Misericordia contemporanea. Oliviero Rainaldi a Napoli

Pio Monte della Misericordia, Napoli ‒ fino al 30 settembre 2018. Il Pio Monte della Misericordia accoglie un’opera in più. Oliviero Rainaldi porta il libero arbitrio, la pulizia delle linee e l’uomo a simposio con la drammaticità e la ricchezza emozionale di Caravaggio.

Mai periodo nell’ultima contemporaneità sembra più appropriato per ridiscutere il concetto di misericordia, di compassione nella sua etimologia latina del cum-patire, condividere tra uomo e uomo le asperità dell’esistenza. Arriva proprio al momento giusto quindi Le otto opere di misericordia di Oliviero Rainaldi (Pescara, 1956), installazione che sarà itinerante ma che, fino al termine di settembre, è visibile in un tempio di bellezza quale il Pio Monte della Misericordia a Napoli.

LA STORIA

Il tema delle opere di misericordia ‒ il pass per il Regno dei Cieli ‒ viene abbracciato con assiduità dalla pratica artistica dal XII secolo, in particolare, nelle chiese del Medioevo, se ne hanno di più e meno allegoriche e dettagliate rappresentazioni nei secoli, non ultime quelle di Canova, che ha scolpito con grande delicatezza i singoli dettami in diversi bassorilievi.
Uno dei più importanti esempi dell’iconografia rimane però la pala d’altare Le Sette opere di Misericordia di Caravaggio (1606-07) che domina il Pio Monte della Misericordia. Un’opera dalla composizione corale, nella quale i diversi insegnamenti sono condensati in un’unica grande scena, presieduta dall’alto dalla Madonna col Bambino accompagnata (per meglio dire: scortata) da due angeli. La controparte dell’installazione di Oliviero Rainaldi è dichiaratamente Michelangelo Merisi e il suo straordinario capolavoro. Un’opera, quella del Caravaggio, che trascina lo spettatore in un vortice di panneggi, corpi e situazioni che incantano, tanto più se si riporta la nascita dell’opera alla vicenda contingente della vita dell’artista, appena scappato da Roma dopo l’omicidio commesso e approdato e protetto, proprio per misericordia, a Napoli. Quasi un autoritratto che frammenta in diversi caratteri tutte le pochezze per le quali, esule fuggiasco e peccatore, si affida alla misericordia (divina o umana).

Michelangelo Merisi detto Caravaggio, Le Sette Opere di Misericordia, 1607. Photo © Pedicini

Michelangelo Merisi detto Caravaggio, Le Sette Opere di Misericordia, 1607. Photo © Pedicini

L’ANALISI

La provocazione, se di provocazione si può parlare, dell’artista abruzzese non è lanciata all’opera di Caravaggio ma, più profondamente, guarda alle ragioni storiche che preesistono all’opera; dietro la persona del committente e protettore Cardinale Carafa (ne ricordiamo un ritratto al vetriolo nel rocambolesco libro Q del 1999 di Wu Ming) aleggia l’enorme ombra della Controriforma, che combatte Lutero e i suoi a suon di opere che osannano pietas e onestà, povertà, carità e ‒ appunto ‒ misericordia. Sembra non voler dimenticare, questa installazione, il periodo storico in cui la chiesa, con un colpo di coda, tenta di reprimere la rivoluzionarietà della Riforma con un’ostentazione di ritrovata religiosità originaria, disconoscendo l’altera, intangibile santità e celebrando la realtà a scapito della passata opulenza (ricorda qualcosa delle mosse della politica contemporanea?).
In uno slancio luterano Rainaldi riporta a interlocutore del discorso religioso-spirituale l’uomo. L’ottava opera di misericordia, che il titolo dell’opera dichiara, propugna la misericordia verso sé stessi e si aggiunge alle sette ben note: dar da bere agli assetati, ospitare i pellegrini, visitare gli infermi, dar da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi, visitare i carcerati e seppellire i morti. Non tanto una rivendicazione di antropocentrismo, ma una sottolineatura di quanto tutto ciò che di buono e utile può essere compiuto risiede non tanto in insegnamenti impartiti dalla dottrina, nel sacrificio totale e autopunente, ma nell’amore che ogni uomo impara intimamente a nutrire per il proprio sé più profondo.

Oliviero Rainaldi, Le otto opere di Misericordia, 2018 (particolare). Photo credits Marco Derosa

Oliviero Rainaldi, Le otto opere di Misericordia, 2018 (particolare). Photo credits Marco Derosa

L’INSTALLAZIONE

La mostra è curata da Maria Savarese e nasce dalla collaborazione scientifico-culturale tra Oliviero Rainaldi, il Pio Monte di Misericordia di Napoli e vede la partecipazione di Genus Bononiae, del Museum of Contemporary Art di Shanghai (MoCA), della Venice International University, del Frederik Meijer Gardens & Sculpture Park (Michigan, USA) e del Museo d’Arte Contemporanea di Cassino. L’opera si compone di otto colonne di 9 metri di altezza che simulano altrettante candele dalle forme sinuose, flessibili, di un bianco latte puro e ascetico. Disposte in modo circolare, troneggiano al centro esatto della struttura a pianta circolare, incorniciando, in visione prospettica tra il sottile spessore dei pali/fusto di candela, proprio il dipinto che domina ormai da secoli lo spazio della chiesa.
Riprendendo quella interpretazione critica dell’opera del 1607, che vede nel chiaroscuro della torcia al centro del quadro la luce metaforica della misericordia che aiuta lo spettatore a cercare la via della propria vita, Rainaldi rappresenta i soggetti della sua installazione come fiaccole dalle vaghe fattezze umane, quasi degli equilibristi che con disciplina ed eleganza reggono su lunghe aste il peso del corpo, proteso al cielo solo sulla forza del proprio capo. L’opera, a uno sguardo più attento, si nota composta di sette buoni propositi ‒ quelli già conosciuti ‒ che tengono il viso ieratico e appena delineato diritto davanti a sé con la retta ideale dello sguardo convergente in un centro condiviso, e l’ottavo, la virtù, che incita all’amore verso la propria persona, con il volto lievemente rivolto da un lato, presupponendo una trasversalità dello sguardo che cerca, si guarda intorno, vuole trovare forse nuovi modi per vivere, o semplicemente il suo modo specifico di stare nel mondo.

Ofelia Sisca

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