Venezia 74: grande storia, fantasy e cinema d’autore s’incontrano. In 3 film

Secondo giorno per la 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Da Michelangelo Antonioni a Guillermo del Toro, i film che hanno trattenuto col fiato sospeso il pubblico in sala.

Venezia 74. ph Irene Fanizza_sala giardino

Venezia 74. ph Irene Fanizza_sala giardino

La seconda giornata alla 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ha regalato non poche emozioni con tre film che raccontano tre mondi differenti. C’è il tema del conflitto e l’attualità storica in The Insult di Ziad Doueiri, ma c’è anche il fantasy firmato da Guillermo del Toro, entrambi film in concorso. Si torna a sognare nella sezione “restauri” con Il deserto rosso di un nume tutelare come Michelangelo Antonioni. Una nota la merita anche la sigla che introduce le proiezioni veneziane, tradizionalmente firmata da animatori che negli anni hanno consolidato la tradizione e il successo di questo formato breve. Ponendosi come un cuscinetto tra gli ultimi mormorii della sala e il film in programma, la sigla riesce in pochi secondi a favorire la concentrazione del pubblico, modulando la dimensione ottimale di semioscurità in attesa che lo spettacolo abbia inizio. Dopo un quinquennio affidato alla poetica di Simone Massi, la pennellata romantica e sognante dell’autore è stata sostituita da una grafica a due colori (coordinata con il visual ufficiale) che scompone in fotogrammi lenticolari (il principio dei poster a tasselli in movimento) sequenze di pellicole celebri: dal Grande dittatore, a Nanni Moretti sulla vespa in Caro Diario sino alla recentissima, ma già classica danza di La La Land. Siamo al secondo giorno di programmazione, ed è già familiare.

Mariagrazia Pontorno

www.labiennale.org

LA GRANDE STORIA DI ZIAD DOUEIRI – IN CONCORSO

The Insult, Ziad Doueiri

The Insult, Ziad Doueiri

C’è una verità nella cinematografia mediorientale che incanta per la sua purezza e sincerità, forse legato all’urgenza di mettere in scena il presente di luoghi in cui si sta facendo la Storia. The insult  non sfugge a tale felice tendenza. Dalla fotografia sovraesposta dal sole di Kabul, alla recitazione asciutta e priva di orpelli, alle inquadrature secche e funzionali alla narrazione, niente è fuori posto in questo gioiello diretto da Ziad Doueiri. L’insulto rivolto da un meccanico libanese a un operaio palestinese –come difesa a uno scatto violento di quest’ultimo- finisce in tribunale e da questione privata diviene un caso di dominio pubblico, intorno a cui si polarizzano problemi mai sopiti come la questione palestinese e la guerra fra religioni.  Il film ha il merito di affrontare con un linguaggio preciso, quale quello processuale, un argomento di stretta attualità, che per certi versi si accosta ai fatti degli ultimi giorni nel nostro paese: lo status di vittima e il diritto a goderne l’esclusiva. Un palestinese ha sempre ragione? Può la sofferenza di un popolo giustificare gli sbagli di un singolo individuo? E se il politicamente corretto fosse la risposta inadeguata, incancrenita e persino comoda di chi non vuole o non sa affrontare i problemi, rimandandoli? Ziad Doueiri chiede allo spettatore di uscire dalla comfort zone delle verità blindate per assumere un punto di vista prima di tutto umano.

The Insult, regia di Ziad Doueiri
Sala Grande
In concorso

IL FANTASY BY GUILLERMO DEL TORO – IN CONCORSO

The Shape of Water, Guillermo del Toro

The Shape of Water, Guillermo del Toro

Anche i fantasy qui a Venezia hanno uno spessore politico, il film presentato da Guillermo del Toro conferma quella che è stata una delle cifre caratteristiche della Mostra del Cinema sin dagli esordi. Una creatura subacquea con sembianze antropomorfe e una giovane donna muta sono i protagonisti di una storia curiosa e a tratti disturbante, per via di alcune scene splatter e soprattutto dell’unione fisica tra donna e animale, in controtendenza rispetto alle consuetudini del genere. Il tema del freak e dell’emarginazione sociale si confronta con un’altra solitudine, quella ordita dagli spietati ed equivoci meccanismi della guerra fredda. Siamo negli anni sessanta, in una cittadina sconosciuta priva di appigli architettonici che possano identificarla, il cui unico edificio inquadrato in esterni è un cinema poco frequentato. La cura estrema nella ricerca cromatica (che cita senza timori Wes Anderson) e l’uso poetico dell’acqua come mezzo che stempera e libera le dinamiche fisiche e interiori, collocano questo film tra le proposte più originali sino ad ora viste in concorso.

The Shape of Water, regia di Guillermo del Toro
In concorso

AMARCORD MICHELANGELO ANTONIONI – -VENEZIA CLASSICI, RESTAURI

Il deserto rosso, Michelangelo Antonioni

Il deserto rosso, Michelangelo Antonioni

Che grande regalo vedere un capolavoro come Il deserto rosso nel luogo in cui per la prima volta venne presentato al pubblico vincendo il Leone d’Oro nel 1964. Il film è stato introdotto da Dario Franceschini e Felice Laudadio, in occasione del restauro realizzato dalla Cineteca Nazionale che ha restituito alla pellicola i colori per cui è celebre. Nono lungometraggio di Michelangelo Antonioni ma primo a colori, il cineasta prestò per tale motivo una attenzione scrupolosa e maniacale alla costruzione cromatica di quella che ancora oggi risulta una sublime e rigorosa ricerca estetica. Le nebbie che sfocano l’immagine e l’uso dei colori primari come riferimento spaziale basterebbero già per consegnare alla storia del cinema questi epocali 120 minuti. Poi in lontananza si scorge e prende forma un personaggio timido e tormentato -una magnifica Monica Vitti- che si muove in uno scenario crepuscolare del tutto simile alla sua psiche, spaesato come chiunque al suo posto in un paesaggio così incerto.

Il deserto rosso, regia di Michelangelo Antonioni
Sala Casinò
Venezia Classici, Restauri

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