Teatro. Il silenzio assordante di Vercors

Nella storia della letteratura, Vercors resta essenzialmente l’autore de “Il silenzio del mare”, una riflessione sulla Resistenza francese durante la Seconda Guerra Mondiale, raccontata attraverso il destino e le storie “minuscole” degli individui. Opera-simbolo riedita 72 volte e tradotta in 40 lingue, è stata messa in scena al Teatro Due di Parma da Raffaele Esposito.

Cumuli di libri a terra. Spostati, collocati, accatastati. Si avverte il peso delle parole, dei versi, delle storie che contengono. Loro custodi, e amanti lettori, sono un uomo anziano e la giovane nipote. Entrando, e mentre ci disponiamo sulle sedie, li sorprendiamo intenti a maneggiarli con cura, a sistemarli in piccoli mucchi da un punto all’altro. Nella stanza, con al centro una porta sospesa in una lunga parete trasparente che un sapiente gioco di luci illumina e rabbuia definendo un altro interno e ombre e silhouette, campeggiano un vecchio divano, uno specchio e una sedia con sopra una teiera su un fornellino. Dei due appartati e solitari personaggi non possiamo fare a meno di scrutare i gesti quotidiani, le espressioni mutevoli, gli sguardi d’intesa che si scambiano in quello spazio intimo che ci avvicina a loro. Percepiamo i loro pensieri, gli stati d’animo, osserviamo la solenne litania dei movimenti ripetuti in un alternarsi di veglie notturne. Tutto si svolge in un lungo, pregnante silenzio tra i due. A romperlo sarà, improvvisamente, l’irruzione di un estraneo: un uomo con una valigia che saluta gentilmente installandosi da quel momento in poi dentro casa. È un ufficiale tedesco. “Bisognerà vincere questo silenzio”, esclamerà presto ma senza ricevere risposta. Perché inutilmente cercherà, senza demordere, di instaurare un dialogo con i due francesi, costretti a ospitare il giovane occupante.

Raffaele Esposito, Il silenzio del mare, Teatro Due, Parma 2018, photo Lucrezia Le Moli

Raffaele Esposito, Il silenzio del mare, Teatro Due, Parma 2018, photo Lucrezia Le Moli

DIFFIDENZA E MUTISMO

Nonostante egli tenda invano la mano e si dimostri gentile, educato e rispettoso, il persistente e assordante silenzio che i due oppongono alle sue parole, creando un muro di diffidenza, lo costringerà a un soliloquio che ci svelerà un uomo di cultura, sensibile alla bellezza, compositore appassionato di musica e di letteratura soprattutto francese. Ai suoi interlocutori muti racconterà anche della sua infanzia, della sua casa nella foresta, della predilezione per la favola della Bella e la Bestia identificandosi nella seconda per la sofferenza che provava. Racconti e pensieri ad alta voce che sveleranno un uomo non allineato alla logica dell’invasore nazista, un profondo idealista che considera l’occupazione della Francia ragione di scambio culturale e di crescita tra i due Paesi, la nascita di una nuova alleanza pacifica tra occupante e occupato. E crede che questo ideale sia anche quello dei suoi superiori. Ma dopo una convocazione a Parigi, e lì constatato che ben altri sono i piani d’invasione contro la Francia, al ritorno, in cui per la prima volta lo vedremo in divisa e con la svastica al braccio, il suo atteggiamento muta. Si fa anch’egli silenzioso. Romperà quel mutismo dopo alcuni giorni, chiedendo al vecchio e alla donna di dimenticare quello che ha detto nei mesi precedenti. Profondamente rattristato e disilluso, comunicherà la sua immediata partenza per il fronte.

Raffaele Esposito, Il silenzio del mare, Teatro Due, Parma 2018, photo Lucrezia Le Moli

Raffaele Esposito, Il silenzio del mare, Teatro Due, Parma 2018, photo Lucrezia Le Moli

OLTRE LE PAROLE

Ambientato in un paesino della Francia occupata dalle truppe tedesche durante La Seconda Guerra Mondiale, Il silenzio del mare è un piccolo romanzo di Vercors, pseudonimo di Jean Bruller, parigino di origine ungherese e fondatore di Editions de Minuit, piccola casa editrice nota per la divulgazione delle maggiori opere letterarie francesi della Resistenza.
Pubblicato in forma clandestina, rappresenta un testo simbolo di quella Resistenza che faceva del silenzio l’arma dei patrioti e delle storie “minuscole” degli individui, vissute di atti quotidiani e di sofferenze private che si ripercuotono sui grandi avvenimenti, la Storia con la “s” maiuscola (va ricordato che il generale De Gaulle utilizzò Il silenzio del mare come mezzo di propaganda facendolo pubblicare e paracadutare durante la guerra). A farne un’asciutta e folgorante messinscena, carica di tensione, densa d’intelligenti dettagli, di persistenti raccordi emotivi che ci afferrano nella visione, è Raffaele Esposito nel ruolo di regista, oltre che d’interprete nei panni appropriati del militare tedesco, chiamato dal Teatro Due di Parma (produzione Fondazione Teatro Due con la collaborazione di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli) a restituirci quelle brevi, intense pagine, in un racconto teatrale denso di impercettibili affondi interiori che scuotono la coscienza. Complice quel silenzio teso che sa far parlare più delle parole affidato a un attore schivo e di assoluta presenza scenica quale è Thierry Toscan (ricordate il rude ma ostinato pastore ex-professore nel film Il vento fa il suo giro di Giorgio Dritti?), che ha l’espressività necessaria al ruolo muto dell’anziano; e a una giovane Roxana Doran, che ben rende l’introversa e malinconica nipote, nel cui cuore forse era nato qualcosa simile all’amore nei confronti di quel nemico gentile che in un momento l’aveva sfiorata con un leggero bacio. Alla partenza del giovane l’unica parola che lei pronuncerà cadendo affranta, come svigorita, dietro la porta, sarà “Addio!”.  “L’indomani” – si legge, in conclusione, nel romanzo ‒ “quando scesi a prendere la mia tazza di latte mattutina, era partito. Mia nipote aveva preparato la colazione, come ogni giorno. Mi servì in silenzio. Bevemmo in silenzio. Fuori un pallido sole splendeva attraverso la nebbia”.

Giuseppe Distefano

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Giuseppe Distefano

Giuseppe Distefano

Critico di teatro e di danza, fotogiornalista e photoeditor, fotografo di scena, ad ogni spettacolo coltiva la necessità di raccontare ciò a cui assiste, narrare ciò che accade in scena cercando di fornire il più possibile gli elementi per coinvolgere…

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