Il Van Abbemuseum ripensa museo e collezione. Con un simposio e un network di istituzioni europee

Come un museo può rispondere alla globalizzazione? Che ruolo deve giocare il museo nella società civile? È la riflessione che il museo di Eindhoven apre nel presentare il programma dei prossimi 3 anni. Con l’obiettivo di ripensare completamente il ruolo del museo e il suo statuto. Lanciando una sfida ad altre istituzioni europee.

Il Van Abbemuseum di Eindhoven presenta al pubblico il riallestimento della collezione ed il programma per i prossimi tre anni. Per farlo, fino al 23 settembre, sceglie di ospitare, concluse almeno in sede le celebrazioni per i 100 anni di De Stijl, una tre giorni di attività, workshop e riflessioni critiche su un tema nodale: de-modernizzare il museo e la collezione. Un motto caustico che affonda le proprie radici nella messa in crisi dello statuto dell’istituzione museale, delle forme di conservazione e di archiviazione nella contemporaneità (tema che sarà raccontato nei prossimi numeri di Artribune Magazine, all’interno della rubrica “talk show”) e del concetto di modernità. La domanda da cui parte la direzione del Van Abbemuseum è “Come un museo può rispondere alla globalizzazione? Che ruolo deve giocare il museo nella società civile?” Insieme a L’Internationale, una confederazione formata da sei istituzioni (Moderna Galerija Ljubljana; Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid; MACBA, Barcelona; M HKA, Antwerp; SALT Istanbul / Ankara; Liverpool John Moores University; School of Arts – KASK, Hogeschool Ghent e Universität Hildesheim) dedicate all’arte contemporanea, il Van Abbemuseum sta lavorando per “de-modernizzare”, riallestendo la collezione permanente e alterando i canoni della museologia classica.

Installation view The Making of Modern Art. Photo Peter Cox. Van Abbemuseum 2017

Installation view The Making of Modern Art. Photo Peter Cox. Van Abbemuseum 2017

LA FINE DELLA STORIA DELL’ARTE

“La globalizzazione ha reso chiaro che non esiste una storia dell’arte universale, ma un insieme di storie dell’arte”, spiegano gli organizzatori. Proprio per questo e con l’intento di rendere il museo parte attiva di questo processo di trasformazione, la direzione ha deciso di esplorare nei prossimi tre anni le possibilità di valorizzazione e condivisione della collezione; di realizzare nuovi progetti di ricerca e forum di dibattiti che coinvolgano gli operatori culturali locali ed internazionali. In primis, la collezione, formata da 3000 opere, è diventata oggetto di due mostre: The Making of Modern Art e The Way Beyond Art, che mostrano due prospettive completamente differenti, invitando a forme eterogenee di rappresentazione dell’arte che dovrebbero raccontare le lotte e le controversie della società del presente. “Trasformare il modo in cui mostriamo la nostra collezione è solo il primo step del percorso che stiamo compiendo per ripensare il museo e la relazione dell’istituzione con la sua comunità, la sua storia, il suo futuro”, ha commentato il direttore Charles Esche. “A prescindere dalla loro differente identità, storia e priorità, tutti i musei europei condividono la responsabilità di riposizionarsi nello sfaccettato mondo in cui viviamo oggi”.

The Way Beyond Art

The Way Beyond Art

LA STORIA FATTA DAI VINCITORI

The Making of Modern Art mette insieme i “classici modernisti” (Picasso, Sol LeWitt, Leger) con materiali di archivio che mostrano come le narrative dominanti del XX secolo sono state costruite. Soprattutto nelle “stanze d’atmosfera” la mostra riflette sul ruolo delle istituzioni nella costruzione della storia dell’arte presentando racconti di importanti musei, collezionisti e mostre che hanno contribuito alla formulazione dei canoni con cui ci confrontiamo ancora oggi. “È stata l’arte complice dei disegni di una ideologia dominante di progresso e sviluppo, basata sul potere occidentale e su un aggressivo colonialismo?” è la domanda che l’esposizione pone. The Way Beyond Art mostra, invece, opere di Chto Delat, Corneille, Dan Flavin, Nilbar Güres, Iris Kensmil, Anselm Kiefer, John Körmeling, Taus Makhacheva, Füsun Onür, Thomas Schütte e Franz Erhard Walther. I temi principali sono Land, Home e Work (terra, casa e lavoro), anche in questo caso declinati in “stanze d’atmosfera” che rigettano il modello tradizionale di white cube per costruire degli spazi esperenziali.
Concetti come identità, storia, politica, disuguaglianza, decolonizzazione, de-modernizzazione e decentralizzazione, sono al centro delle mostre, curate da Christiane Berndes, Charles Esche, Loes Janssen e Steve ten Thije, che propone una disamina sul design a Istanbul. Al programma espositivo si unisce un simposio collaterale su questi temi, che vede coinvolte le istituzioni del network L’Internationale.

– Santa Nastro

Eindhoven// fino al 23 settembre 2017
Van Abbemuseum
Bilderdijklaan 10

https://www.vanabbemuseum.nl

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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