Aspettando lo Spring Attitude Festival. Intervista con Edwin Van Der Heide

Ha trasformato il corpo umano in uno strumento musicale tramite l’applicazione di sensori. Ora la ricerca dell’artista olandese Edwin Van Der Heide va in direzione dell’ambiente e dell’interazione col pubblico grazie alla live performance “Laser Sound Project”. Che apre lo Spring Attitude Festival al Maxxi di Roma il 14 maggio.

Qual è la tua formazione e che percorso hai seguito?
Durante i miei studi al Royal Conservatory dell’Aja, ho iniziato a concentrarmi sul controllo in tempo reale del suono generato con i sensori, in modo da creare un tipo di performance dove si ha il controllo fisico del suono digitale computerizzato. Per la maggior parte degli strumenti acustici, questo controllo si traduce in azioni e reazioni fisiche spesso inseparabili (se si tocca una corda, la si sente muovere). Questo significa che non solo si può ascoltare il suono di quello che si sta facendo, ma lo si percepisce anche in modo tattile. Inoltre, con la maggior parte degli strumenti acustici il corpo rappresenta una parte fondamentale del sistema di suoni generati.
Comunque, le interfacce digitali che usavo con i sensori posizionati sopra, le utilizzavo per controllare i parametri degli algoritmi del software. Ma i sensori non davano alcun riscontro fisico per quanto riguarda ciò che avveniva all’interno degli algoritmi.

Come hai risolto queste criticità e come hanno influenzato il tuo ruolo di performer?
Ho sviluppato un’altra consapevolezza del mio corpo. Ho imparato a sviluppare e memorizzare i movimenti e i gesti che sono basati più sul senso di percezione che sulla risposta direttamente corporea (cioè tattile) proveniente dalla generazione del suono. A causa della mancanza di feedback fisico mi sono concentrato ancora di più sul suono generato.

Edwin van der Heide, foto d'archivio courtesy Edwin van der Heide

Edwin van der Heide, foto d’archivio courtesy Edwin van der Heide

Questa nuova consapevolezza del tuo corpo dove ti ha portato?
Lavorare con strumenti basati su sensori mi ha permesso non solo di concentrarmi sul suono generato in sé, ma anche sullo spazio delle prestazioni acustiche. Mi sono reso conto che l’ambiente circostante può costituire una parte importante del suono che ne risulta. Mi sono interessato alle seguenti questioni: come si presenta il suono affrontando lo spazio e come risponde? E dal momento che il pubblico è dentro ed è parte dello spazio: come viene percepito dal pubblico e come reagisce?

A quali conclusioni sei giunto?
Mi sono reso conto che le performance che avvengono su un palcoscenico sono completamente concentrate sullo spazio circostante. Ciò a causa dell’attenzione predominante sul palco e sul singolo esecutore o esecutori. Mi sono così interessato all’idea di creare io stesso degli ambienti e, di conseguenza, stimolare nel pubblico l’interattività.
Questo non significa che pensi che l’ascolto non rappresenti un’attività, ma lo dico nel senso di interazione anche con lo spazio. Il concentrarsi sullo spazio permette di utilizzare e integrare dei suoi aspetti specifici nella composizione. Il ruolo del pubblico cambia nel momento in cui deve esplorare lo spazio con azioni mirate e relative all’opera. Il pubblico è in dialogo con il suo ambiente e, fino a un certo punto, contribuisce a creare il proprio ordine degli eventi.

Quali sono i confini, nella tua ricerca, fra intrattenimento e riflessione artistica? Dove finisce l’uno e comincia l’altra?
Attualmente sto compiendo due tipi di ricerca: ricerco e sviluppo dei principi (ad esempio, il suono dello pneumatico o quello delle scintille elettriche) e ne testo le loro possibilità espressive; rifletto sul mio lavoro e ne realizzo dei presupposti teorici. Questo a volte mi conduce a reinterpretare un’opera in modo completamente diverso.

Ti consideri più un ricercatore del suono, un musicista o un artista multimediale?
Mi considero un musicista che dirige la sua musica verso orizzonti interdisciplinari e interattivi.

Quali sono le tue influenze musicali e visive?
Sono interessato a un tipo di musica dove la fisicità, la densità e lo spazio sono caratteristiche predominanti. Una musica che diventa quasi tangibile. Mentre per l’arte visiva mi interessa quella che tratta di astrazione ed esperienza. Ascolto molta musica di ogni genere e vedo un sacco di arte visiva. In particolare, quella dove le opere non hanno una narrazione didascalica.

Sei ospite del progetto SPRING + ON a cura di Caterina Tomeo, il lato visivo del festival Spring Attitude. Puoi raccontarci in cosa consiste LSP – Laser Sound Project e in cosa si differenzia da tante live media performance che si vedono nei festival di musica elettronica? Che tipo di strumentazione usi? In cosa consiste l’interazione col pubblico? Qual è il suo grado di partecipazione? Fai uso di sensori come nelle tue precedenti installazioni di sound art come Spatial Sound 100Km/h at 100Db e Son-O-House?
LSP è una serie di opere in cui creo una composizione di relazioni tra luce e suono nello spazio. Combinando luce laser con un sottile strato di fumo diventa possibile proiettare nello spazio. LSP è una live performance con qualità quasi tattili che si svolge davanti, intorno e dietro il pubblico. La dimensione plastica della luce costruisce una struttura architettonica che, contemporaneamente, si interseca con la percezione spaziale del suono. L’ambiente che ne deriva sfida il pubblico a scegliere e cambiare il suo punto di vista mentre interagisce con l’opera. Si tratta di una vera e propria esperienza sensoriale in cui il lavoro e la sua conoscenza diventano inseparabili.

Edwin van der Heide

Edwin van der Heide

Ritorni a Roma dopo un live a Dissonanze nel 2010, il primo e uno dei più importanti festival italiani dedicati alle arti e alle musiche elettroniche e digitali che ora non esiste più. Cosa ti ha lasciato quell’esperienza? E cosa ti aspetti dalla tua nuova esibizione?
Dissonanze era un festival fantastico a causa della sua apertura verso nuove forme artistiche. Era un posto unico dove poter vedere festival musicali che vanno oltre il semplice spettacolo dal vivo per esplorare, invece, il territorio dell’installazione e dell’interazione. Sono molto impaziente di Spring Attitude perché va in questa direzione.

Progetti futuri? A cosa mira la tua prossima ricerca?
Ho molti progetti in cantiere su più fronti. Sto lavorando su un’opera su larga scala nello spazio pubblico di Bonn, a una proposta per Licht Parcours a Braunschweig e a un’esibizione di LSP ad Art Basel.

Claudia Giraud

www.evdh.net
www.springattitude.it

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Claudia Giraud

Claudia Giraud

Nata a Torino, è laureata in storia dell’arte contemporanea presso il Dams di Torino, con una tesi sulla contaminazione culturale nella produzione pittorica degli anni '50 di Piero Ruggeri. Giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2006, svolge attività giornalistica per testate…

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