Andy Warhol e la Polaroid. Viaggio nel regno dei fantasmi

Un ponderoso libro pubblicato dalla Taschen raccoglie un numero enorme di Polaroid del maestro della Pop Art. Opere autonome e fondamentali per capire la filosofia dell'arte e del mondo di Andy Warhol. Tra ritratti, nature morte e scorci cittadini.

MORTE STRUTTURALE DELL’AUTORE
L’oggetto è di pregio: un libro con le sembianze di una Polaroid gigante, con tanto di firma-marchio inciso sul lato. E il contenuto non è da meno: il ponderoso volume pubblicato dalla Taschen raccoglie un numero enorme di polaroid scattate da Andy Warhol (Pittsburgh, 1928 – New York, 1987), alcune delle quali inedite.
È facile capire come, per le loro caratteristiche tecniche di immediatezza e impersonalità, le Polaroid siano una parte niente affatto marginale del corpus di Warhol (e il libro, ben costruito e sistematico, lo conferma). Molti degli spunti principali della filosofia dell’artista si ritrovano nella loro forma più pura negli scatti realizzati con questo mezzo: la meccanica freddezza dell’espressione, preveggente mimesi critica della società di massa; l’afasia emotiva che caratterizza i soggetti, abbassati al rango di simulacri anche quando sono star planetarie; la (apparente) neutralità del mezzo meccanico.
Rispetto alle fotografie scattate con macchinari più tradizionali, nelle Polaroid la morte dell’autore è strutturale. La particolare natura dell’immagine, poi, quell’alone giallastro semisolarizzato tipico del mezzo, rende ancora più ectoplasmatici i soggetti.

Andy Warhol – Polaroids 1958-1987, Taschen, 2015

Andy Warhol – Polaroids 1958-1987, Taschen, 2015

DAL PITTORIALISMO ALLA PIATTEZZA
Le fotografie sono organizzate cronologicamente (e per temi all’interno dello stesso periodo): percorrendone la successione emerge innanzitutto la loro qualità di opere finite e autonome –e l’assoluta consapevolezza a livello formale e di contenuto dell’autore, anche quando si tratta di immagini preparatorie per i dipinti o di scatti realizzati negli Anni Cinquanta, quando era ancora illustratore pubblicitario.
Non mancano però aggiustamenti della poetica: è curioso constatare come i primi scatti siano piuttosto formalizzati, caratterizzati da effetti quasi ironicamente pittorialisti. Anche nella Polaroid, dunque, è successo qualcosa di simile a quanto accaduto nella concezione della “pittura serigrafica”, un progressivo asciugamento (si pensi all’episodio delle due versioni della bottiglia di Coca-Cola, quella “espressionista” e quella algida e piatta – Warhol scelse ovviamente la seconda e continuò su quello stile).

Andy Warhol – Polaroids 1958-1987, Taschen, 2015

Andy Warhol – Polaroids 1958-1987, Taschen, 2015

FANTASMI DI SE STESSI
Negli anni successivi il ritratto è il soggetto principale: le star che commissionavano un dipinto con la loro effigie venivano prima fotografate con la Polaroid. Sfilano così nel libro celebrità di tutti i tipi, sempre ridotte a una versione diminuita; colte in un’espressione goffa, ridotte a caricatura di se stesse, messe in posa come un giocattolo o un pupazzo. Ma Warhol coltiva molti altri soggetti come paesaggi cittadini, nature morte, bambini e adolescenti… facendo emergere una desolata poesia del quotidiano, che non smentisce l’algida concezione dell’arte e del mondo. Negli Anni Ottanta, infine, l’estetica è “televisiva”; ma naturalmente soggetta a un détournement: deviata, surreale, approssimativa, esangue.

Stefano Castelli

Andy Warhol – Polaroids 1958-1987
Taschen, 2015
Pagg. 560, € 74,99
ISBN 9783836559492
www.taschen.com

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Stefano Castelli

Stefano Castelli

Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…

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