Nasce a Milano la Fondazione Gian Paolo Barbieri. Talento e umanità di un maestro della fotografia

Anima sensibile, sguardo vorace e colto, spirito libero, cantore della bellezza. Gian Paolo Barbieri, 80 anni, è uno tra i più grandi nomi della fotografia di moda. Ma esplorò anche altri campi e altri soggetti. Ne ripercorriamo la carriera e la figura, annunciando l’opening della Fondazione che porta il suo nome.

“La memoria è tutto, è la fonte di ogni nuova idea: dalla testa non può uscire nulla che non sia, in qualche modo, già dentro. C’è chi dialoga con le persone che ha perduto, io ho sempre avuto Evar nella mia vita: ho a casa un suo ritratto e davanti, ogni giorno, metto un fiore nuovo. Abbiamo vissuto tre anni meravigliosi, senza ombre. Ho custodito tutto, anche i biglietti che mi scriveva, infantili e profondi. All’amore non importa delle leggi, dei contratti, delle cerimonie davanti a un prete. L’amore chiede solo di essere seguito”. Con queste parole commosse, nel febbraio del 2016, Gian Paolo Barbieri raccontava al Corriere della Sera del suo amore perduto: Evar Locatelli, 21enne di Bergamo, morto per un incidente di moto nel 1991.

La copertina di Fiori della mia vita, 2016

La copertina del libro di Gian Paolo Barbieri “Fiori della mia vita”, 2016

L’occasione era la presentazione del libro “Fiori della mia vita”, in cui sequenze di ricordi privati, foto scattate al suo bellissimo compagno, parole d’amore e di compianto, restituivano l’immagine autentica di uno tra i più grandi fotografi italiani di moda, celebrato nel mondo e amato dai maggiori stilisti internazionali. Di Barbieri, classe 1938, gente come Valentino, Yves Saint Laurent, Gianfranco Ferrè non ha mancato di sottolineare il talento, ma anche l’umanità. E in quelle righe, pronunciate durante un’intervista, c’è già tanto di lui: l’esercizio della memoria come necessità, l’urgenza dello scatto che inchioda il presente e lo sottrae al tempo, la celebrazione della bellezza come genesi creativa; e poi la delicatezza, la passione e la sensibilità che si fanno sguardo e introspezione. Strumenti principali per accostarsi ai soggetti da fotografare. Una forma d’amore anche quella.

Gian Paolo Barbieri, Jerry Hall per Versace, Milano, 1976

Gian Paolo Barbieri, Jerry Hall per Versace, Milano, 1976

CORPI, ABITI, PAESAGGI

E Barbieri, nella sua lunga e felice carriera, di soggetti ne ha immortalati parecchi e diversi: dive e modelle innanzitutto, protagoniste di importanti campagne commerciali negli anni ’80 e ’90, per marchi come Versace, Armani, Chanel, Givenchy, Westwood, oltre ai già citati Valentino, Ferré, Saint Laurent. Servizi pubblicati da riviste del calibro diVogue America, Vogue Italia, Vogue Paris, L’Officiel, GQ, Vanity Fair. Gli inizi a Parigi nel 1962, come assistente del celebre fotografo di Harper’s Bazaar Tom Kublin, e già nel 1964, a Milano, l’apertura del suo primo studio. Da allora fu tutta una corsa, verso il successo e nel nome di una straordinaria versatilità, nutrita di virtuosismo tecnico e ispirazione artistica. Indimenticabili, tra i tanti, i ritratti di bellezze immortali come Audrey Hepburn, nella serie in bianco e nero del 1969 pubblicata su Vogue Italia: la grazia da cigno, gli occhi da cerbiatta e il viso radioso, incorniciato da candide rouches di organza o da un cappuccio scuro in taffetà, Tutto Valentino. O ancora un’audace, statuaria Jerry Hall in Versace, nel ’76; i modelli di Vivian Westwood, ripensati nel ’98 come i protagonisti della Zattera della Medusa di Géricault, per un perfetto remake di un capolavoro della pittura romantica; o una severa Angelica Houston, altissima e magrissima, ingentilita nel 1982 da un abito a fiori Valentino, giallo zafferano, increspato dal vento.

Gian Paolo Barbieri, Vivienne Westwood, Londra, 1998

Gian Paolo Barbieri, Vivienne Westwood, Londra, 1998

Non di rado le modelle scendevano dalle pedane e dagli algidi set per immergersi nel caso delle città e nella vita vera: un cortocircuito tra realtà e finzione, gestito con la sapienza dell’esteta e del narratore.
Dopo la moda vennero anche i viaggi, con preziose foto in bianco e nero scattate in Madagascar, a Tahiti, in Ecuador, poi raccolte in volumi: corpi meravigliosi di indigeni, a interpretare i codici armonici e la potenza del paesaggio, come dalle pagine di antichi miti esotici. E non mancò lo studio dei nudi, esplorando nuovamente il corpo, ma oltre lo status symbol delle griffe e oltre la relazione con le forme sartoriali, cercando di sottrarre la pratica del disvelamento alla tentazione del voyeurismo: un esempio è già nel ’79, col ritratto dell’esile, magnetica Iman, fasciata solo da una pellicola trasparente.
Classificato dalla rivista Stern tra i quattordici migliori fotografi di moda nel mondo, ha esposto in spazi prestigiosi, come Palazzo Reale di Milano, il Victoria & Albert Museum e la National Portrait Gallery di Londra, il Kunsforum di Vienna, il MAMM di Mosca e l’ Erarta Museum of Contemporary Art di San Pietroburgo.

Gian Paolo Barbieri, Iman, Parigi, 1979

Gian Paolo Barbieri, Iman, Parigi, 1979

NASCE A MILANO LA FONDAZIONE GIAN PAOLO BARBIERI

Nel 2016, quasi ottantenne, Gian Paolo Barbieri ha costituito a Milano una Fondazione che porta il suo nome: a due anni di distanza arriva l’opening ufficiale, fissato per il 21 febbraio 2018. L’istituzione avrà il compito di curare il lavoro dell’artista, occupandosi anche di sostenere la fotografia storica e contemporanea e i diversi linguaggi della cultura e della creatività. La sede, in zona Porta Romana, custodisce il materiale prodotto da Barbieri nel corso di oltre 60 anni di carriera, tra servizi di moda, ritratti di personaggi iconici, foto che spaziano tra ricerca antropologica, erotismo, studio dei paesaggi, still life e immagini di vita privata. Un totale di 910.000 negativi, 6.915 positivi, oltre 600.000 file digitali e più di 40.000 scatti mai pubblicati.

Fondazione Gian Paolo Barbieri, Milano

Fondazione Gian Paolo Barbieri, Milano

Spazi larghi e luminosi, alti soffitti a capriate, ampi lucernai, grande cura negli arredi e una serie di zone di lavoro, aree di posa, servizi, archivi, oltre a un piccolo giardino esterno. Quello di Via Lattanzio sarà principalmente un luogo di conservazione, tutela, gestione, protezione, acquisizione, archiviazione, catalogazione, autenticazione e promozione dell’archivio personale e delle opere dell’artista, ma sarà anche un nuovo, importante tassello nel cuore di uno tra i più fervidi distretti culturali della città.

 –  Helga Marsala

www.fondazionegianpaolobarbieri.it

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

Scopri di più