Tigri in ciabatte. Una residenza e una mostra a Venezia

La Galleria Massimodeluca di Mestre ha fatto da cornice attiva al terzo appuntamento con “Darsena Residency”, il programma di residenza per artisti ideato dalla responsabile dello spazio espositivo, Marina Bastianello. Della mostra e dell’esperienza residenziale abbiamo parlato con lei e con il curatore Daniele Capra.

È una mostra a più voci quella in corso alla Galleria Massimodeluca, strategicamente collocata su un’ideale linea di confine che separa, e unisce, la terraferma alla Laguna veneziana. Frutto del programma di residenze ideato da Marina Bastianello, la rassegna accende i riflettori sulle opere del collettivo italo-belga VOID (Arnaud Eeckhout e Mauro Vitturini) e del portoghese Marco Godinho, selezionati dal curatore Daniele Capra. I lavori, esito della residenza artistica negli spazi della galleria, chiamano in causa differenti linguaggi, supporti e dimensioni ‒ dalla sound art all’installazione multimediale fino alla scultura ‒ accomunati da una profonda riflessione sulle dinamiche e le tradizioni dell’ambiente lagunare, che ha fatto da sfondo alla residenza.

PAROLA AL CURATORE

Quali sono le linee guida della mostra e quale impronta curatoriale hai scelto di conferirle?
Tigers in Flip-Flops raccoglie opere stilisticamente e poeticamente molto eterogenee, nate durante il periodo di residenza. Sono quindi accomunate, prima di tutto, dal fatto che hanno preso forma mentre gli artisti trascorrevano la loro vita in galleria condividendo tempo, spazi, luoghi ed esperienze. La mostra quindi è fluida, libera, e sarebbe stato inopportuno modellarla a partire da un’idea curatoriale strutturata, poiché essa porta con sé la sintesi degli stimoli umani, visivi, culturali e territoriali maturati dalla vita in comune in questo ritaglio di mondo tra laguna e terraferma.

Marco Godinho, Lunar Cycle (9 July – 6 August 2017) (particolare), 2017, photo Nico Covre e Galleria Massimodeluca

Marco Godinho, Lunar Cycle (9 July – 6 August 2017) (particolare), 2017, photo Nico Covre e Galleria Massimodeluca

E per quanto riguarda il titolo?
L’ossimoro “tigre in infradito” non ha una motivazione di ordine espositivo, bensì allude alla condizione complessa dell’essere artista, in bilico e chiamato a resistere alle difficoltà materiali e a superare intellettualmente le pastoie del presente. È una metafora della sfida, del tentativo di un balzo felino con la complicazione dell’essere in ciabatte.

La mostra è frutto della residenza in galleria. Che tipo di sinergie si sono venute a creare fra gli artisti coinvolti e in che modo sono state veicolate dall’esposizione?
La residenza è uno strumento per ricercare nuovi stimoli e agisce come fattore moltiplicativo rispetto alle possibilità che un artista ha di svolgere la propria ricerca. Per la continua vicinanza, gli artisti hanno avuto la possibilità di discutere le proprie opere con colleghi e curatore già a partire dalla fase ideativa, in un confronto che troppo spesso è assente poiché le modalità con cui viviamo sono troppo focalizzate sulla pratica individuale e sull’idea prestazionale del fare arte. Una residenza rompe l’isolamento dell’artista nel proprio studio, anche per la presenza del gallerista e dei visitatori. Le opere di Tigers in Flip-Flops sono quindi frutto di un confronto continuo e di una selezione in cui abbiamo scartato i tentativi che non ci convincevano. Penso che le opere della mostra portino con sé questa intensità, le ore di dubbi e discussioni.

Tigers in Flip Flop, installation view, photo Nico Covre e Galleria Massimodeluca

Tigers in Flip Flop, installation view, photo Nico Covre e Galleria Massimodeluca

Alcune delle opere prendono le mosse dal legame fra suono e materia organica, mentre altre riflettono su tematiche strettamente attuali. Quanto conta, in tale contesto, la partecipazione attiva del pubblico?
Ad esempio modellare un vetro con il suono (come hanno fatto i VOID) o fare del profilo del Mar Mediterraneo un orecchino da portare (Marco Godinho), è un’operazione molto differente che richiede strategie visive diverse anche per chi guarda l’opera. Conta sicuramente molto quindi il visitatore, perché gli è richiesto di ricomporre poetiche e approcci complessi, distanti, ma che senza l’esperienza della residenza e della mostra non avrebbero potuto essere generati e stare insieme.

PAROLA ALLA GALLERISTA

Questo è il terzo appuntamento del programma di residenze da te ideato. Bilanci? Evoluzioni? Propositi per il futuro?
Mi ritengo molto soddisfatta del risultato di quest’ultima residenza, definirei quindi il suo bilancio positivo. Ho avuto la possibilità di lavorare con artisti già riconosciuti nel mondo dell’arte contemporanea e questo è stato molto stimolante. Quest’anno, per mancanza di tempo, non abbiamo selezionato i partecipanti attraverso una open call, bensì ho orientato le mie scelte su una rosa di artisti proposta dal curatore Daniele Capra. Credo che questo sia stato un approccio vincente, che manterrò anche per le edizioni future, che sicuramente avverranno! Inoltre ho ricevuto dei feedback molto positivi dalle persone che hanno gravitato attorno alla residenza, e che quindi ne hanno seguito l’evolversi. Ma non solo, i risultati che sono emersi sono stati molto apprezzati anche da chi è riuscito a visitare solo la mostra conclusa, senza aver avuto modo di interagire con gli artisti precedentemente, e ne è stato piacevolmente colpito.

Void, Au claire de la lune (particolare), 2017

Void, Au claire de la lune (particolare), 2017

Qual è il feedback che hai ricevuto dagli artisti durante questa residenza e durante quelle passate?
Il resoconto da parte degli artisti che hanno partecipato alla residenza è connesso alla possibilità di interazione con il territorio, che rimane sempre una fonte di ispirazione per la loro produzione. Il retaggio industriale di Mestre, legato al fascino di Venezia, è sempre stato per gli artisti un mix vincente, in grado di generare diversi livelli di fascinazione. Credo che sia per questo che i risultati siano molto poetici e conservino anche nel medium un forte riferimento all’esperienza, legata al confronto con le realtà artigianali, industriali e scientifiche del territorio. Gli artisti hanno poi sottolineato come la residenza sia un momento importante per la loro ricerca, per l’opportunità di cambiare contesto e aprirsi a nuovi orizzonti. I progetti che hanno preso forma hanno sì una connotazione squisitamente legata al contesto in cui sono stati realizzati, ma vantano anche della possibilità di non ridursi di intensità se trasferiti in un contesto più globale.

Sono previste novità per il prossimo anno?
E che sorpresa sarebbe se te lo dico adesso?!

Arianna Testino

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Arianna Testino

Arianna Testino

Nata a Genova nel 1983, Arianna Testino si è formata tra Bologna e Venezia, laureandosi al DAMS in Storia dell’arte medievale-moderna e specializzandosi allo IUAV in Progettazione e produzione delle arti visive. Dal 2015 a giugno 2023 ha lavorato nella…

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