Al Museo del Cinema di Torino arriva THE ART OF MONTAGE, rassegna dedicata a Bruce Conner

Un evento imperdibile per tutti gli amanti della cultura underground e sperimentale: il 4 e il 5 maggio il Museo del Cinema di Torino dedicherà una rassegna cinematografica a Bruce Conner, filmmaker scultore e pittore tra i più influenti nel secondo dopoguerra negli Stati Uniti e precursore dei videoclip musicali

Per gli amanti del cinema strutturalista, i found-footage film e per chi segue la cultura visiva underground e sperimentale, Bruce Conner è una figura di riferimento. Nato nel Kansas nel 1933, Conner si è trasferito giovanissimo a San Francisco negli Anni Cinquanta, dove fonda con altri artisti e poeti la comunità Rat Bastard Protective Association, la Batman Gallery e altre situazioni comunitarie a cui partecipano scrittori come Richard Brautigan e musicisti come Terry Riley. Conner ha realizzato collage, opere su carta, disegni, sculture, assemblage, installazioni cinematografiche e film servendosi di materiali d’archivio, provenienti da film didattici o da footage televisivi, che montava accanto ad immagini da lui stesso girate. Il poliedrico artista statunitense scomparso a San Francisco nel 2008 è il protagonista di BRUCE CONNER: THE ART OF MONTAGE, rassegna che il 4 e 5 maggio al Museo Nazionale del Cinema di Torino presenterà alcuni dei più significativi film sperimentali di Bruce Conner. Presentata nell’ambito della mostra SoundFrames, BRUCE CONNER: THE ART OF MONTAGE è a cura di Reading Bloom in collaborazione con Conner Family Trust, e sarà introdotta dal regista e restauratore Ross Lipman, da diversi anni impegnato nella conservazione e nel restauro dei film di Conner. Oltre ai film dell’artista, Ross Lipman presenterà THE EXPLODING DIGITAL INEVITABLE, performance di live-cinema dedicata al restauro e alla lavorazione di CROSSROADS. La performance di Lipman mette in evidenza aspetti significativi del lavoro di Conner, necessari per comprenderne la complessità.

Bruce Conner, CROSSROADS frame

Bruce Conner, CROSSROADS frame

CINEMA E IMPEGNO POLITICO

Conner contrastava l’immagine salvifica e progressista dell’America del boom economico, attraverso collage, assemblage, installazioni, opere su carta e film. Spirito irriverente ed eretico, negli anni ’60 ha realizzato readymade con materiali di scarto, opere cupe che suggeriscono scene di morte e mettono in evidenza la decadenza e l’ineluttabile caducità della vita, vicine per sensibilità e morfologia alle opere di Joseph Cornell e Nancy e Edward Kienholz. L’artista si è occupato di politica americana e dei suoi interventi nell’agenda politica internazionale, attraverso la rappresentazione dell’olocausto nucleare, della violenza sulle donne e del razzismo presente nella società del boom economico, ma anche della seduzione e dell’erotismo con opere filmiche che segnano la storia del cinema sperimentale. Emblematico a questo proposito è il film CROSSROADS, realizzato nel 1976, in cui ha montato frammenti di pubblicità televisive e film hollywoodiani con le immagini girate dai 700 cameramen che hanno documentato la detonazione dei test nucleari realizzati nel 1946 dagli Stati Uniti nell’Atollo di Bikini nell’Oceano Pacifico, nell’ambito dell’operazione Crossroads, uno degli eventi più fotografati della storia americana. Per la realizzazione del film REPORT (1963-67), Conner si è invece servito del footage del servizio televisivo dell’assassinio di John Kennedy, togliendo però il momento della morte del presidente per sostituirla con un metafisico collage di astratti fotogrammi in bianco e nero. Diversi sono i toni del film BREAKAWAY (1966), in cui Conner rende omaggio alla bellezza dell’attrice e cantante Toni Basil, che vediamo danzare e spogliarsi nonostante il montaggio frammentario e i tagli violenti alle immagini che ne interrompono la visione, rendendola così ancora più seducente ed enigmatica. Altrettanto straordinari sono i metafisici e monumentali Angel, fotogrammi realizzati senza l’ausilio della macchina fotografica, impressionando la pellicola attraverso il contatto con il corpo di una donna, che diviene indicazione e traccia di un incontro.

Bruce Conner, COSMIC RAY

Bruce Conner, COSMIC RAY

L’INTERESSE PER LA SCENA PUNK E I PRIMI MUSIC VIDEO

Ma Conner non amava solo il cinema. Verso la fine degli anni Settanta l’artista documenta la scena punk americana: sono celebri i suoi scatti dei Sonic Youth, Crime, Mutants, The Avengers, Negative Trend, gruppi che suonavano al Mabuhay Gardens di San Francisco, luogo in cui nel 1977, al concerto dei Devo, conobbe V. Vale, scrittore, musicista e editore di Search and Destroy, la prima fanzine punk rock della Bay Area. A Conner viene attribuita anche la realizzazione dei primi music video: i quattro minuti di COSMIC RAY presentano il montaggio di immagini di nudi femminili, detonazioni e danze accompagnati dal brano What’d I say di Ray Charles. Il risultato è un film estremamente rivoluzionario perché era la prima volta che veniva scelto un brano popolare, e non la musica jazz, per realizzare un film sperimentale. La fisicità del suo montaggio, come l’ha definita Bruce Jenkins, e la capacità unica di far interagire immagini e musica la ritroviamo anche in MEA CULPA e AMERICA IS WAITING, film realizzati su due brani di David Byrne e Brian Eno presenti nell’album My Life in the Bush of Ghosts, e in MONGOLOID, del 1978, basato sul brano omonimo dei Devo.

CONNER OGGI

Fondamentale per comprendere il lavoro di Conner è la monografia 2000 BC: The Bruce Conner Story, Part II, pubblicata dal Walker Art Center nel 1999, che definiva la fine della carriera artistica di Conner. Un annuncio non veritiero, dato che l’artista continuò a realizzare opere, firmate però come “Anonimo”. Rudolf Frieling, co-curatore di Bruce Conner. It’s All True, mostra presentata al MoMA di New York, al SFMoMA di San Francisco e infine al Reina Sofia di Madrid due anni fa, ha dichiarato che Conner è indiscutibilmente uno dei più importanti artisti della Bay Area, il cui lavoro però, ancora oggi, non è abbastanza conosciuto nella scena artistica internazionale.

– Lorenza Pignatti

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