Ragusa Foto Festival 2017. Mediterraneo, ambiente, relazioni umane. Mostre e protagonisti

Anche quest’anno a Ragusa Ibla si è svolta la rassegna dedicata ai nuovi linguaggi e ai talenti della fotografia contemporanea. L’emergenza ambientale e i cambiamenti climatici sono tra i temi affrontati in questa sesta edizione del festival

La fotografia come prospettiva privilegiata per osservare e comprendere le dinamiche e le problematicità del mondo di oggi: è il concept su cui verte il Ragusa Foto Festival, manifestazione dedicata ai linguaggi della fotografia contemporanea e piattaforma di scoperta per giovani talenti organizzata dall’associazione Antiruggine, e che anche quest’anno si è svolta presso la suggestiva cornice barocca di Ragusa Ibla. Nelle giornate inaugurali del festival, dal 30 giugno al 2 luglio, si sono susseguiti seminari, proiezioni e letture portfolio attorno al tema di quest’anno, Le metamorfosi del territorio.

L’OBIETTIVO FOTOGRAFICO OLTRE IL MEDITERRANEO

L’edizione 2017 del festival volge il suo sguardo oltre il Mediterraneo, per riflettere sui cambiamenti climatici e ambientali causati dai comportamenti umani considerati pericolosi per il pianeta e l’umanità. “La mission del Ragusa Foto Festival è quella di osservare, attraverso la fotografia, i paesi che sono bagnati dal Mediterraneo”, racconta ad Artribune Stefania Paxhia, fondatrice del festival. “Quest’anno abbiamo volto lo sguardo oltre il Mediterraneo, perché argomenti quali il problema ambientale e i comportamenti dell’uomo nei confronti degli altri uomini e della natura sono tematiche che riguardano tutto il pianeta. Organizzare il festival in Sicilia ha una valenza simbolica, perché l’isola è la porta del Mediterraneo e soprattutto la porta a sud dell’Europa, e oggi rappresenta una delle voci più importanti anche rispetto ai problemi di questo periodo storico, come la migrazione. La fotografia è un linguaggio così universale da rivelarsi un ottimo strumento per affrontare tematiche importanti, ma anche per promuovere un territorio come quello siciliano che deve essere sempre più valorizzato”.

LE MOSTRE: IL RAPPORTO TRA L’UOMO E L’AMBIENTE IN CUI VIVE

Il filo conduttore che lega le due mostre visitabili fino al 30 luglio presso Palazzo Cosentini è il rapporto che intercorre tra l’uomo e l’ambiente in cui vive. Climate Change Evolution, realizzata per l’apertura nel 2015 della XXI Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico a Parigi e a cura di Hossein Farmani, comprende scatti che documentano le cause e gli effetti dei cambiamenti climatici. Tra i progetti in mostra, The dark side of the (honey) moon è il lavoro realizzato da Francesco Zizola dedicato alle Maldive, isole che rischiano di scomparire sommerse dall’Oceano Indiano come conseguenza del riscaldamento globale. Il fotogiornalista tedesco Peter Bauza, con Copacabana Palace, racconta la quotidianità di oltre 300 famiglie che occupano un complesso condominiale mai terminato a circa 60 km da Rio de Janeiro. Un’esistenza tra abbandono e rovina, povertà ed emarginazione. L’altra collettiva, Territorio di formazione, curata da Paola Binante, comprende i lavori di sette giovani autori italiani (Piergiorgio Sorgetti, Mattia Parodi, Caterina Iriti, Vanesa Lucchetti, Andrea Lopetrone, Raffaella Losito, Igor Londero) che approfondiscono l’uso della fotografia come strumento di ricerca e di analisi della realtà. Un_Natural Bestiary di Andrea Alessio e Poison di Guia Besana sono lavori fotografici che riflettono sulla natura e sui comportamenti dell’uomo di oggi.  Alessio pone l’accento su come l’uomo stia sempre più perdendo la sua natura animale, Besana invece punta i riflettori su quegli atteggiamenti sbagliati che stanno portando l’uomo a distruggere il pianeta.

PREMIO MIGLIOR PORTFOLIO: IL RICORDO DI GIBELLINA

Gibellina 1968. Otto minuti dopo le tre è il titolo del progetto fotografico realizzato da Giuseppe Iannello, giudicato il miglior portfolio da una giuria composta da Paola Binante, Enrico Bossan, Benedetta Donato e Paolo Verzone. Il lavoro di Iannello è dedicato a Gibellina, il comune in provincia di Trapani che nel 1968 fu distrutto da un violento sisma e che oggi è noto per i Cretti realizzati da Alberto Burri. “Sono stato da sempre legato a Gibellina, non perché ci sono nato, ma perché mio padre, da architetto, mi ha sempre portato a vedere il Cretto di Burri”, racconta Iannello. “Ogni volta che andavamo, lui mi raccontava com’era nata l’idea di realizzare una simile opera d’arte. Il suo racconto parlava marginalmente del terremoto, non era la storia del terremoto che voleva raccontarmi. Da adulto sono tornato diverse volte al Cretto e ogni volta mi immaginavo le strade, la vita e le facce di quel piccolo paese prima che il terremoto le spazzasse via. Chissà com’era vivere in questo posto. Così ho iniziato: “Gibellina 1968 – otto minuti dopo le tre”.

– Desirée Maida

Ragusa Foto Festival
Fino al 30 luglio 2017
Ragusa Ibla, Palazzo Cosentini
http://www.ragusafotofestival.it/

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Desirée Maida

Desirée Maida

Desirée Maida (Palermo, 1985) ha studiato presso l’Università degli Studi di Palermo, dove nel 2012 ha conseguito la laurea specialistica in Storia dell’Arte. Palermitana doc, appassionata di alchimia e cultura giapponese, approda al mondo dell’arte contemporanea dopo aver condotto studi…

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