Troviamo un nome per i nuovi mecenati

Il mecenate. Figura quasi mitologica che viene evocata, con disperazione e speranza mal riposta, dalle parti culturali, politiche e sociali. Qualcuno ha anche organizzato, si dice, una caccia al tesoro per scovare gli ultimi superstiti di una categoria che riporta alle gesta di grand'uomini dei secoli scorsi.

Il momento è evidente a tutti. Se i loghi delle aziende e dello Stato, sotto le locandine di spettacoli, convegni e quant’altro, sono ultimamente stampati con l’inchiostro invisibile, non sembra rimaner altra via che trovare un novello Marzotto o Olivetti per risolvere la stagione teatrale, la mostra, il concerto. L’ha ricordato anche il premier Mario Monti ospite da Fazio Fabio: “Abbiamo bisogno che chi ha ricevuto restituisca e lo faccia per la collettività“. Sacrosanto.
Il tema è che è cambiata radicalmente la società. Sarò breve. Il mecenate finanziava opere e missioni. Un modo efficace per tramandare nome e cognome all’interno della propria comunità. In Italia è spesso stata un’azione fisica e poco sperimentale. Il mecenate ha spesso protetto attività classiche e dal buon nome. A fronte dei soldi donati, targhe, titolazioni di stanze, stipiti o vie. Quel mondo ottocentesco, autoreferenziale, è finito. Oggi bisogna ripensare la figura del mecenate. Ricordandoci che chi fa la propria fondazione non è un mecenate. Come non lo è chi dona soldi per la stagione concertistica: non è più il tempo delle statue al benefattore.
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Le comunità oggi hanno bisogno di attivare processi e non bronzi, hanno bisogno di produrre vita e senso. Le azioni culturali, di qualità, sono gli occhiali per leggere il mondo. Il nuovo mecenate, al quale bisogna trovare un nome, è un soggetto, non necessariamente singolo, che attiva processi, che si mette in mezzo alle cose che finanzia, che si sporca le mani, facendo un passo indietro rispetto al suo nome e un passo avanti verso la comunità. Dobbiamo cercare persone che ci credano, prima ancora di metterci i denari. E per farlo deve cambiare anche chi fa cultura e la produce.
Il nuovo mecenate sono così le comunità ampie, sorta di gruppi d’acquisto e di senso culturali. Soggetti che partecipano con cifre molto limitate al bene comune o a un buon progetto. Anche super local. Basta con la retorica del gran industriale che deve risolvere le cose. Stop mecenati. Anche perché sono troppo pochi. Se c’è, va bene. Ovvio. Se non c’è, diventiamolo tutti un po’. Guardate kickstarter.com

Cristiano Seganfreddo
direttore del progetto marzotto e di fuoribiennale
docente di estetica in design della moda – politecnico di milano

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #7

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