevole delle conseguenze di quella morte. Perché le conseguenze ci sono. Cerco di fare film che abbiano lo stesso peso della vita vera. E se Marfa Girl è il mio preferito è proprio perché i personaggi fanno casini, proprio come nella vita vera, ma affrontano le conseguenze di quello che fanno. Ci sono registi che col passare degli anni tendono a semplificare. Io vado nella direzione opposta, cerco di fare film sempre più contorti. Perché la vita è contorta, ed è morbosa. La vita non ha niente di perfetto.” (Larry Clark)


“Era come se avessi tremato per tutta la vita, a causa di una cronica corrente sotterranea di paura. Tremare, scappare, finire nei guai, perdere le persone che amavo. Come un personaggio dei cartoni animati invece di una persona, mi resi conto. Un cartone animato degli anni Trenta, ammuffito. Dietro a tutto quello che avevo fatto, c’era sempre stata la paura a spingermi. Adesso la paura era sparita, calmata dalle notizie che avevo sentito. Le notizie, mi resi conto d’improvviso, che avevo atteso di sentire fin dall’inizio; che avevo creato, in un certo senso, per essere presente quando fossero giunte, e per nessun’altra ragione.”
(Philip K. Dick, Valis)

“Poiché chi guarda le immagini è guardato da immagini più grandi di lui.”
(Chris Marker, Sans Soleil)

“Dico ad alta voce ogni pensiero che mi affiora alla mente. Sono onesto con me stesso: sono giovane, e sono veeecchio. E sono stato comprato e venduto un’infinità di volte.”
(Tony Kaye, Detachment, 2012)

“Mi sembra di vivere sempre più dentro i miei romanzi. Non riesco a immaginarmi perché. Sto perdendo il contatto con la realtà? O forse è la realtà a scivolare verso un certo tipo di atmosfera alla Philip Dick? E se è questo che succede, per amor di Dio, perché? Sono io il responsabile? Come faccio a essere io il responsabile?”
(Philip K. Dick)

“La scrittura è una forma socialmente accettabile di schizofrenia.”
(E. L. Doctorow)

Christian Caliandro

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Christian Caliandro

Christian Caliandro

Christian Caliandro (1979), storico dell’arte contemporanea, studioso di storia culturale ed esperto di politiche culturali, insegna storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. È membro del comitato scientifico di Symbola Fondazione per le Qualità italiane. Ha pubblicato “La…

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