Danza. Nuova prova d’autore per Aterballetto

“Non sapevano dove lasciarmi” e “Wolf” sono le due nuove creazioni della versatile compagnia di Reggio Emilia. Commissionate a due coreografi dai differenti codici stilistici: Cristiana Morganti e Hofesch Shechter, andati in scena alla NID Platform di Gorizia.

Nello spettacolo Non sapevano dove lasciarmi di Aterballetto, ritroviamo le atmosfere di quel teatro danza, tanto amato, di Pina Bausch, con alcuni suoi stilemi, le folgoranti schede di vita carpite ai danzatori, l’ironia, il collage di musiche, e altri cliché riconoscibili. Ma che piacere respirare ancora quel mondo! E non poteva che essere così se la coreografa è Cristiana Morganti, cresciuta alla scuola della Bausch e a lungo militante nella strepitosa compagnia del Tanztheater Wuppertal dove ancora è interprete-ospite. Inevitabile che da quel vocabolario così peculiare non ci si possa staccare del tutto (come qualcuno potrebbe biasimarle) anche quando, come è il caso della danzatrice romana, si muovono passi autonomi nella creazione coreografica. Dopo i due precedenti lavori Moving With Pina (2012) e Jessica And Me (2014) dichiaratamente autobiografici, e una creazione per due danzatrici, A Fury tale (2016), questa nuova prova autoriale della Morganti per un ensemble numeroso dimostra ancora un retaggio impossibile da cancellare del tutto, ma anche una ulteriore tappa di affrancamento che si intravede verso una propria poetica.

Cristiana Morganti, Non sapevano dove lasciarmi. Compagnia Aterballetto. Photo Viola Berlanda

Cristiana Morganti, Non sapevano dove lasciarmi. Compagnia Aterballetto. Photo Viola Berlanda

UNA PROVA RIUSCITA

L’inizio è quasi una firma bauschiana: una danzatrice in abito lungo attraversa in lontananza la scena con movimenti avvolgenti di capelli e di braccia fluide di rara intensità. Risalteranno altri assoli, balli repentini e cangianti con accenni di danza classica, nelle carrellate di creature profondamente umane che la coreografa costruisce per quadri. Dall’uomo in accappatoio che entra ed esce ritagliandosi una successiva scena in cui, per un attacco di rabbia urlata, esala un gettito di vapore dalla schiena; ai maschi in tutù; alle domande di una intervistatrice che rincorre i danzatori chiedendo cosa faranno quando non potranno più ballare o se la danza è solo estetica. Dalle confessioni personali, col racconto del motivo per cui si è iniziato a ballare strappandosi concitatamente il microfono di mano finché si impone una di loro (una sorprendente Lucia Vergnano), al mostrare nel corpo, sempre rivolti al pubblico, il punto dove si sono fatti male la prima volta ballando. E poi feste di gruppo, tra sigarette, coriandoli e bevute; abbracci, teneri schiaffi, pianti e sorrisi. E ancora: corse circolari, spostamenti su pattini, danze mambo in coppia, una canzone albanese e un energico assolo su musica rock. Infine meravigliose danze corali, veloci, di gruppi maschili e femminili che entrano ed escono insieme battendo il tempo, per finire con un solo danzatore a terra illuminato da un fascio di luce. Una bella e riuscita prova per i nove magnifici danzatori di Aterballetto, per la prima volta alle prese con un lavoro che ha tirato fuori da loro un’espressività più teatrale e introspettiva, e che il rodaggio dello spettacolo sicuramente affinerà.

Hofesh Shechter, Wolf. Compagnia Aterballetto. Photo Viola Berlanda

Hofesh Shechter, Wolf. Compagnia Aterballetto. Photo Viola Berlanda

UN RITMO TRAVOLGENTE

Più allenati, invece, lo sono al linguaggio astratto di Hofesh Shechter. Wolf è il titolo dello spettacolo firmato dal coreografo israeliano naturalizzato britannico, che, insieme a quello della Morganti ‒ presentati in prima assoluta, dopo l’anteprima a Torinodanza, alla recente NID Platform di Gorizia (la vetrina della danza italiana per operatori stranieri) ‒ hanno inaugurato la nuova direzione della compagnia di Reggio Emilia, oggi guidata da Gigi Cristoforetti e da Pompea Santoro alla direzione artistica. Wolf ha impegnato tutti i sedici componenti della compagnia in una performance energica, pulsante, animalesca nelle posture spesso carponi, striscianti, dalle schiene curve, ginocchia piegate, braccia oscillanti o alzate verso il cielo, con movimenti corali dettati da un ritmo martellante. Uno stile tellurico, quello di Shechter, che scuote la terra e i corpi dentro un trionfo di luci abbacinanti che tagliano la persistente nebbia fra tonfi di suoni meccanici, scrosci d’acqua, rumori di foresta e latrati di cani. Dog, infatti, si chiamava questa creazione nata dieci anni fa per sette interpreti dello Scottish Ballet e ora rielaborata mutando il titolo in Wolf (Lupo). Nome che richiama una istintività ferina, terrigna, aggressiva, tradotta in movimenti individuali e di branco, con coppie che si toccano, si abbracciano, si strattonano, si sfuggono; o in lotte di avvicinamento e cadute a terra, mentre si inseguono nel contatto refrattario, brancolanti o raggruppati, ritraendosi o attaccando. C’è una fisicità travolgente, com’è nello stile di Shechter, un lato selvaggio del movimento scaturito da stimoli basilari e primitivi innescati dal ritmo percussivo della partitura sonora firmata dallo stesso Shechter, che genera, nel finale, una danza ancora più vorticosa e travolgente. E si placa improvvisa nell’assolo di un danzatore che batte le mani.
Il dittico sarà in tournée in diverse città italiane tra cui Reggio Emilia, alla Fonderia39, il 20 dicembre; Ferrara, Teatro Comunale, il 24 febbraio 2018; Modena, Teatro Comunale Luciano Pavarotti, l’11 maggio 2018.

Giuseppe Distefano

www.aterballetto.it
www.nidplatform.it

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Giuseppe Distefano

Giuseppe Distefano

Critico di teatro e di danza, fotogiornalista e photoeditor, fotografo di scena, ad ogni spettacolo coltiva la necessità di raccontare ciò a cui assiste, narrare ciò che accade in scena cercando di fornire il più possibile gli elementi per coinvolgere…

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