Piccola storia dell’assurdo. Dalla tazza in pelliccia alle foto di Toto Cutugno

Quella dell’assurdo è una categoria che non smette di affascinare. Artisti del passato e del presente, designer, hacker ma anche semplici utenti della Rete confermano l’incredibile appeal che il non-sense esercita imperterrito da decenni. E ora c’è pure un festival milanese che celebra tutto il potere dell’assurdità. Artribune pubblica in anteprima il testo di presentazione dell'evento, scritto per l'occasione da Valentina Tanni.

Forse tu non sei interessato all’assurdità”, disse convinta,
“ma l’assurdità è interessata a te”.
Donald Barthelme, Sixty Stories

Nel 1936, Meret Oppenheim, un’artista svizzera di appena 23 anni, andò in un grande magazzino di Parigi a comprare una tazza da tè, completa di piattino e cucchiaino, la portò nel suo studio e la rivestì completamente di pelo di gazzella. L’accostamento di due elementi così incongrui diede vita all’oggetto surrealista per eccellenza: un’entità aliena, inutile, disturbante. La pelliccia, non solo priva la tazza della sua funzione trasportandola nella sfera dell’estetico, ma riesce anche a stimolare simultaneamente diversi sensi: la vista, il tatto e il gusto. Apprezziamo le sue forme voluttuose, vorremmo accarezzarla, ma siamo disturbati dall’idea di portarla alle labbra. Cosa rende La colazione in pelliccia un oggetto in grado di conservare la sua carica provocatoria anche a distanza di un secolo? La risposta sta nella sua capacità di giocare nel modo più raffinato possibile con le potenzialità dell’assurdo, diventando una miccia che fa esplodere il disordine sensoriale e cognitivo.
L’assurdo è dunque un’arma. Gli artisti l’hanno capito già da secoli, e soprattutto a partire dall’inizio del Novecento l’hanno spesso usata per scioccare, divertire, sovvertire, protestare, far riflettere. Dalle macchine celibi dadaiste, cariche di simbologie erotiche ed emotive, alle visioni oniriche surrealiste, che scandagliavano le profondità dell’inconscio, fino ai paradossi del concettuale, l’arte ha esplorato a fondo il territorio dell’irrazionale, dell’illogico, del non-sense. Fedeli all’etimologia della parola ‒il latino absurdus, che significa letteralmente “stonato” ‒ hanno inseguito la possibilità della dissonanza, dell’allontanamento dall’ovvio e dal già conosciuto. Ogni dissonanza crea una nuova realtà, e con essa, una nuova possibilità di riflessione: l’assurdo attira l’attenzione e devia il pensiero, permettendoci di evadere dalla consuetudine.
Jean Tinguely costruisce una macchina capace di autodistruggersi, Yves Klein vende “zone di sensibilità immateriale” in cambio di oro, Gino De Dominicis getta sassi nell’acqua nel tentativo di far comparire quadrati invece che cerchi, Francis Alys sposta una duna nel deserto, Christo impacchetta il Reichstag di Berlino, Erwin Wurm trasforma le persone in sculture viventi, Hector Zamora riempie gli edifici di Bogotá con milioni di banane, Elmgreen e Dragset fanno spuntare una roulotte dal sottosuolo nel centro di Milano.

Dominic Wilcox

Dominic Wilcox

DAL DESIGN…

Ma le arti visive non sono l’unico territorio di esplorazione dell’assurdo. Nel campo del design, ad esempio, troviamo innumerevoli tentativi di sovvertire la logica e la funzionalità, con progetti tanto geniali quanto deliranti. Seguendo l’esempio di giganti come Bruno Munari, che con le sue Macchine inutili proponeva degli oggetti che “non fabbricano, non eliminano manodopera, non fanno economizzare tempo e denaro, non producono niente di commerciabile”, molti progettisti hanno enfatizzato il lato anti-utilitario e anti-economico dell’assurdo. Più o meno nello stesso periodo, alla fine degli Anni Sessanta, il francese Jacques Carelman pubblica l’ormai mitico Catalogo di oggetti introvabili, una parodia dei cataloghi di vendita per corrispondenza, pieno zeppo di divertentissime assurdità: dalla caffettiera per masochisti, con il beccuccio ruotato verso la mano dell’utilizzatore, alla macchina per “mettere i puntini sulle i”, passando per il tavolo a dondolo e il preservativo di merletto. “Alcune persone dirottano gli aerei, altri i fondi pubblici o la conversazione. Io preferisco, per quanto mi riguarda, dirottare l’uso corrente degli oggetti comuni. È molto meno pericoloso, più onesto, ed infinitamente più divertente. I miei oggetti, perfettamente inutilizzabili, sono esattamente il contrario di quei gadget di cui la nostra società consumistica è ghiotta”, commentava l’artista, che era membro del Collège de Pataphysique, cenacolo di filosofia patafisica, la scienza paradossale “delle soluzioni immaginarie” inventata da Alfred Jarry all’inizio del Novecento.
L’inglese Dominic Wilcox, che si definisce designer ma anche inventore, è noto in tutto il mondo per i suoi progetti folli. Impegnato da anni nel delicato compito di “risolvere problemi che la gente non ha mai saputo di avere”, ha costruito un congegno per invertire la percezione dei suoni, convogliando verso l’orecchio destro quelli che arrivano da sinistra e viceversa, una tazza per cereali che amplifica il rumore che produciamo masticandoli e una scarpa che reca impresse sulla suola le indicazioni per non perdersi.

Jacques Carelman, Catalogue d'objets introuvables, 1969

Jacques Carelman, Catalogue d’objets introuvables, 1969

… ALLA TECNOLOGIA

Anche le tecnologie possono essere usate in maniera incongrua e impensata: artisti, hacker e smanettoni di tutto il mondo utilizzano la fantasia per produrre alternative ai prodotti delle corporation, sia nel campo dell’hardware che del software. La mis-usability può vantare ormai una grande tradizione e continua a produrre meravigliosi esempi di applicazioni assurde: browser astratti, videogiochi modificati, sistemi operativi schizofrenici, macchine fotografiche senza obiettivo, skateboard che twittano, robot che fanno shopping e scrivono poesie.
L’avvento di Internet, che ha offerto a gran parte della popolazione la possibilità di connettersi con il resto del mondo, oltre che gli strumenti per produrre e distribuire contenuti in proprio, ha moltiplicato le nostre occasioni di venire a contatto con l’assurdità. E di generarla in prima persona. Il web, per sua natura frammentario, disperso e contraddittorio, favorisce infatti la deriva e l’associazione libera di idee e immagini. Entità del presente e del passato vengono remixate incessantemente, dando vita a un mare di nuove immagini improbabili. Ogni giorno migliaia di nuovi memi viaggiano per la rete: un fiume (in piena) di ironia e non-sense. Un modo per “rispondere ai media”, offrendo un’alternativa alle produzioni mainstream, ma anche una via creativa per esorcizzare le contraddizioni del nostro tempo. Dalle performance virali (come il planking, l’howling, il falling e il teapotting), alle pagine Facebook concettuali (come quella che pubblica ogni giorno la stessa identica foto di Toto Cutugno), fino ai crowdfunding inutili (come quello per finanziare un’insalata di patate, partito per gioco e arrivato a 50mila dollari).

Mare culturale urbano in Cascina Torrette - ph Luca Chiaudano

Mare culturale urbano in Cascina Torrette – ph Luca Chiaudano

IL FESTIVAL

Qual è il ruolo dell’assurdo oggi? Come si concretizza nei diversi settori? Queste le domande che si pone Mai più senza ‒ Festival dell’assurdo, una manifestazione che giunge quest’anno alla sua seconda edizione e che attraverso una call aperta a tutti vuole setacciare il mare magnum delle produzioni più fuori di testa in circolazione. Con una mostra mercato, una rassegna cinematografica, un programma musicale e performativo, una serie di laboratori e giochi, conferenze e un’offerta food & beverage perfettamente in tema, il festival si propone di avviare una ricerca aperta e in progress sull’universo dell’assurdità contemporanea, con l’obiettivo di costruire, negli anni a venire, un vero e proprio “archivio dell’assurdo”, un ripostiglio ordinato di idee strampalate in cui rovistare quando si ha bisogno di accendere la parte più sregolata del proprio cervello. L’unica in grado di produrre alternative per il presente e per il futuro.

Valentina Tanni

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Valentina Tanni

Valentina Tanni

Valentina Tanni è storica dell’arte, curatrice e docente; la sua ricerca è incentrata sul rapporto tra arte e tecnologia, con particolare attenzione alle culture del web. Insegna Digital Art al Politecnico di Milano e Culture Digitali alla Naba – Nuova…

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