Korea National Contemporary Dance Company. Una rivelazione a Firenze

È dalla Corea che arriva la più turbolenta, innovativa ed eterodossa compagnia di danza contemporanea. Parliamo della Korea National Contemporary Dance Company, un’autentica rivelazione al festival Fabbrica Europa.

LA COREA A FIRENZE
È grazie a una coproduzione tra Fabbrica Europa e Opera di Firenze/Maggio Musicale Fiorentino che arriva a Firenze, in prima europea, la Korea National Contemporary Dance Company diretta da Aesoon Ahn. È l’ultimo frutto dell’instancabile curiosità di Maurizia Settembri, direttore artistico della manifestazione fiorentina, sempre in avanscoperta sui fronti inediti e lontani della danza internazionale.
Della compagnia asiatica colpisce la tecnica impeccabile, la fisicità estrema, l’energia, il mix di stili, ciascuno dei quali amalgamato sapientemente in una fusione che supera schemi strutturali e compositivi di tanta danza tradizionale e contemporanea insieme.
Il risultato è un melting pot culturale che comprende il Katak indiano, la danza Jindo coreana, l’Arhat cinese, danze tradizionali giapponesi e mongole. Il tutto contaminato con i prevalenti linguaggi della danza occidentale.

Korea National Contemporary Dance Company, Bul-ssang, photo Ilaria Costanzo

Korea National Contemporary Dance Company, Bul-ssang, photo Ilaria Costanzo

LA DANZA E LE ARTI VISIVE
Come se non bastasse, la loro ricerca ingloba in maniera determinante l’arte visiva, chiamando per ogni progetto collaboratori autorevoli. È il caso di Jeong-Hwa Choi, uno dei maggiori rappresentanti della Pop Art coreana, che utilizza materiali di plastica prodotti in serie, oggetti dai colori intensi e brillanti, spesso kitsch.
Ciò che sorprende è la libertà con la quale i danzatori innestano intelligentemente movimento ed estetica nella loro tradizione, religiosa e filosofica, senza però dissacrarla, come in un primo momento sembrerebbe assistendo allo spettacolo Bul-ssang, ma facendone un manifesto sociale che rispecchia oggi la modernizzazione della Corea che coniuga complessità e diversità. Il titolo indica sia la statua di Buddha che la “miseria”.

Korea National Contemporary Dance Company, Bul-ssang, photo Ilaria Costanzo

Korea National Contemporary Dance Company, Bul-ssang, photo Ilaria Costanzo

SIMPSON E CAPRIOLE
Sul palcoscenico, esposte come oggetti di design d’interni, una miriade di statue di varie forme, colori, dimensioni e atteggiamenti – meditativi, guerreschi. Con ciascuna di esse, inizialmente, ogni performer, indossando lateralmente sul proprio viso una maschera che riprende alcune icone della cultura televisiva (Simpson, per intenderci)­­, si identifica abbracciandole, accarezzandole, baciandole; quindi, trascinandole all’interno di una parete frontale con tende che, sollevandosi, le espone come in una vetrina, nelle singole finestre.
Da qui in avanti è un ribollire di danza frenetica ad alto voltaggio, a terra e in alto, che lascia spazio ad assoli e duetti ironici, vorticosi o lenti, presto riassorbiti nel gruppo sempre predominante, componendosi in diverse fazioni, sia femminile che maschile, con urti, salti, spinte, capriole, gesti da breakdance e virtuosismi hip-hop.

Korea National Contemporary Dance Company, Bul-ssang, photo Ilaria Costanzo

Korea National Contemporary Dance Company, Bul-ssang, photo Ilaria Costanzo

SACRO E PROFANO
Quando all’unisono avanzano portando sulla testa alte pile di piatti di plastica di colori vivaci – firmati Jeong-Hwa Choi, come anche gli altri oggetti – lo spettacolo vira sul versante più pop e divertente. Con quei manufatti succede di tutto. Vengono lanciati in alto, addosso a una donna o, come pietre, gli uni verso gli altri; sono eretti a colonne e, come mattoni, per la costruzione di un muro divisorio – come non pensare a quello che divide le due Coree? – presto abbattuto da un iroso performer dopo un duetto con una partner avvolta con del cellophane.
La fantasia della coreografa spazia anche con proiezioni di immagini e disegni animati che ci portano dagli omini con enormi occhiali, al mare alla terra allo spazio, tra pesci, alberi, fiori, nebbie, astronauti. Per ritornare a Buddha. C’è, in questo mosaico di sacro e profano, di fantasia e realismo, di tradizione e modernità, di individui e collettività, la ricerca di un’identità specificatamente coreana, che assorbe tutto ciò che arriva dall’Occidente e, come fiore di loto nel fango, nel continuo mutare delle forme di vita della condizione umana, trova nuova bellezza.

Giuseppe Distefano

www.kncdc.kr/en/
www.fabbricaeuropa.net

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Giuseppe Distefano

Giuseppe Distefano

Critico di teatro e di danza, fotogiornalista e photoeditor, fotografo di scena, ad ogni spettacolo coltiva la necessità di raccontare ciò a cui assiste, narrare ciò che accade in scena cercando di fornire il più possibile gli elementi per coinvolgere…

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