Il giardino di Yto Barrada. All’American Academy in Rome

American Academy in Rome ‒ fino all’8 luglio 2018. L’istituzione americana a Roma presenta un corpus inedito delle opere dell’artista franco-marocchina. Un’occasione unica per conoscere la produzione recente della Barrada, in una mostra a cura di Peter Benson Miller.

È una delle artiste più promettenti e riconosciute della sua generazione Yto Barrada (Parigi, 1971). L’American Academy in Rome, sotto la curatela di Peter Benson Miller, anche direttore artistico dell’istituzione, le dedica una personale in corso nella Capitale fino all’8 luglio.
Qui si evince in maniera molto chiara la poetica dell’artista franco-marocchina e si ha la possibilità di incontrare la sua produzione più recente. The Dye Garden, questo il titolo dell’esposizione, fa parte di una riflessione più ampia sul rapporto tra Oriente e Occidente, tra i fragili sistemi politici, sociali e culturali che governano il nostro presente, portata avanti dall’Accademia dall’autunno scorso.
In una sala dipinta sorprendentemente di un blu profondo si apre il percorso espositivo con il video Tree Identification for Beginners, commissionato da Performa17 e costruito durante una residenza della Barrada a Roma. Realizzato in stop motion e animazione, fa riferimento a un viaggio della madre dell’artista negli Stati Uniti nel 1966, promosso da Operation Crossroads Africa, una sorta di esperimento interculturale, analizzato dall’artista attraverso la lettura di indagini archivistiche e l’uso giocattoli di montessoriana memoria. Tra questi, solo uno viene “estrapolato” dal video e messo, come un oggetto prezioso, sotto teca. È infatti l’unico a non appartenere alla cultura occidentale: è un gioco tradizionale marocchino, forse un ricordo dell’infanzia dell’artista.

Yto Barrada. The Dye Garden. Exhibition view, American Academy in Rome, 2018. Courtesy Pace Gallery. Photo Altrospazio

Yto Barrada. The Dye Garden. Exhibition view, American Academy in Rome, 2018. Courtesy Pace Gallery. Photo Altrospazio

I RIFERIMENTI

Anche nella seconda sala a dominare è il colore, questa volta un rosa tenue. L’uso delle tinte sulle pareti non è pretestuoso, ma racconta la ricerca che l’artista conduce da tempo sui metodi di tintura dei tessuti utilizzando elementi naturali, piante e fiori (celebrati con un Iris di Tangeri realizzato in forma di puzzle in legno, unica opera non inedita in mostra), sulla scorta delle ricerche del designer e attivista inglese William Morris. L’artista qui porta però il discorso più in alto e mette in campo i propri riferimenti artistici, dalle tele di Frank Stella del biennio compreso tra il 1964 e il 1965, anni in cui l’artista viaggiò in Africa, a Robert Rauschenberg, che in Marocco ci va invece nel 1953. Ma anche artisti africani come Mohamed Chebaa, Farid Belkahia, Mohammed Melehi, fondatori della Scuola di Casablanca negli Anni ’60. Tutti questi nomi riecheggiano nelle tele e nelle teche che l’artista dispone con ordine e consapevolezza nello spazio dell’American Academy, in un percorso espositivo organico e totalmente personale.

Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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