Viaggio negli inferi: scatti da una vetreria abbandonata

Brownfield è abbandono. Brownfield è terra e scorie. Brownfield è un territorio da scoprire. Stefano Brianti inizia dalla fine, raccontando per immagini una storia di lavoro e di comunità, quella di una fabbrica e dei suoi prodotti. Un libro-oggetto con copertina in lamina di piombo e amido a cospargere le pagine.

5 maggio 2004: una manciata di operai, rimasti soli nella storica fabbrica di Bormioli Rocco di Parma, fanno suonare per l’ultima volta la sirena. Si chiude così la vicenda produttiva di uno stabilimento che fu leader nel settore del vetro, che connotò con la sua presenza un intero quartiere, che vide lotte operaie e accordi tra lavoratori e azienda, e che oggi aspira a diventare – quando le condizioni lo permetteranno – un museo del vetro.
Le raffinate edizioni di Fermo Editore hanno di recente adottato, fatto propria e pubblicato l’appassionata ricerca fotografica di Stefano Brianti (Parma, 1972) che, con ostinazione e tenacia, è riuscito a entrare negli ambienti industriali dismessi, documentandone la realtà di abbandono e le tracce degli uomini, le macchine ora silenziose e i resti dei barattoli e dei boccetti. Una testimonianza che è anche interpretazione, sensazione vissuta sulla propria pelle e infine rappresentazione palpabile della materia, delle luci e degli odori. Brianti ha condotto la sua scoperta di un luogo industriale abbandonato, un brownfield appunto, scegliendo, dopo lunghe riflessioni, la pellicola di medio formato nonché l’affascinante quanto impegnativo banco ottico.

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Stefano Brianti – Brownfield

Il risultato sono immagini in cui i neri profondi prevalgono sulle luci, fino talvolta a lasciare intuire solo uno scheletro architettonico pericolante, con la sua aura di mistero e disfacimento. Ha scelto uno stile che è a metà tra la fotografia industriale – patinata e commerciale, pulita e asettica – e quella di archeologia industriale, quella delle rovine: e da quest’ultima in particolare ha tratto il senso del tempo che si è depositato sugli oggetti impolverati, sui cartelli scoloriti, sulle ciminiere spente e sui contatori fermi. Fotografie che danno vita a un enorme guscio vuoto, costruendone una memoria visiva che ancora sopravvive nei ricordi di chi in quella fabbrica ha lavorato.
Un luogo di 120mila mq composto da volumi immensi, svuotati di ogni contenuto; solo l’energia era ancora palpabile: l’energia del fuoco, della fatica, della macchina instancabile che domina sull’uomo. A ogni passo, a ogni angolo, tutto era lì, pronto a parlare di sé, del suo passato“, ha dichiarato il fotografo.

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Stefano Brianti – Brownfield

Migliaia di scatti realizzati durante un mese di sopralluoghi sono stati quindi il “materiale grezzo” da cui è nato un volume che non vuole essere solo un libro e un oggetto esteticamente significativo – come tutti i prodotti di Fermo Editore – ma anche uno strumento evocativo di un’atmosfera, di una storia: con la sua copertina in piombo morbido che con l’uso si stropiccia, perché per parlare di industria è bene tenere in mano un materiale pesante e avere davanti agli occhi una stampa dai neri densi.

Marta Santacatterina

Stefano Brianti – Brownfield
Fermo Editore, Parma 2012
Pagg. 40+22, € 220
ISBN 978-88-6317-027-6
www.fermoeditore.it

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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