Apocalittico e vitale. Alik Cavaliere a Milano

Sedi varie, Milano – fino al 9 settembre. In sei sedi, con fulcro al Palazzo Reale, una retrospettiva rende omaggio allo scultore romano, milanese d'adozione. Le variazioni sul tema vegetale si affiancano ai “teatrini”, alle grafiche, alle “piante in gabbia”. Un universo creativo suggestivo, da riscoprire nella sua radicalità.

Doveroso risarcimento per un autore troppo poco considerato e commemorazione a vent’anni dalla scomparsa, la retrospettiva che Milano dedica ad Alik Cavaliere (Roma, 1926 – Romagnano Sesia, 1998) si distribuisce su sei sedi. Il fulcro è nella Sala delle Cariatidi del Palazzo Reale (con un’appendice nel giardino), invasa senza soluzione di continuità da una gran quantità di sculture “vegetali”. Il colpo d’occhio è d’impatto, anche se le singole opere soffrono un po’ a causa dell’accumulo.
Ma addentrarsi tra gli arbusti post-apocalittici di Cavaliere (calchi in bronzo basati su modellato in cera) è un’esperienza da non perdere: un doppio della realtà che denuncia il suo artificio ma nondimeno dà vita a un universo autonomo, che ingloba il corrispettivo reale e immerge in sensazioni allo stesso tempo tragiche e idilliache.

SMARRIMENTO E VITALITÀ

Come si vede, risulta un po’ riduttivo aver intitolato la mostra L’universo verde: l’infinito ribadire del motivo vegetale non è per l’artista una scelta di stile, ma radicalmente simbolica. Vero è che il riferimento al De rerum natura lucreziano è per l’artista uno spunto fondamentale, ma non teso a creare una semplice trasposizione letterario-artistica. L’estetica congelata di Cavaliere, desolata pur nella vitalità delle diramazioni arboree, post-apocalittica appunto, ha attinenza diretta con le tensioni del secondo dopoguerra e trova corrispondenza anche nella situazione odierna.
Altri filoni sono comunque contemplati nella mostra: come Le avventure di Gustavo B., ciclo di sculture dal sapore teatrale del 1960-63 approfondito al Museo del Novecento. Lo smarrimento esistenziale del personaggio trova qui posto in scenari urbani maestosi per quanto lugubri, ricchi di poesia e persino di ironia.
Nel cortile di Palazzo Litta è collocata invece …E sarà sempre di tutti quelli che credono con la loro arte di defraudare la natura (1967), monumentale variazione di forme tra il vegetale e l’astratto-geometrico, non priva di forza espressiva.

Maria Mulas, Alik Cavaliere, 1983 © Maria Mulas

Maria Mulas, Alik Cavaliere, 1983 © Maria Mulas

OASI NASCOSTA

Alle Gallerie d’Italia, W la libertà (1976) esemplifica alla perfezione il tema delle “piante in gabbia”, in cui al motivo vegetale “calcificato” si affiancano detriti, oggetti quotidiani consunti e tragici nella loro innocenza calpestata. Vi si accompagna Racconto del 1966, che si muove nelle stesse atmosfere. Le incisioni a quattro mani con Vincenzo Ferrari trovano posto all’Università Bocconi. Ed è da non perdere infine l’altra sede, il Centro Cavaliere, oasi nascosta in pieno centro di Milano, dove si viene accolti dai custodi e introdotti a storia e retroscena della carriera dell’artista.
Ora inserito nel percorso della mostra, ma aperto in permanenza, il Centro ha sede in quello che fu lo studio di Cavaliere e raccoglie esempi di diverse sue fasi, dalla figurazione di inizio carriera alle installazioni, fino all’opera pittorica. Nel cortile, diverse variazioni sul tema vegetale trovano una collocazione perfetta: silenziosa, desolata ma vitale.

– Stefano Castelli

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Stefano Castelli

Stefano Castelli

Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…

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