Summer Theory No. 2. Generazioni e imprevisti

Passato e presente sono le sponde fra le quali si muove la “Summer Theory” di Christian Caliandro.

7 giugno 2018, in treno per Milano. La costa adriatica, risalendo su su – i lidi deserti tra Pescara e Ancona (Faradix), gli ombrelloni chiusi, a strisce, bianco/giallo, verde/crema – i condominii e le palazzine geometrili, i balconi, le villette, le auto parcheggiate – i pini – le gru – una ruspa, pure – i campeggi (Andrea Pazienza) – rifiuti, avanzi – un tetto sfondato – la linea del mare si fonde con il cielo biancoazzurro (No Line On The Horizon) – le palme in lontananza – muri grigi, azzurri, beige – finestre & tapparelle – muri bordeaux, marroni – verde verde verde, un fiumiciattolo trasparente che sfocia nel mare – mattonelle, tetti, ringhiere – balconi, asciugamani stesi – palme, container blu – mi fa male il collo – palme, balconi – verde, auto parcheggiate, persiane marroni – parasole stinti, muri slavati – balconi, ringhiere, tapparelle verdi – un lampione acceso, inspiegabilmente, alle 10,36 di mattina – sono a Roseto – qui vicino, a Silvi Marina, esattamente undici anni fa: A Man in Full di Tom Wolfe letto in inglese a bordo piscina – mia madre stesa qui accanto, in salute – mi fa male il collo – il buffet di Ferragosto in hotel, la spiaggia qui di fronte, i cocktail e il caldo, il tuffo in piscina e Wolfe, ‒ ora ho trentanove anni invece che ventotto, più malinconia e più contentezza addosso: “E perciò, da noi, tanto è difficile la via dell’arte, e la grandezza, quando è raggiunta, tanto contiene malinconica serenità” (Giuseppe Ungaretti, Ragioni d’una poesia).

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Gianmarco Montesano, Paesaggio, 1981

Gianmarco Montesano, Paesaggio, 1981

(Il dopo-funerale della mamma di Eugenio, da “Amarcord” prima, e al “Piccolo” poi.) Siamo orfani, terribilmente orfani delle nostre madri, eppure – proprio per questo; grazie a loro e al loro esempio – stiamo cominciando a elaborare e a praticare una nuova forma-di-vita. Basata sulla collaborazione e non sulla sopraffazione, sull’armonia e non sullo scontro, sulla sparizione e non sull’affermazione. La sofferenza ci dona inedite modalità espansive, riflessive, cooperative. Il trauma è sempre l’origine. Siamo padri senza essere padri – diversi in tutto e per tutto dai nostri, di padri (almeno si spera). Una strana, malinconica serenità, di fronte alla follia della prevaricazione perenne. Di fronte alla volgarità del non-pensiero (verbalizzato malissimo, ovviamente). Una serena disperazione, molto promettente, per fronteggiare in maniera adeguata questa disperata e pestifera euforia, del tutto immotivata peraltro e senza sbocchi se non quelli puramente autodistruttivi, che ci circonda. Vedremo dove essa ci porterà: intanto, vivere bene è la migliore vendetta.

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Giorgio de Chirico, La conquista del filosofo, 1914

Giorgio de Chirico, La conquista del filosofo, 1914

17 giugno. Laura Cionci che si tuffa nel fiume sacro della foresta colombiana – e appena si immerge vedere davanti a sé il terzo occhio, ha questa visione molto chiara e definita proiettata su se stessa, qualcosa che chiarifica e porta su un altro livello… Laura che a Rodi Garganico, sulla spiaggia, racconta l’episodio e l’intero processo alle studentesse (le connessioni che scattano e si attorcigliano, il postumano che fa presa e si fa strada, l’evoluzione che si avvia).
Wide Open Space dei Mansun scoperta in Inghilterra a Bath l’estate della maturità, la stazione di Bari S. Spirito, i corridoi dell’Accademia al secondo piano, il patio della villa a Borgo Pineto, Ma Solituda dei Catherine Wheel, il basso affittato con gli amici a Petrosa Jonica per giocare alla birra, il Ciao bianco, Zooropa ascoltato nel cesso a luglio, il KTM 125 bianco e verde e i salti in campagna con le Dr. Martens bucate e le pietre che volano da tutte le parti e la marmitta Arrow che sputa olio, la Cinquecento Abarth, il Nafoura alle quattro di mattina, Principino che mette i dischi, le speranze infrante, i falò sulla spiaggia, i baci & i cazzotti, il sapore stucchevole della vodka al melone sulla lingua e in gola, il Bar Europa all’alba (la signora della cassa è ancora lì: fresca come una rosa), le mangiate di carne e i pezzi di agnello infilati nel grembiule, Alanis Morrisette che canta incazzata sullo schermo piccolo mentre giochiamo a biliardo, il KTM, le felpe Adidas con cerniera (brit-pop), mille tagli di capelli, la prima generazione con adolescenza e postadolescenza interamente programmate nei gusti e nei consumi, oppure l’ultima ad aver usufruito di spazi liberi imprevisti?

Christian Caliandro

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #44

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Christian Caliandro

Christian Caliandro

Christian Caliandro (1979), storico dell’arte contemporanea, studioso di storia culturale ed esperto di politiche culturali, insegna storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. È membro del comitato scientifico di Symbola Fondazione per le Qualità italiane. Ha pubblicato “La…

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