Il vuoto degli intellettuali. Intervista con Diego Cugia

Chiamatelo Jack Folla, Mercante di Fiori o Diego Cugia, come preferite. Vi risponderà un puro artista, uno mai schierato per opportunismo, un uomo vero. Abbiamo intervistato un personaggio il cui “ritorno” farebbe bene ai media di massa italiani.

Romano classe 1953, Diego Cugia ha attraversato i media italiani per una trentina d’anni. E lo ha fatto scrivendo programmi come I ragazzi della terza C e Rockpolitik, ma soprattutto a exploit radiofonici come Jack Folla. Con lui abbiamo parlato di televisione, politica e comunicazione, con un collegamento estemporaneo Roma-New York.

Diego da quanti anni manchi da radio e tv?
Cinque, più o meno. 

Cosa è successo?
A me niente.

E alla Rai?
Non le sono mancato, suppongo.

È opinione condivisa che l’informazione pubblica italiana sia poco in salute, ma quando è cominciata questa malattia? C’è stato uno o più eventi storici determinanti?
L’Italia è indipendente da poco più di cento anni. Non ha mai avuto, o quasi, un’informazione davvero indipendente come negli Stati Uniti. I nostri telegiornali, ad esempio, sono proni al potere politico. Non ha importanza se l’uno è più schierato con Tizio per controbilanciare l’altro che simpatizza per Caio. Il servilismo dei nostri tg è evidente, sia perché dedicano a fatterelli della politica interna oltre metà delle loro edizioni, sia perché il giornalista medio italiano non è in grado di formulare uno straccio di domanda davvero pungente al politico di turno. Quando vedo i colleghi sgomitarsi per avvicinare il loro microfono a labbra inutili che rigurgitano ogni santo giorno una “dichiarazione” pur di apparire alla tv, provo compassione e rabbia.

L’autore del famoso editto bulgaro contro Biagi, Luttazzi e Santoro ha annunciato che si ricandiderà alle prossime elezioni. Se l’informazione italiana è continuamente sotto accusa, è davvero soprattutto colpa sua?
L’editto bulgaro è stato una grave maleducazione culturale di un uomo che mal sopporta la critica, in verità di “bulgaro” ci siamo riempiti la bocca, come sempre, perché da quelle parti i giornalisti vengono assassinati. Santoro è forse il più potente giornalista italiano, usa Travaglio come una mitragliatrice, e fanno bene entrambi il loro mestiere. Ma mentre noi continuiamo a credere ai “martiri” dell'”editto bulgaro”, cento voci di seconda fila sono scomparse. Santoro non le ha mai nominate e il berlusconismo si frega ancora le mani, perché il colpo era un altro e gli è riuscito alla grande. Anche il Pd è correo. Sono lobby, chiese, santuari. In Italia muoiono come cani solo i veri indipendenti, quelli senza padrone, nel silenzio più mortale del mondo. Editto bulgaro… le solite pulcinellate.

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Enzo Biagi

Quali sono le responsabilità dei suoi antagonisti politici?
Non si fanno patti col diavolo, punto.

Il pensiero critico dà fastidio al potere di oggi come a quello di ieri, oppure i governanti di questo presente sono veramente meno tolleranti nei confronti della riflessione e del vero dibattito?
Stiamo parlando di genterella, l’80% dei nostri politici è gente da terza elementare, come i loro elettori. Per questo i primi della classe sono scomparsi. Tu parli di “pensiero critico”, ma questi non sanno neppure che cosa significa! Non faccio un discorso da snob, ma se in Parlamento siedono persone che a malapena hanno letto l’Uomo Ragno saltano tutti i parametri. Chi sa, tace. E questo è il vero, grande male. L’Italia ha bisogno di uomini esemplari. Non di uno, di tanti. L’Italia ha un disperato bisogno di gente perbene.

Se pensi, non compri. Una volta scoperto questo, il denaro ha imposto dentro ogni mass media la distrazione. È andata veramente così?
Non so se sia andata così, so che tutto questo sta per essere spazzato via da una sana povertà che ci rieducherà ad apprezzare i valori e le cose che non hanno prezzo e a disprezzare tutti gli orpelli che ci hanno appesantito. Il capitalismo, ormai, è roba da terzo mondo.

Hai scritto Il mercante di fiori, I ragazzi della terza C, Alcatraz, Francamente me ne infischio, Rockpolitik. L’autore di questi successi ha mai pensato di autoprodursi in Rete oppure proporre Jack Folla fuori dall’Italia?
Autoprodursi in Rete non sarebbe un problema, il problema è il marketing. Internet è un contenitore infinito, non basta alzare la manina e gridare “Io sono qui”. Devi fare una campagna pubblicitaria per farti trovare dal tuo pubblico in questa immensità. “Jack è sopra quella nuvoletta, venitelo a sentire!”. E questo costa molto. Io sono un uomo di idee, non un asso di denari.

Lo dico sinceramente: non considero niente di più feroce della banalissima televisione”. Parole di Pier Paolo Pasolini. La tv è davvero così spietata?
Sì, lo è stata soprattutto, perché il danno è fatto. Pasolini l’aveva previsto nei dettagli: la televisione ha disfatto l’Italia, è stata un Risorgimento al contrario. Ma ha avuto anche dei meriti, fino a vent’anni fa ha alfabetizzato una nazione. Poi però l’ha omologata impartendole esempi da caserma, dando notorietà a personaggi che non la meritavano. Quando l’accendo sento anche l’odore di broccoli e di minestrone delle loro anime poco ventilate.

ragazzi della terza c Il vuoto degli intellettuali. Intervista con Diego Cugia

I ragazzi della terza C

Sta morendo una civiltà letteraria, la carta stampata, l’era del libro. Tutto in meno di vent’anni. Alla luce di questa consapevolezza, quale può essere oggi la funzione dello scrittore? Quali scopi e quali limiti?
Non la penso così, il libro di carta non morirà mai, addirittura sono ottimista perché gli ebook e, in genere, tutte le nuove tecnologie sono anche vassoi d’argento sempre più cesellato per porgere contenuti nei più comodi modi possibili. Semmai stanno sonnecchiando i contenuti, viviamo anni un po’ così come le facce di quelli di Asti quando vanno a Genova, anni in cui il mare fa paura e avventurarsi in pensieri e idee nuove mette il panico, anni di contrappasso. D’altronde siamo un’epoca di passaggio, molto prolungata perché, fortunatamente, non c’è guerra, solo una logorante, infinita guerra dei soldi.

Il Paese reale sta passando dalla tv a Internet per formare la propria opinione e per la propria attività politica. “Idraulici al potere!”: questo è il grido del cyberspazio bypassato dal blog di Beppe Grillo. Perché nessun altro blogger o gruppo di pensatori è finora riuscito a creare un solido movimento politico su Internet?
Perché bisogna essere bravi e i nostri politici sono rintanati in un castello, arroccati in una cittadella sempre più distante dal popolo e dal futuro. Per “bravi” intendo capaci di smuovere teste e cuori dal virtuale al reale. Grillo è stato eccezionale, politicamente discutibile quanto si vuole, tecnologicamente eccezionale.

Il tuo movimento online, Gli invisibili, ha preso una pausa di riflessione. Cosa dovrebbe succedere per farlo ripartire?
Gli Invisibili sono nati da un uomo solo che, guardando l’Italia in tv, quella di questi anni, non ne poteva più di sentire il raglio dell’asino: Io, io, io… Ho pensato che, finché non riusciremo a far nascere un noi, non saremo mai un Paese civile. E il noi s’impara nel buio, non sotto i riflettori. Era un movimento carbonaro che ha avuto un grande consenso su Internet. Ma il difficile è far transitare la gente da una dimensione facile, in cui tutto si risolve con un clic, a una più ardua, quel mondo reale in cui per andare a una riunione devi uscire di casa, prendere il motorino o la macchina, se piove ti bagni… A farla breve, da 10mila virtuali eravamo un centinaio, veri. Troppo pochi. Sono i miei amici invisibili e ne sono fiero, ma parlare di “movimento” mi sembrava esagerato.

Cugia Il vuoto degli intellettuali. Intervista con Diego Cugia

Diego Cugia

Alla censura del silenzio in tv si sta aggiungendo la subdola censura del rumore su Internet. Troppa informazione. Diego, ti viene mai voglia di restare senza parole?
No, come gli alchimisti cercavano la pietra, il mio dovere è trovare la parola filosofale, quella che trasforma il silenzio in oro, il dolore in luce. E il mio mestiere è cercarla. Ma naturalmente capita di restare senza parole, soprattutto davanti ai tg.

E quando succede, come riesci a fartela passare?
Facendomi una passeggiata in altre epoche. Sto finendo di scrivere Tango alla fine del mondo, l’epopea di una famiglia siciliana in Argentina alla fine dell’Ottocento. Una saga che potrebbe anche diventare una trilogia. Dentro c’è tutto: una grande storia d’amore di un padre e una figlia, la nascita del tango, gli albori della mafia, il sesso, la colpa, la fame e la ricchezza. È un feuilleton moderno, il genere che preferisco. Un romanzo di 480 pagine che uscirà a maggio per Mondadori con capitoli anticipati online a febbraio 2013. Una boccata d’ossigeno quando si rimane senza parole in questi anni “un po’ così”.

Alessandro Berni

www.diegocugia.com

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Alessandro Berni

Alessandro Berni

Alessandro Berni, scrittore. Vive la critica d’arte come un genere letterario dentro il quale l’emozione anticipa e determina il senso dell’informare.

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