Turner a Roma. Intervista al curatore

Il dietro le quinte della grande mostra su Turner nella Capitale. Parola al curatore e alla direttrice del Chiostro del Bramante di Roma.

In occasione della grande retrospettiva su William J. Turner, che indaga le sue sperimentazioni con l’acquerello, abbiamo chiesto al curatore David Blayney Brown quali siano le peculiarità della mostra.

Perché una mostra su Turner? Quali riflessioni può ancora ispirare, nel mondo dell’arte come del pubblico comune?
Turner ha un fascino universale e senza tempo. Gran parte del suo lavoro non è distinto in fasi circoscritte in un periodo preciso, sul periodo, ma (oltre a essere figurativo piuttosto che, ad esempio, completamente astratto o concettuale) avrebbe potuto essere fatto ieri, oggi o addirittura potrebbe essere fatto domani. Questo è particolarmente vero per i suoi acquerelli, e quando lavorava privatamente anziché per il mercato o per committenze specifiche, come è il caso della maggior parte delle opere in mostra. Era un instancabile sperimentatore, e sapeva reinventarsi continuamente. Nelle sue opere si legge un’immediatezza che ha in seguito interessato molti artisti, dagli impressionisti a Mark Rothko, un’influenza che continua ancora. Ma non è solo “l’artista degli artisti”; Turner aveva anche il dono di raggiungere un pubblico popolare (lui stesso proveniva dal popolo) e un pubblico specializzato o sofisticato. Tutti potevano e possono trovarci qualcosa, da tanto il suo lavoro è vasto. Inoltre, semplicemente, è piacevole da guardare per i colori e le atmosfere che seppe rendere.

Joseph Mallord William Turner, Venice. Looking across the Lagoon at Sunset, 1840. Tate

Joseph Mallord William Turner, Venice. Looking across the Lagoon at Sunset, 1840. Tate

Si tratta di una “normale” retrospettiva, oppure nell’occasione sono stati condotti nuovi studi sull’artista?
La mostra segue un percorso cronologico tematico, quindi in tal senso è una retrospettiva. Ma si concentra sul suo lavoro privato e più sperimentale, il banco di prova delle sue idee. Mi auguro riesca a spiegare l’evoluzione di Turner come acquerellista, e anche il mutevole rapporto tra l’acquerello e il colore a olio; possiamo infatti vedere come abbia cercato di far assomigliare gli acquerelli agli oli (in un momento in cui questi venivano inclusi nelle mostre). Più tardi, invece, adattò la tecnica dell’acquerello alle tele a olio, introducendovi la medesima trasparenza e i giochi di luce, assottigliando la pennellata in modo che i soggetti brillassero di “luce interiore”.

Queste opere hanno un fascino particolare perché provengono dalla collezione privata dell’autore. Quali furono i motivi che lo indussero a tenerle con sé? Inoltre, qual è l’opera più rappresentativa della mostra?
Turner ha tenuto con sé tutto ciò che non ha venduto. Si trattava di un archivio personale che poteva usare come riferimento per la scelta di soggetti e la realizzazione di immagini. Una volta ha detto di questo suo archivio: “A che cosa serve se non insieme?“.
Scegliere un lavoro più rappresentativo è davvero difficile; tutto rappresenta qualcosa, e comunque cambierei idea non appena ne avessi scelto uno. Ma l’acquerello di Venezia nella prima stanza è stato scelto per esemplificare la mostra, quindi indicherei quest’opera. La mostra inizia e finisce a Venezia anche se si trova a Roma! Acqua, luce, aria, nebbia, riflessi: Venezia è il luogo ideale per un acquerellista e sicuramente per Turner.

La mostra presenta elementi di novità per l’Italia?
In un certo senso, sì; oltre alle vedute di Venezia ci sono soggetti romani: acquerelli, e illustrazioni per un poema dal titolo Italia scritto dall’amico di Turner Samuel Rogers, oltre a un dipinto a olio dell’Arco di Costantino, che Turner espose a Roma nel 1828. Quindi, in un certo senso Turner, e queste opere in particolare, sono tornate a casa.

Joseph Mallord William Turner, The Northampton Election, 6 December 1830. Tate

Joseph Mallord William Turner, The Northampton Election, 6 December 1830. Tate

La direttrice artistica del Chiostro del Bramante, Natalia de Marco, ci illustra invece il contesto tecnico della mostra.

Con questa mostra prende avvio una collaborazione con la Tate Britain. Come si svilupperà?
Dart Chiostro del Bramante è da sempre impegnato nella promozione e valorizzazione del patrimonio culturale investendo in prima persona, da oltre vent’anni, in importanti progetti scientifici, in collaborazione con alcune delle più interessanti realtà istituzionali internazionali. La collaborazione con Tate rientra in questo panorama e nella fitta rete di relazioni museali intessute nel corso di questi anni. La mostra dedicata a Turner segna l’inizio di una partnership importante con Tate che prevede ulteriori progetti da sviluppare in futuro appositamente per il Chiostro del Bramante.

Una mostra del genere richiede un impegno economico considerevole; pertanto, si è pensato di portare la mostra in altre sedi, in modo da aumentare le entrate?
No, non ci saranno ulteriori sedi espositive e la mostra sarà visitabile fino al 26 agosto al Chiostro del Bramante. Trattandosi di un progetto ambizioso e scientificamente impeccabile per la qualità e quantità di opere esposte, il progetto richiede affettivamente un impegno economico considerevole che Dart Chiostro del Bramante ha affrontato nella convinzione che la cultura sia un investimento che fa quadrare l’economia, incrementando in maniera sensibile il sistema produttivo legato al mondo dell’arte. E i numeri dei visitatori già dai primissimi giorni di apertura ci stanno dando ragione.

Joseph Mallord William Turner, Land’s End Cornwall, 1834. Tate

Joseph Mallord William Turner, Land’s End Cornwall, 1834. Tate

Come si sviluppa il progetto speciale che accompagna la mostra? 
Dart Chiostro del Bramante è da sempre molto attento ai nuovi linguaggi: i nostri progetti espositivi affiancano alle forme di arte tradizionale ricerche più contemporanee che si avvalgono di nuovi mezzi espressivi. Anche nel contesto di questa mostra abbiamo deciso di offrire ai visitatori un viaggio immersivo ed esperienziale nell’universo di Turner, che facesse da eco alle opere esposte. Per questo motivo abbiamo incaricato Fabien Iliou, video artist, in collaborazione con il sound designer Paky di Maio, di realizzare un progetto inedito, concepito per l’occasione, e dedicato a una delle opere esposte nel museo, Bamburgh Castle, Northumberland. L’istallazione Memorie di Bamburgh avvolge il visitatore attraverso un gioco di suoni e colori aiutandolo a ritrovare una dimensione intima, meditativa e onirica legata all’eternità delle opere di Turner.

Niccolò Lucarelli

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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