Fra memoria antica e sperimentazione contemporanea. Tutto il Medio Oriente alla Biennale

La realtà della guerra è ancora drammaticamente presente nell’immaginario degli artisti, e un sentire comune lega Iran, Iraq e Libano, dove uno splendido passato è la sorgente da cui attingere riflessioni e speranze nel difficile tentativo di costruire un futuro di pace e stabilità. Si distinguono gli Emirati Arabi Uniti, fra le poche isole felici dell’area mediorientale, dove l’arte contemporanea è un campo di studio e comparazione.

Una suggestiva istallazione di grandi dimensioni, nell’atrio di Palazzo Donà delle Rose, è il contributo di Bizhan Bassiri (Teheran, 1954) per la presenza iraniana a Venezia. Tapesh. The golden reserve of magmatic thought, sintetizza il senso dell’esistenza in assenza della storia e del tempo: le statue dalla vaga figurazione antropomorfa rappresentano due popoli, o forse due eserciti, che si fronteggiano. A separarli, a decidere del loro futuro, il fato, simboleggiato dai due dadi d’oro al centro dell’istallazione, sulle cui facce si legge sempre il numero sei, che appunto simboleggia il destino dell’uomo. Fra le righe, si leggono le contrapposizioni della storia recente dell’Iran, da quella Khomeini/Reza Pahlavi, a quella Khomeini/Saddam Hussein, fino al difficile equilibrio con i Paesi arabi moderati. Per questa tensione, l’opera racchiude sia la forza divina della creazione, sia quella demoniaca della distruzione, in un dualismo manicheo. Un silenzio immemoriale permea questa suggestiva istallazione, dove la foglia d’oro, la pietra, la polvere di marmo, richiamano un’antichità de non è mai del tutto passata.

RIPARTIRE DALL’ANTICHITÀ

La nudità arcaica della pietra, del vetro e dell’argilla dei 40 reperti del Museo Nazionale di Baghdad, dialoga con le opere di otto artisti contemporanei: nel confronto con il suo millenario patrimonio artistico, l’Iraq cerca l’ispirazione e la forza morale per guardare avanti, dopo anni di guerra e instabilità interna. Il quarto piano di Palazzo Cavalli-Franchetti diventa una zona franca fra passato e presente, con gli stilemi della tradizione quale fil rouge di una creatività che ha sempre guardato alla terra, alla natura, al cielo. Dai dipinti neo-cubisti di Jewad Selim (1919-1961) ai disegni su carta di Shakir Hassan Al Said (1925-2004) ispirati alle ceramiche islamiche, fino alle tele di Francis Alys (Anversa, 1959) – che reinterpretano la realtà della guerra con gli ocra e i beige dei mattoni delle antiche ziggurat -, e il reportage dal fronte di Mosul di Ali Arkady (Khanaqin, 1982), sullo sfondo di un paesaggio antico, dalla commovente bellezza che non ha mai smesso di ispirare.

LA CATARSI PROFETIZZATA

Il dualismo manicheo fra bene e male, luce e ombra, dèi e falsi idoli, è alla base della riflessione di Zad Moultaka (Beirut, 1967), che porta all’Arsenale Nuovo l’antica profezia dell’Apocalisse araba, come riportata da un manoscritto babilonese del II Millennio a.C. e che i lunghi decenni di guerre e agitazioni hanno sempre fatta apparire imminente.
Una suggestiva istallazione video con potenti effetti sonori fronteggia un assemblaggio di cilindri di ferro e materiale elettronico, simulacro moderno della stele di Hammurabi (sulla quale è effigiato anche Šamaš, dio mesopotamico della luce). Moultaka riflette sul confine fra giustizia e ingiustizia, pace e guerra, alla luce della situazione libanese. La suggestiva istallazione video, dove idealmente si rispecchia Šamaš, simula l’effetto sonoro e visivo di un’esplosione cosmica, che pare essere l’ultima speranza per una catarsi e un nuovo inizio della Storia.

LA SPERIMENTAZIONE LUDICA NELL’ARTE

Rock, paper, scissors: positions in play è una collettiva dinamica ma anche profondamente concettuale, ispirata all’antico gioco cinese conosciuto in Italia come “sasso, carta forbice”. Un gioco che contempla elementi come la regola, il caso, l’immaginazione, il capriccio, elementi che si ritrovano anche nel contesto della creatività artistica. Rintracciando questo percorso parallelo, Nasar si interroga sull’origine dell’istinto degli artisti per il gioco inteso come esercizio, spettacolo, coinvolgimento, del pubblico ma anche dell’artista stesso. Nel mondo dell’infanzia il gioco è formativo per la conoscenza della realtà, di sé e degli altri: dalla danza al linguaggio del corpo, fino ai manufatti “naif” in legno, il Padiglione indaga una pluralità di linguaggi che esprimono il lato freudiano dell’arte.

– Niccolò Lucarelli

Padiglione Iran
Palazzo Donà delle Rose
Cannaregio, 5038, Venezia

Padiglione Iraq
Palazzo Cavalli Franchetti
San Marco, 2847, Venezia

Padiglione Libano
Arsenale Nuovo, Tesa 100

Padiglione Emirati Arabi Uniti,
Arsenale

www.labiennale.org

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

Scopri di più