Warhol, culture aliene e videoarte. A Bergamo

Alla GAMeC di Bergamo prende il via una ricca stagione di appuntamenti, tra suggestioni underground, meditazioni metafisiche e una intensa e articolata trama visionaria.

Con Andy Warhol, l’opera moltiplicata: Warhol e dopo Warhol, a cura di Giacinto Di Pietrantonio, rivive il mito del geniale e ipnotico guru della Pop Art, che ha valicato i fantomatici 15 minuti di notorietà con suggestioni senza tempo. Le celebri icone multicolor, ritratti “multipli” di personaggi dello star system americano o relegati al mondo politico (da Marilyn Monroe a Mao Tse-Tung), sfilano affiancate da altrettanto note serie serigrafiche dai contrasti esasperati che hanno consegnato Andy Warhol alla leggenda, come Flowers e Campbell’s Soup. Passo dopo passo, l’energia della Factory travolge le quattro sale della sede bergamasca, rivestita per l’occasione di carta argentata, che accoglie complessivamente oltre cento opere, compresi cimeli cult, come la chitarra di Mick Jagger (autografata), diversi numeri di Interview (la rivista fondata da Warhol nel 1969) e le immancabili cover discografiche (una per tutte, The Velvet Underground & Nico). Spaziando tra arte, moda e costume, in un gioco di specchi, la retrospettiva restituisce il riflesso seriale di Warhol: l’artista, l’editore, il produttore musicale e cinematografico, precursore di generazioni di artisti-imprenditori, non ultimo tra questi Damien Hirst, che ha firmato le sedie sdraio di cui si fregia l’allestimento. Il visitatore potrà così beneficiarne e apprezzare in relax lo spettacolo ripetitivo dell’Empire State Building, offerto dall’inquadratura fissa usata per Empire (film del 1964).

Pamela Rosenkranz, dalla serie Creation, Deterioration, Conservation, 2015. Photo Flavio Karrer

Pamela Rosenkranz, dalla serie Creation, Deterioration, Conservation, 2015. Photo Flavio Karrer

PAMELA ROSENKRANZ E LA CULTURA ALIENA

Lo Spazio Zero della GAMeC presenta Alien culture, personale dedicata a Pamela Rosenkranz (1979), giovane artista svizzera consacrata alla fama nella scorsa edizione della Biennale di Venezia. Varcate le soglie di quest’area del museo, in origine un monastero dell’ordine delle Dimesse e delle Servite, si avrà la sensazione di accedere a una dimensione soprannaturale, piegata dal colore, il blu. Per la GAMeC la Rosenkranz ha realizzato un progetto site specific, sette Alien Blue Windows, “che sono la replica delle finestre ad arco presenti nel corridoio – spiegano i curatori Sara Fumagalli e Stefano Raimondi –, “allestite specularmente per enfatizzarne la relazione. L’artista, con il suo intervento, ha voluto attivare la storia spirituale dello spazio istituzionale creando un ambiente immersivo in cui il blu emanato dai sette lightbox riempisse la sala che li accoglie. La relazione con lo spazio le ha consentito di avanzare la sua ricerca sul blu, che in questa nuova serie di lavori rimanda al cielo, luogo della divinità e destinazione delle anime dopo la morte. Il blu emanato dalle finestre, è un blu RGB, artificiale, in apparente contrasto con quello naturale, osservabile fuori dalle finestre dello spazio”. A completare l’installazione la nuova serie di dipinti Creation, Deterioration, Conservation, in cui la Rosenkranz, sensibile al lirismo rinascimentale, riprende il Miracolo della croce caduta nel canale di San Lorenzo e Processione in piazza San Marco di Gentile Bellini, sporcandone la riproduzione con diversi strati di vernice acrilica rosa carne, come una seconda pelle. C’è un lato performativo nell’esperienza proposta, che apre all’osservazione da un altro livello, in quanto la luce blu colpisce la superficie delle tele con intensità differente, interferendo con la percezione.

Adrian Paci, The Column, 2013. Still da video. Courtesy l'artista & kaufmann repetto, Milano-New York

Adrian Paci, The Column, 2013. Still da video. Courtesy l’artista & kaufmann repetto, Milano-New York

ARTISTS’ FILM INTERNATIONAL

Sulle orme delle edizioni precedenti, il focus sui nuovi linguaggi artistici prosegue in sala proiezione con l’Artists’ Film International, prestigioso network internazionale di videoarte, promosso dalla Whitechapel Gallery di Londra, da poco celebrato nel suo decimo anniversario alla 57. Biennale di Venezia e sostenuto dalla GAMeC fin dalla prima edizione. Il curatore Stefano Raimondi ha illustrato il percorso intrapreso dal museo, sottolineando “come negli ultimi anni l’utilizzo da parte di sempre più numerosi artisti del video si è reso necessario per poter affrontare la complessità narrativa del reale, i livelli stratificati e mobili della società. Il flusso” – continua il curatore – “è quello che accomuna sia il film che le dinamiche del mondo, e non stupisce che l’interazione sia bidirezionale. Se ci pensiamo bene, di alcuni episodi universali (quali l’11 settembre) abbiamo un ricordo in movimento, e non più statico o immaginifico. Allo stesso modo, è importante sottolineare come quello che oggi si chiama Artists’ Film International fosse nato nel 2008 come Art in the Auditorium: in questo cambiamento di titolo si evince un passaggio da un luogo definito e chiuso come una sala di proiezioni a quello aperto e mobile del mondo, che porta, da un lato, a testimoniare come il film sia utilizzato internazionalmente a livello artistico e come sia possibile creare un network globale e, dall’altro, a osservare come la componente internazionale sia riferita anche alla dinamicità degli artisti, alcuni dei quali hanno la possibilità di essere cittadini del mondo. Per questo ci è sembrato interessante invitare Adrian Paci, albanese d’origine ma italiano d’adozione, a rappresentare l’Italia nella IX edizione di AFI.
In visione alla GAMeC, infatti, c’è The Column (2013) di Adrian Paci, in cui il tema del viaggio “che trasforma” è affidato alla storia di un blocco di marmo, dall’estrazione in una cava vicino a Pechino alla metamorfosi in colonna classica corinzia durante il viaggio verso l’Europa.

Domenico Carelli

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