Tra mistica e Simbolismo. Il Salon de la Rose+Croix a Venezia

Esordio museale per una delle esperienze artistiche più affascinanti, e meno indagate, dell’ultimo decennio ottocentesco. Miti e simboli, linee sinuose e simbologie mistiche affollano gli ambienti della Collezione Peggy Guggenheim, restituendo visibilità alla saga di una confraternita segreta.

Atmosfere rarefatte e scambi energetici, fatti di impasti cromatici e linee decise, caratterizzano il viaggio espositivo offerto dalla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia. Un viaggio nel tempo, alle origini di un’intrigante, eppure sottovalutata, esperienza artistica, radicata nell’ultimo scampolo dell’Ottocento. Fra il 1892 e il 1897, Parigi fece da sfondo ai Salon de la Rose+Croix, propaggine creativa dell’omonima confraternita segreta di cui Joséphin Péladan, critico rosacrociano, fu mente e cuore pulsante. Una volta all’anno, un gruppo di artisti accomunati da un Simbolismo venato di mitologia e spiritualità dava vita al cosiddetto Salon de la Rose+Croix, che debuttò, nel 1892, tra le sale della Galerie Durand-Ruel.

Pierre Amédée Marcel Béronneau, Orfeo, 1897, Musée des Beaux Arts, Marseille

Pierre Amédée Marcel Béronneau, Orfeo, 1897, Musée des Beaux Arts, Marseille

SANTITÀ E PERVERSIONE

La quarantina di opere in mostra evocano temi ricorrenti, tipici di una stagione artistica dominata da rimandi e contrasti, spinte opposte e nuovi input, agli albori di un secolo foriero di avanguardie e rivoluzioni. Le tante, e a volte contraddittorie, anime dei Salon de la Rose+Croix si riflettono nei dipinti, nelle litografie, nelle acqueforti, nei guazzi e nelle xilografie esposti in Laguna, aprendo squarci su un universo inquieto, dove il naturalismo non trova spazio e colori e forme evocano figure sospese nel mito ‒ come quella di Orfeo ‒ o intrappolate in un presente tumultuoso, nel quale, ad esempio, la donna è ancora schiava del duplice stereotipo di santa e peccatrice. Aureole di luce incoronano il capo di fanciulle eteree, la cui fisicità pare dissolversi nella leggerezza di colori aggraziati ‒ come nella fantasmatica Visione di Alphonse Osbert ‒, mentre l’idolo della perversione, secondo Jean Delville, ha occhi femminei densi di grafite.

MITO E SPIRITUALITÀ

La mitologia e l’afflato spirituale hanno generalmente sembianze maschili: è un Péladan velato di trascendenza, ritratto da Alexandre Séon, Delville e Marcellin Desboutn, a inaugurare il percorso espositivo, dettando le regole di una confraternita calata in un tempo a cadenze variabili, stretto fra mitologie cariche di suggestioni ‒ l’Orfeo di Pierre Amédée Marcel-Béronneau vale l’intera visita ‒ e rimandi a un “ora” ermetico, ben tratteggiato dall’Alba del lavoro di Charles Maurin ‒ un mix di gironi danteschi e rivolte operaie ante litteram ‒ e dalle incisioni di Félix Vallotton, protagonista di un unico Salon poiché in disaccordo con i dettami mistici e favorevoli al sincretismo di Péladan.
Una colonna sonora in cui si alternano le note di Satie, Wagner, Debussy e Chopin segna il passo dell’itinerario di visita fra le sale rosso cupo della Collezione Peggy Guggenheim, evocando i concerti che accompagnavano i Salon e innescando un dialogo fra simboli del passato e miti del presente, che trovano ne La nuova generazione di Jan Toorop ‒ ultimo dipinto del percorso ‒ una ricomposizione momentanea, verso un futuro di cui si possono solo intuire, o desiderare, i contorni.

Arianna Testino

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Arianna Testino

Arianna Testino

Nata a Genova nel 1983, Arianna Testino si è formata tra Bologna e Venezia, laureandosi al DAMS in Storia dell’arte medievale-moderna e specializzandosi allo IUAV in Progettazione e produzione delle arti visive. Dal 2015 a giugno 2023 ha lavorato nella…

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