Finale di partita. Giulio Paolini a Milano da Christian Stein

Galleria Christian Stein, Milano e Pero – fino al 29 aprile 2017. La galleria meneghina, ma di storiche radici torinesi, celebra i suoi primi cinquant'anni di attività con un'ampia retrospettiva dedicata a Giulio Paolini.

Fine è il titolo della personale di Giulio Paolini (Genova, 1940) curata da Bettina Della Casa nelle due sedi della galleria milanese; più che un congedo, un ulteriore slancio verso la ricerca artistica, in una metamorfosi che sembra non trovare l’equilibrio di una perfetta conclusione.
L’artista concettuale gioca questa fase della sua personale partita confrontandosi con un nuovo intervento, concepito appositamente per la sala di Palazzo Cicogna. Fine è un’installazione dal forte carattere epico, “un’imbarcazione del pensiero” nella quale i riferimenti autobiografici sono incastonati in un assemblaggio solo apparentemente sconnesso. L’embarquement pour Cythère (1717) di Jean-Antoine Watteau suggerisce di esplorare la tanto desiderata isola della Bellezza e della Poesia con a carico una Wunderkammer “galleggiante” di oggetti, opere e utensili rappresentanti il percorso estetico del Paolini artista. Un brodo eterogeneo che rimette in discussione l’intero stato dell’Arte; l’artista si sottrae lasciando un’evoluzione statica che non trova una quadratura definita. La tela come una vela sgonfia, una poltrona settecentesca rovesciata, l’ermafrodito innaturale messaggero della Fine e un orizzonte incorniciato indicano la deriva verso una meta sicuramente individuata, ma mai raggiunta.

ASSENZA E SILENZIO

Nella sede di Pero le ampie sale dal forte carattere industriale ospitano un’oculata selezione di opere su larga scala, costruendo una serie di percorsi mentali in un susseguirsi di scene drammatiche; il sipario rosso è solo stampato sul cartoncino della mostra, ma è come se fosse aperto davanti a ogni opera. L’arte è teatralità e sottrazione, assenza e silenzio.
“Nessuno dunque è in grado di “fare arte” perché è l’opera, essa stessa, ad accedere alla cifra segreta e immutabile della propria esistenza. Un’opera, per essere autentica, deve dimenticare il suo autore”. Paolini si aggrappa al vero, a una classicità decadente e in rovina, ma che dà fiducia. Estenuante ricerca di un passato che risulta necessario per potere andare oltre al presente, selva troppo arida e imbevuta di finzione.

Giulio Paolini - FINE - exhibition view at Galleria Christian Stein - courtesy l'artista e Galleria Christian Stein, Milano - photo Agostino Osio

Giulio Paolini – FINE – exhibition view at Galleria Christian Stein – courtesy l’artista e Galleria Christian Stein, Milano – photo Agostino Osio

VIAGGI INCOMPIUTI

Il tema dell’imbarco ritorna in Hic et nunc, 1991, un riferimento a Le Radeau de la Méduse di Géricault. Il tragico naufragio della fregata è reinterpretato attraverso un telaio di legno grande quanto l’imponente quadro del pittore francese, con due traverse staccate e la tela non intelaiata abbandonata tra le assi come una vela lacerata. La continuità tematica del viaggio, intrapreso e mai compiuto, chiude l’esperienza espositiva lasciando una forte precarietà, un disequilibrio che porta l’Uomo a essere sospeso in una visione che sembra uscire da un saggio di Schopenhauer. Il velo di Maya, fonte di illusione e appannamenti, va sollevato, il significato intrinseco dell’arte è dentro di noi come rappresentazione soggettiva. “Guardare una scena non significa osservarla. […] Guardare una scena significa […] vederla ad occhi chiusi, dimenticarla – e dunque esserne osservati”. Un ritorno senza andata. Non si è mai davvero partiti o forse non si è mai tornati del tutto indietro.

Davide Merlo

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Davide Merlo

Davide Merlo

Davide Merlo nasce a Genova nel 1992, coltiva da sempre una grande passione per l'arte contemporanea, la filosofia e l'architettura. Laureato al Politecnico di Milano in disegno industriale e all'ISIA di Firenze in design per comunicazione visiva e multimediale; precedentemente…

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