Crisi dell’audience e rinascita delle persone

La cultura è davvero in crisi o a vacillare sono i criteri, ormai obsoleti, con cui viene tratteggiata l’audience di mostre e rassegne? Stefano Monti sottolinea la necessità di riportare l’attenzione sul pubblico e sulle sue tante sfumature contemporanee.

La cultura è in crisi? Si sente ormai (troppo) spesso ripetere questa domanda. I dati raccolti, in realtà, sono pochi e di cattiva qualità per giudicare in modo univoco. Guardando le azioni dell’attuale esecutivo, la crisi della cultura sarebbe da individuare in una crisi della domanda. Ma questo è solo in parte vero.
Basti ricordare il successo di Christo e di Jan Fabre nel 2016 per capire che ci sono moltissimi individui che hanno intenzione di consumare (fruire) cultura. Il problema è che dobbiamo fornirci degli strumenti per comprendere chi intende fruire cosa. Sembra una banalità, ma negli ultimi anni, mentre gli altri settori si aprivano a una cultura sempre più centrata sulla domanda, la cultura ha seguito la strada opposta, iniziando a indicare le persone in modo neutro e generico: audience.

Ma la crisi è nella nostra incapacità di comprendere le ragioni di chi non consuma cultura, nel non sapere quali leve utilizzare per fare in modo che queste persone si rechino in un museo, in un teatro o a un concerto”.

Si tratta dunque di andare oltre questa visione, e comprendere i gusti delle persone: è possibile che chi ha camminato sull’opera di Christo abbia visitato anche una mostra sull’Impressionismo o una collezione permanente, influenzato dalla comunicazione, dalle politiche di pricing, dai consigli degli amici, dalle recensioni dei critici o dai social. Ma, per quanto ne sappiamo, è anche possibile che chi abbia visitato la mostra di Fabre poi non abbia visitato altro.
Senza dati, siamo nel limbo delle interpretazioni, dei forse.  E allora, c’è realmente differenza tra il pubblico dell’arte pre-contemporanea e dell’arte contemporanea? Forse. O forse l’unica differenza tra i due target si lega alla fruizione degli spazi: il pubblico dell’arte pre-contemporanea sarebbe legato a una fruizione all’interno di uno spazio espositivo, mentre il pubblico contemporaneo è consapevole che quest’arte non si trova solo nelle gallerie o nelle strutture espositive, ma anche nelle strade, sui palazzi e nell’intero paesaggio costruito.

NUOVI CRITERI

Torniamo dunque alla domanda iniziale: la cultura è realmente in crisi? Sicuramente ci sono margini di miglioramento, dato che l’Italia si divide tra chi consuma (fruisce) cultura e chi no. Ma la crisi è nella nostra incapacità di comprendere le ragioni di chi non consuma cultura, nel non sapere quali leve utilizzare per fare in modo che queste persone si rechino in un museo, in un teatro o a un concerto.
Fino a quando avremo dati basati su criteri che sono obsoleti da almeno vent’anni, e fino a quando avremo questionari rivolti soltanto ai consumatori (fruitori) di cultura, le cose cambieranno poco. La casalinga di Voghera oggi usa i social, ama il contemporaneo ed è appassionata di musica classica. La rivoluzione digitale, il libero accesso alla Rete e alle informazioni hanno sdoganato i vecchi canoni di riferimento basati sul livello di istruzione o sul reddito. Ma di questo, noi, non ce ne siamo accorti.

Stefano Monti

Articolo pubblicato su Grandi Mostre #3

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Stefano Monti, partner Monti&Taft, è attivo in Italia e all’estero nelle attività di management, advisoring, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di…

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